La fine dei Bootcamp di X Factor e l'eredità di Asia
Argento mette su una squadra perfetta, il fuoriclasse dell'edizione se lo accaparra Maionchi, Agnelli è più bravo a dare giudizi per i concorrenti degli altri che per i suoi
Una schifezza impunita dopo l’altra, X Factor ieri sera ha chiuso la fase Bootcamp: i giudici hanno formato le squadre, da giovedì prossimo iniziano gli Home visit. Diversamente da quello che un viandante sul mare di nebbia potrebbe immaginare, non vedremo esibizioni nel salotto dei Ferragnez (sarebbe stato troppo bello, per un programma che punta al bello finto, cioè al brutto) o di Mara Maionchi. Il giudice non si porta l’artista a casa, né l’artista va a suonargli in cortile. Niente performance che neanche Marina Abramovich farebbe. Ciascun giudice porterà i ragazzi della propria categoria a esibirsi in intimi spazi al di là da quella (un paio d’anni fa quel genio di Fedez scelse un bordo piscina a Saint Tropez). In esterna, come si direbbe se fossimo su Mediaset. Invece siamo su Sky, che qualche giorno fa (a proposito di schifezze impunite) ha reso noto il nome del giudice che sostituirà, ai live, Asia Argento, preventivamente cacciata per via delle mai provate accuse di Jimmy Bennet (il ragazzo sostiene che lei l’ha violentato, anni fa), uno al quale neppure Massimo Giletti è riuscito a dare dignità, poi coccolata con qualche retweet, le dichiarazioni dei colleghi che ne invocavano il ritorno, puntini di sospensione in sovrimpressione, tanto che abbiamo tutti giurato che l’avrebbero riacciuffata e che sarebbe stato ripristinato il buonsenso, ma no: niente. Dal 25 ottobre, ai live, seduto al posto di Asia Argento ci sarà Lodo Guenzi, il frontman dei Lo Stato Sociale, quello che una sciagurata generazione post millennial riesce pure a considerare sexy, mentre quelli un po’ più vecchi, quelli che hanno fatto in tempo a vedere le commedie belle su Mtv, vedono per ciò che è: un Napoleon Dynamite appena più carino, un falso nerd vestito da nerd, un radical chic senza radical.
Scusate la cronaca extra televisiva, ma di televisivo, da dire, su quest’altra doppia ora di niente che Sky ha avuto la gentilezza di impartirci anche ieri, non c’è tanto. Tuttavia, parecchie belle canzoni sono state suonate da molti bravi ragazzi. Nella squadra formata da Argento, che però erediterà Lodo Guenzi (quant’è difficile, ogni giorno di più, credere davvero che i miti erediteranno la terra), ci sono molti dei migliori. I Bowlands, innanzitutto, che sono tre e hanno una cantante che assomiglia a Sofia Coppola e ha la voce più intensa dell’anno e suonano una cover carezzevole e magnetica di “Maybe Tomorrow” degli Stereophonic, lasciandone intatta l’inquietudine. Marchio Argento anche per i Seveso Casino Palace, il gruppetto di ragazzini nel quale tutti avremmo voluto suonare quando eravamo ragazzini e la madre del nostro batterista mandò all’aria i nostri sogni di rock costringendolo a scegliere tra noi e il catechismo (e lui scelse il catechismo per quieto vivere: di Dave Grohl ne nascono pochi). La cantante ha la seconda voce più interessante dell’anno e quell’aria da minorenne per sempre che ha fatto di Shirley Manson, con la quale la fanciulla ha in comune anche il rosso dei capelli, il capolavoro che è stata. Speriamo stia bene, Shirley (a proposito: quest’anno son vent’anni da “Version 2.0” dei Garbage, quindi anche da “I Think I’m Paranoid”). Non fanno altrettanto bene i Moinè, che trasformano “Amore che vieni amore che vai” di De Andrè in un pezzo lounge nel quale la cantante si impegna a rigettare tutti i suoi amori finiti male come se fosse a una seduta di musicoterapia e non su un palco a guadagnarsi una qualificazione. Mara Maionchi si arrabbia molto e spiega in poche parole perché De André è, a meno di un miracolo o d’essere Franco Battiato, impossibile da cantare, almeno per noi che siamo figli dell’esasperazione e degli accenti gravi su tutto, pure sulle consonanti: “Lui era così semplice!”. Già.
Agnelli, più professionale perché meno incazzato, dice: “Se appesantisci un pezzo già molto denso, vai fuori giro”. Appuntiamocelo: è una regola buona per tutto, anche per una carbonara.
Un intoccabile toccato però molto bene lo interpretano gli Inquietude (il cantante è bellissimo, l’abbiamo già detto che assomiglia a Justin Timberlake? Come se non bastasse, ha l’aria maudit e tenera insieme che alcune fortunate ragazze trovano in alcuni compagni di scuola che poi sposano, giustamente). Suonano “Anna” di Lucio Battisti. A esecuzione finita, Justin piange un po’ e dice: “E’ Battisti che mi fa questo effetto”.
Asia non sbaglia un colpo neanche quando sostituisce (a mezzo “switch”, ovvero levare il posto a uno a cui l’hai dato quando arriva uno più bravo di lui: pratica crudele ma necessaria che certi capi dovrebbero imparare). Fa fuori i Kafka sui pattini e ci sembra inappuntabile (con quel nome, poi, suvvia, dove volevano andare?).
Mara Maionchi è un giudice altrettanto severo, ma più prevedibile di Asia e siccome lo sa, ogni tanto s’affida ai suoi colleghi, premettendo che “non ci ho capito un cazzo!”. Nota collaterale: a dar consigli agli altri, Manuel Agnelli si ricorda di essere chi è e dice cose molto sensate e ha uno sguardo molto preciso, tutte cose che dimette quando deve fare per sé, chissà perché. La categoria di Maionchi è la Under Uomini. Il primo grande acquisto è l’erede dei Gassman, Leo (lei lo fa entrare dicendogli: “Non so come ti chiami di cognome, dai siediti”), che agli audition da queste parti era risultato poco interessante e invece siamo contenti di ricrederci (pur concordando con Agnelli, secondo il quale il ragazzo è troppo impostato, ma è pur vero che è un difetto sanabile, basterà sequestrargli l’abbonamento in palestra). Il Gassman (ventenne: ventenni fatevi avanti, lui è single, non lasciatelo solo) ha fatto il miracolo di rendere bella e colorata “Kurt Cobain” di Brunori Sas. What else?
Il secondo grande acquisto, finora il Ronaldo di tutta la nuova stagione di X Factor, è Anastasio, rapper che agli audition ci aveva tolto il fiato con un suo inedito, stavolta invece ha messo - rispettosamente - mano a “Generale” di De Gregori e lo stesso ci ha tolto il fiato. Da lui ci aspettiamo un grande disco e magari pure un grande libro.
Assai bello il giudizio con cui Maionchi lo fa sedere in squadra: “M’hai dato quasi fastidio e quando succede, significa che c’è qualcosa di veramente eccezionale”. Anche questa appuntiamocela come regola generale.
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