“La Rai anticipa la fine del centrodestra”
Minoli legge la politica attraverso la vicenda Foa a Viale Mazzini
Roma. “Sono cinquant’anni che la Rai è il diapason d’Italia. Quello che capita alla Rai anticipa quasi sempre quello che capiterà nella politica”. E allora Giovanni Minoli, che conosce l’azienda (per averla abitata una vita) e il paese (che per una vita ha raccontato), sostiene che l’indicazione di Marcello Foa alla presidenza della televisione di stato, questa nomina ratificata ieri dal Consiglio di amministrazione e che oggi sarà sottoposta al voto della Vigilanza Rai “segnala una svolta. La fine del centrodestra. E forse l’inizio di un’opposizione minoritaria ma significativa”. Renzi e Berlusconi. Perché Foa non sarà votato da Forza Italia, che ha già annunciato per oggi l’assenza di tutti i suoi parlamentari dall’auletta della commissione. Né dal Pd. “Salvini ha deciso di forzare fino in fondo e di andare da solo, rompendo il centrodestra”.
Andare da solo dove? “Berlusconi prudentemente aveva citato Craxi”, dice Minoli. “E la citazione era un modo per dire a Salvini: 'Troviamo un accordo'. Perché Craxi governava in Parlamento con la Democrazia cristiana, ma nelle regioni stava con il Pci”. Come Salvini sta con il M5s a Roma, e con FI in tutto il resto d’Italia. “Adesso vedremo come andrà a finire. Ma siamo sull’orlo di un cambio di scenario politico. Le conseguenze, a cascata, potrebbero essere moltissime”.
Per esempio? “Con la rottura del centrodestra Salvini è sempre più forte, e più solo”.
Solo, va bene. Ma con Di Maio. “Certo, ma con quale Di Maio? Quello che lo segue nella vittoria sull’immigrazione e contemporaneamente mette Salvini in serissima difficoltà con il decreto dignità, la legge che fa sollevare obiezioni a tutto il nord produttivo, alla base elettorale della Lega? La verità è che il quadro politico è periclitante. Nel momento in cui anche la lotta all’immigrazione è in fase degenerativa, nella variante antropologica e sociale di quelli che sparano a casaccio alle persone per strada”.
E davvero tutto questo lo si può leggere attraverso la vicenda di Marcello Foa, il giornalista che Salvini vuole e che Berlusconi non vuole alla presidenza della Rai? “E’ sempre stato così. Non c’è niente di cui stupirsi. Non c’è niente di nuovo. Il centrosinistra è nato in Rai, quando ancora nel paese c’era il centrismo. Fanfani nominò Bernabei a capo della televisione di stato, e quella fu la soluzione che fece entrare i comunisti. E la nascita della terza rete ha anticipato il compromesso storico. Un paese democratico e occidentale consegnava una rete del suo servizio pubblico a un partito comunista”. C’era il Muro di Berlino. La Guerra fredda. “Persino la nascita della seconda rete, affidata ai socialisti, sancì definitivamente la nascita del centrosinistra. Lo ripeto: c’è sempre un rapporto tra quello che succede in Rai e le trasformazioni politiche. La Rai o anticipa un evento, o ratifica”.
E in questo caso? Anticipa o ratifica? “Anticipa e ratifica insieme. Ratifica la fine del centrodestra, e mi pare che anticipi un rapporto di opposizione – si vedrà in che termini – tra il Pd e Forza Italia”. Sarà complicato. “Complicatissimo”.
Ma che pensa Minoli di Foa, putiniano, amante di strambe teorie cospirazioniste? “Non lo conosco. Come non conosco Giampaolo Rossi, l’altro nome che viene fatto per la presidenza”.
In queste settimane si è fatto anche il tuo nome. “Solo sui giornali. Io sono un vero perdente di successo. E la politica non mi ha mai dato niente. Fui nominato direttore di Rai2 da Elvira Sellerio, nella Rai dei professori. E invece tutti pensano a Craxi”.
Ma in questi giorni avrai pur letto delle cose su Foa. “Sì, ma da tempo leggo con molto sospetto i giornali”. Va bene. Però saprai che, tra le altre cose, Foa faceva dei tweet in cui dimostrava di credere al fatto che i collaboratori di Hillary Clinton partecipavano a delle cene sataniche. “Posso dire questo, e cioè che i social mi sembrano degli incubatori di stupidità, ignoranza, protagonismo individuale e narcisismo esasperato. E me ne tengo ben lontano. A La7 volevo fare un programma intitolato così: ‘No Social. Faccia a faccia con la realtà’”.
La Rai sovranista secondo te come sarà? “Non so bene che cosa voglia dire sovranismo. Però se significa tornare a produrre programmi in azienda, e smettere di proporre soltanto format internazionali che uccidono il talento, allora non mi dispiace”.
E gli amici di Putin? “Quando ho intervistato Giancarlo Giorgetti, a Faccia a Faccia, gli ho chiesto: ‘Ma voi siete con Putin o con l’America?’. E lui mi ha risposto così: ‘Siamo con l’America per gli affari e con la Russia per i valori”. Che non sono propriamente valori democratici. “Ma quando ‘san Obama’ doveva bombardare la Siria, è stato fermato da Putin e dalla chiesa cattolica. C’è una saldatura sempre più evidente. La santa Russia e la chiesa sono il contorno di scenario di nuove alleanze e nuove Yalta che si stanno formando”.
Quindi non ti spaventano gli amici dell’autocrazia russa nella televisione di stato italiana? “Mi spaventano gli eccessi e i radicalismi che ogni cambiamento porta con sé. Certo. Ma c’è un cambiamento, e bisogna comprenderlo”.
Si è molto parlato di spartizione e lottizzazione tra Salvini e Di Maio, in Rai. “La lottizzazione è sempre stata santa e benedetta. La Rai lottizzata da Dc, Psi e Pci era la televisione più bella d’Europa, perché ogni partito era costretto a mandare in Rai il meglio di quello che produceva. Il problema non è la lottizzazione, ma la qualità di chi lottizza. I mediocri scelgono dei mediocri. Bernabei, Agnes, Zavoli, Furio Colombo, Brando Giordani, Fabiano Fabiani, Enzo Biagi… i numeri uno del giornalismo non si erano mica scelti da soli”.
Allora il problema è la qualità di chi seleziona. “Ma certo. La Rai, di volta in volta, esprime il livello alto o basso della politica. E poi in questa storia della lottizzazione c’è una ipocrisia di fatto: non è mai stata fatta una legge che toglie al Parlamento il potere di fare le nomine. Quindi di cosa parliamo?”.
Cosa ti auguri per l’azienda? “Sono contento della nomina di Fabrizio Salini, il nuovo amministratore delegato. Persona competente e per bene. Adesso ha un compito difficilissimo perché la Rai è una balena spiaggiata, può salvarsi solo se trova un potentissimo rimorchiatore che la riporta in mare”.