Sequestro mancato nella quarta puntata di Pechino Express
Ma il modo più comodo per vedere l'Africa non è da turista: è da First Lady. In questi giorni Melania Trump era nel bel mezzo del suo viaggio esplorativo vestita da nazista di Indiana Jones
Quarta puntata che è proceduta normalmente tra l'ospitalità degli sconosciuti, i passaggi scroccati agli autoctoni, l'affidamento al fato. Certo, se si esclude quel momento in cui sono stati sequestrati. Sono state 15 ore terribili, da condannati a morte. I concorrenti di Pechino Express sono stati percossi, umiliati, derubati di tutto. È stato un incubo. Sono arrivate dal deserto, due auto, velocissime, e da una nuvola di polvere sono uscite due figure nere. Impossibile riconoscerle: turbante, occhiali da sole, kalashnikov e pistole alla mano. Uno dei due criminali ha tirato un calcio a Costantino e gli ha sparato, ferendolo a una gamba. Poi i due hanno iniziato a tirare calci nel costato ai Surfisti, a schiaffeggiare i Ridanciani e a prendere per i capelli le Manequin. Sono stati momenti di tensione interminabili. Volevano sapere chi fossero, cosa facessero lì, cosa avessero negli zaini: hashish, alcol, soldi? No: solo fiale di Supradin. Erano forse spie? Tommaso Zorzi ha tentato di vendere la compagna di viaggio, Paola Caruso, insieme a un orologio rotto ma hanno preso solo l'orologio; gli Scoppiati continuavano a ripetere tra le lacrime “siamo dei poveri disgraziati, lasciateci andare”, le Sare hanno provato con le minacce: “abbiamo sorelle molto famose, cattivissime e vendicative”. Ma quelli erano criminali seri: veri pirati Somali. A un certo punto Costantino, sanguinante e terrorizzato, ha chiesto in tutte le lingue che conosce che diavolo volessero. È lì che i due criminali si sono levati prima gli occhiali e poi il turbante, facendosi riconoscere da tutti: erano le Signore della Tv, e volevano rientrare in gioco.
No, tutto questo non è successo perché non sono mai uscite, sono state salvate dai Ridanciani. Ma è plausibile: Maria Teresa Ruta è ormai pronta a tutto pur di vincere questa gara. (Se la storia vi è sembrata familiare è perché è successo veramente a Alberto Angela qualche anno fa, al confine col Niger). Invece questa quarta puntata è proseguita senza violenza (se intendiamo violenza fisica), e con la consueta stabilità mentale della Ruta (che ha pianto per tutto il tragitto), il buon umore della Rossetti (che mandava a fare in culo anche chi le dava un passaggio nel deserto), con la calma della Caruso (che sclerava con Zorzi in auto), con le Manequin che plagiavano ogni uomo (riuscendo a far prendere una multa per eccesso di velocità in Africa), con gli Scoppiati che hanno quasi creato un gruppo rap alternative africano, coi surfisti che hanno vinto un soggiorno tra i Masai (che vivono rifiutando la modernità come gli Hamish ma sono più autentici e quindi glielo perdoniamo), e coi Promessi Sposi che non si sono lasciati. Ah, c’erano anche le Sare. Un successo per tutti tranne per Volpe e Cirillo, i quali hanno dovuto abbandonare il gioco prima di metter piede in Tanzania: ma lasciano la gara a testa alta e senza fratture. Per tutti gli altri il gioco è continuato: ciabatte coi chiodi ai piedi e mandati in un mercato sorto sul fango a cercarsi le proprie scarpe, nascoste sotto cumuli di indumenti vecchi.
Siamo in Tanzania, dunque, l’Africa vera, quella coi neri, mica il Maghreb che è un’estensione del mediterraneo. Inizialmente colona tedesca e poi occupata dall’impero Britannico per esplorazioni alla ricerca di materie prime. Oggi uno di quei posti dove gli occidentali in genere vanno per safari pagando caro, oppure soggiornano in comodi e orridi villaggi turistici all inclusive dove i camerieri ti vendono un massaggio fatto dalla sorella (mi è successo), e dove sei costantemente infastidito dall’animazione fatta da gente che potresti ritrovarti al governo (parlo del governo italiano, ovviamente). Ma il modo più comodo per vedere l'Africa non è da turista: è da First Lady. In questi giorni Melania Trump era nel bel mezzo del suo viaggio esplorativo. È stata al Cairo vestita da Belloq, il nazista dei “Predatori dell’Arca Perduta”, ma sembrava anche un po’ “The Musk” e “Michael Jackson”. La vedevi in foto con la sfinge di sfondo e te la immaginavi fare il moonwalk sulla sabbia. Una non smette mai d'essere una modella, e un set così quando ti ricapita?
Melania se ne frega del simbolismo. In cinque giorni ha abbracciato bambini, ammirato piramidi e natura selvaggia, allattato cuccioli di elefante, visitato ospedali, cantato con gli orfanelli e conosciuto presidenti. Ma tutto quel che si ricorderà di questo viaggio sarà il suo cappellino in stile coloniale che le dava un’aria da schiavista ben vestita. Melania, un po' sofferente, ha detto che vorrebbe che ci concentrassimo su quello che fa e non su ciò che indossa. E intendeva dire: io vengo in Africa, giro per ospedali in Ralph Lauren e con una camicia Chanel che non macchio mai, neanche quando mi portano ad accarezzare piccoli elefanti, disposta a camminare nel fango pure in tacchi, e voi cavillate su uno stupido cappello? La prossima volta, se vuole stimolare i sentimenti veri, le converrà infilarsi uno zaino, sudare e soffrire parecchio, e cercare le sue Manolo Blahnik sepolte sotto montagne di scarpe vecchie in cesti delle occasioni. E poi, finalmente, commuoversi guardando in camera dicendo in tono profondo: “Sono tutte scarpe sbrindellate eppure qui sono felici di poterle comprare”. E ricevere così i nostri applausi benevolenti.
Politicamente corretto e panettone