X Factor e l'agonia del rock
Manuel Agnelli con le treccine e la bagarre con Anastasio che non sperimenta abbastanza. Perché gli italiani da casa hanno fatto bene a eliminare Bertelli
Ricordate quando, l'anno scorso, Marilyn Manson, quello che un tempo – eravamo molto giovani – faceva agitare il Vaticano, era andato ospite da Paolo Bonolis, ci si era fatto un selfie assieme, aveva sputato come si sputa dal dentista dopo la pulizia dei denti e aveva raccontato la sua infanzia di traumi cretini? Ieri sera è stato scritto un nuovo capitolo sull'agonia del rock o di chi ne fa le veci: Manuel Agnelli s'è presentato con le treccine in testa. Ogni volta che lo inquadravano era terribile e osceno, era tuo nonno su Pornhub. Alla fine della trasmissione (un'altra agonia insensata, in Olanda avrebbero staccato la spina al terzo minuto), ha voluto tirare giù dal divano letto il pubblico obiettando che Anastasio fa sempre la stessa cosa (è vero), la fa splendidamente (è verissimo), ma "X Factor è un programma di cover e tu cover non ne hai fatte". Anastasio è l'eccezionale ibrido tra cantautore e rapper che scrive versi come "Non mi alzo dal letto per le cose normali" e "sogno il giudizio universale che scoppia in coriandoli su una folla di vandali" – e (scusate) tra dieci anni sarà identico a Fred Flintstone (non lo amiamo per questo, almeno non prioritariamente). Ieri sera ha cantato "Mio fratello è figlio unico" e gli ha poi legato un suo breve inedito straordinario che ha fatto piangere i pensionati sessantottini e preso a sberle i millennial (e viceversa, forse soprattutto viceversa). Faceva così: "Mio fratello va a lavoro sotto la pioggia e non si perde nemmeno una goccia, va a dormire sempre più stanco e si sveglia sempre più vivo, il mondo vince le sue battaglie ma la guerra l'ha persa in partenza e lui cinico non ci diventa". Capite? Tralasciando il fatto che a uno che scrive così dovrebbe già essere stato assegnato un Sanremo ad honorem, una cattedra per la rianimazione degli scrittori finalisti al Premio Strega e un rimborso milionario da parte dell'Italia che ha avuto bisogno di un talent show per scoprirlo, ci dica, Agnelli, sono state le trecce a fare di lei una professoressa di educazione tecnica delle scuole medie, quella così tanto impiegata ministeriale che non avrebbe dato la sufficienza a Giotto per punirlo di aver disegnato il cerchio compasso a mano libera e non con il compasso? Ci faccia capire: lei si trova davanti un Panella pop, uno che in testa non ha la nausea ma almeno una trilogia di dischi e gli rimprovera di non essersi cimentato in un'inutile, dimenticabile cover di Max Pezzali? Siamo allo Zecchino d'Oro e non ce ne siamo accorti? Lei è là per trovare un artista (scusi la parola) o un virtuoso del karaoke?
Mara Maionchi non è Gorgia e gli scontri li vince chiosando con qualche volgarità da bar, quindi a controbattere per bene ad Agnelli ci ha dovuto pensare Fedez, che difende sempre Anastasio come se fosse nella sua squadra (e invece non lo è e questo è ammirevole e bellissimo, da parte sua, e lo capisce anche chi per Fedez non ha un debole, ma un forte, cioè un ineliminabile pregiudizio).
Fedez ha spiegato ad Agnelli – non che serva, e infatti non lo ha fatto per lui ma per il pubblico – che un artista può (deve?) fare e dire la stessa cosa per tutta la vita e che imporre ad Anastasio di farci vedere come se la cava a cantare Robbie Williams significherebbe non solo snaturarlo, ma metterlo inutilmente in difficoltà.
Intanto i maligni, cioè gli italiani da casa, hanno furoreggiato sui social network sostenendo che Agnelli teme la concorrenza di Anastasio e vuole, quindi, farlo fuori. Stia tranquillo, Maestro: il ragazzo non ha alcuna chance di vincere X Factor, farà carriera fuori. Vincerà Martina Attili (squadra Agnelli), che ieri sera ha cantato "Material girl" di Madonna, pattinando inguainata in un vestitino di vernice rosa, ridendo moltissimo, squittendo ogni tanto, irradiando il palco di tutto quello che riesce a ricordare (Tonya Harding e Lolita, Memole e Katy Perry e Kate Bush) e di tutto quello che è suo e solo suo e non ricorda niente, perché è inedito, è Attili purissimo.
Agnelli, a onor del vero, ha fatto un ottimo lavoro anche con Luna Melis, che ha cantato "Blue jeans" di Lana del Rey suonandola a un pianoforte sospeso a mezz'aria e ficcato dentro una nuvola finta sotto alla quale un ballerino del tutto superfluo faceva balletti di modo che nessuno osasse dimenticarsi che non veniamo dalle scimmie ma dai talent show di Maria De Filippi, che essendo uffici di collocamento per coreografi piazzano sempre qualche sconosciuto che balla mentre tutto scorre. Lodo Guenzi, siccome a prendere una posizione non ce la fa neanche se gli metti l’Enpals al 98 per cento, poiché s'è accorto (gli è stato fatto notare) che i suoi giudizi sono tutti identici, ha pensato bene di diversificare dicendo che il ballerino lo ha distratto. Pensa invitarlo a vedere lo Schiaccianoci, o Grease, o Jovanotti, o un qualsiasi spettacolo dove sul palco ci sia qualcosa di più di un povero cristo in dolcevita nero che suona "Ne me quitte pas". A Sharol Dos Santos, che ha straziato Mina senza che nessun giudice glielo facesse notare (anzi, erano tutti entusiasti e Agnelli le ha pure detto che lei può cantare quello che vuole, perché "sa cosa sta cantando" e speriamo che Mina lo quereli, per questo), Guenzi ha detto che c'è qualcosa, nella sua voce, che lo riporta all'infanzia e che gli spezza il cuore. Continuiamo così, insegniamo agli italiani il dolce cameratismo della sopravvalutazione.
Fedez non ha una grande squadra, però ha Renza, che è una raccolta di poesie di Emily Dickinson vivente e ha cantato "Mi sono innamorato di te" di Luigi Tenco tremando come la California e sbagliando come quelli che il libro perfetto non te lo scriveranno mai, ma te lo faranno immaginare e anche quella è letteratura e anche quella è arte: è la rappresentazione del limite e di quanto è doloroso e inevitabile e affascinante. Mara Maionchi l’ha buttata sul femminismo andante e le ha detto che è stata brava ma leziosa in alcuni punti, perché non ha retto fino in fondo il ruolo che la canzone impone: quello di una donna così forte e risoluta da decidere lei di chi innamorarsi e quando e come e perché. Osiamo dubitare che il senso del pezzo sia un altro e che i tentennamenti di Renza lo abbiano, invece, reso perfettamente: "Mi sono innamorato di te" è una canzone che smaschera il cinismo e lo compatisce. Di Renza bravissima e silenziosa e pura, soft as snow but warm inside, i maligni dicono che Fedez sia innamorato. Può darsi. Chissenefrega.
I giudici non hanno niente da dire, peggio di Conte da Floris l'altra sera, quando ha detto che non si sarebbe pronunciato sulle elezioni di midterm negli Stati Uniti per non condizionare il voto.
A proposito di democrazia, meno male che ci sono stati i maligni da casa che hanno votato e fatto fuori Emanuele Bertelli, il minorenne che ha: la faccia di un dittatore coreano a cui Di Maio sbaglierebbe il cognome, l'armadio di un animatore di matrimoni del beneventano; l'asciuttezza precisa delle corsie d'ospedale; il cantato che viene sbadigliando; l'ego sconfinato di quelli che sono bravi e hanno la sciagura di non incontrare maestri che dicono loro che esserlo non è sufficiente – lui è stato fortunato, perché anziché un maestro ha incontrato gli italiani da casa, che hanno quasi sempre torto, ma nel suo caso hanno avuto ragione.
A proposito di giovani: Leo Gassman è ancora insipido, noi vorremmo non rassegnarci, ma se poi ce lo presentate vestito da Brad Pitt quando adesca Geena Davis in “Thelma&Louise” (e poi se la porta a letto e poi le ruba tutto e poi scappa via), come facciamo a non disperare, a non cambiare canale, a non desiderare nient'altro che trascorrere il giovedì sera sulla Rai e le sue riesumazioni? Pensateci, autori, truccatori, scenografi, stylist. Siamo tutti un po' malati ma siamo anche un po' dottori, voi compresi.