L'indignazione in ritardo per Salvini “Alla lavagna”
Venti ragazzini al servizio di un leader politico, per aiutarlo a dimostrare che agisce con le migliori intenzioni. E’ spaventoso? Certo che sì. Stupirsene, però, è ingenuo
Roma. Un tempo i bambini in tv andavano a fare marachelle e giochini, senza seguire alcun copione – o almeno così sembrava. “Il Carosello”, “Lo Zecchino d’Oro”, “Chi ha incastrato Peter Pan?”. E adesso? “Facciamo anche domande scomode” e “mettiamo alla prova i grandi”, hanno detto, in apertura di puntata, i piccoletti di “Alla lavagna”, il nuovo programma di Raitre (la Raitre che è diventata la Retequattro della Rai) che ha debuttato lunedì sera e ha fatto indignare moltissimo gli italiani da casa, perché ospite (ostaggio?) dei 20 ragazzini non c’era un adulto qualsiasi, ma il ministro dell’Interno che rispondeva alle domande.
Ministro, lei è razzista? E come intende risolvere il problema delle fake news? E quello del bullismo a scuola? Chi urla è sempre cattivo? Vada alla lavagna, scriva sovranismo e ci spieghi cosa significa. Praticamente una conferenza stampa a Palazzo Chigi, però Salvini aveva la camicia sbottonata, più di quanto sia consentito a un impiegato semplice in agosto. Gli italiani si sono arrabbiati e hanno scritto su Twitter che la trasmissione strumentalizza i bambini, fa propaganda politica, usa metodi da Istituto Luce. Antonio Polito ha scritto che l’uso politico dei bambini non è una novità, ma che non era mai successo che prendessero addirittura la parola (prima erano gioventù granitica e s’esibivano per i regimi, poi sono stati fotografie strappalacrime, manifestanti arcobalenati, ma sempre silenti: testimoni, non latori). Su Raitre s’è visto qualcosa di peggio: venti ragazzini messi al servizio di un leader politico, per aiutarlo a dimostrare che lui agisce con le migliori intenzioni. E’ spaventoso? Certo che sì. Stupirsene, però, è ingenuo. Sono anni che politicizziamo i bambini con giochi correttivi e favole femministe, animaliste, ecologiste, antirazziste, antifasciste. Ora i soggetti politicizzati sono diventati politici (a loro insaputa, naturalmente).
Laura Stoker, politologa dell’università di Berkeley, ha detto all’Atlantic che “i bambini sanno di essere democratici prima ancora di sapere cosa sia un democratico”. Negli Stati Uniti la letteratura per l’infanzia è da anni al servizio di messaggi politici di stampo progressista. Vanno forte il femminismo e l’integrazione. Per rendersi conto del fenomeno basta leggere i titoli dei libri illustrati, ovvero quelli rivolti ai bambini in età prescolare: “W is For Welcome”; “One of a kind like me”; “A is for Activist”. Cosa c’è dietro un genitore che, alla sera, sfoglia con i propri figli la biografia di Angela Davis adattata per seienni? Un adulto benintenzionato che vuole vaccinare il futuro. Un adulto che tenta di risparmiarsi i conflitti futuri, imprimendo nei propri figli la sua idea di mondo: “Genitori che impongono di adottare i loro valori”, ha detto Laura Stoker.
“La sinistra arruola bambini per il sì allo ius soli”: è un titolo del Giornale dello scorso anno ed è simile a molti titoli che abbiamo letto, negli anni, inorridendo tutte le volte, senza che servisse a niente. Vedrete se non ci affezioneremo anche ai venti bimbetti di Alla lavagna. Se non finiremo col convincerci che quelle domande così pertinenti siano farina del loro sacco e che per essere giornalisti liberi e con la schiena dritta si dev’essere bambini, per manifesta incapacità degli adulti.