La serie tv “L'Amica Geniale“ non soffoca il libro di Ferrante ma lo rende vivo
Il tonfo del ferro da stiro, le botte di papà, il pestaggio dopo la messa e quella violenza che esplode dalle pagine allo schermo
Milano. “Mi sono sentita molto arrabbiata. Vediamo chi la spunta questa volta, mi sono detta. Ho acceso il computer e ho cominciato a scrivere ogni dettaglio della nostra storia”. Inizia così la saga letteraria di Lenù e Lila, con una donna davanti a un computer che scrive una storia diventandone il Narratore. Inizia così anche la serie televisiva di Lenù e Lila, con una donna davanti a un computer che scrive una storia diventandone Voce Narrante. E’ la solita vecchia questione, quella della trasposizione di un libro (famoso) al cinema e in tv. Tradire la lettera per seguire lo spirito? Tradire lo spirito per seguire la lettera? Tradire entrambi, seguire entrambi? “L’Amica Geniale” è un libro di pensieri e parole e reti di relazioni. A essergli troppo fedeli si rischia di soffocare la scrittura dell’altro medium, quello televisivo, e creare un susseguirsi di scene “tratte da”.
[ALLERTA SPOILER: se non hai visto la serie, continuare a leggere potrebbe rovinarti la sorpresa]
Quando Elena Ferrante porta in primo piano gli aspetti più cupi del rione, questo primo piano deflagra nella versione televisiva
Eppure, durante la visione delle prime due puntate de “L’amica Geniale” (viste già a Venezia, al cinema e su HBO), qualcosa del libro si svela meglio, e con un senso più intenso. “Don Achille (…) s’era gettato addosso a Peluso, lo aveva sollevato, lo aveva lanciato contro un albero dei giardinetti e l’aveva abbandonato lì, tramortito”. E’ la violenza del rione, il motivo per cui Lenù non ha nostalgia della sua infanzia. Le parole ammazzavano (il crup, il tetano, il tifo...), gli uomini e le donne idem. Sangue. Con questa parola si apre il capitoletto che si chiude con la citata aggressione a Peluso. La lingua sciolta di Ferrante dice tutto, la lingua audiovisiva del regista Saverio Costanzo e degli sceneggiatori fa altro. Siamo a un funerale, tutti i personaggi riuniti, Peluso viene portato via da Don Achille. Il prete non interviene, nessuno lo fa. Grida fuori dalla chiesa. Progressivamente si alzano tutti, anche Lenù. Fa così appena in tempo a vedere un corpo che come una cosa viene gettato furiosamente contro un muro e fa crack contorcendosi. Descrivere la scena è già depotenziarla. Proprio perché ci sono immagine e suono, la serie riesce laddove mostra la violenza che Ferrante descrive. Quando l’autrice porta in primo piano gli aspetti più cupi del rione, tale primo piano deflagra sul piccolo schermo.
E’ il giorno del trasferimento della famiglia Sarratore. Lidia la moglie pare aver vinto su Melina la vedova, che le contendeva il marito troppo gentile o troppo naif o troppo chissà. “Melina cominciò a gridare. Erano grida di tale strazio che, vidi, Lila si mise le mani sulle orecchie”. Melina getta dalla finestra in segno di disperazione tutto quello che ha: “le cose urtavano l'asfalto, rimbalzavano, si spezzavano schizzando schegge”. Per ultimo vola un ferro da stiro: “L’oggetto venne giù in picchiata e fece un buco per terra con un tonfo secco, a pochi centimetri da Nino. Per poco – pochissimo – non lo uccise”. Non esagera Ferrante, e lo scopriamo dalla serie: le urla di Melina sono un sibilo insopportabile, gli oggetti cadono con tutto il loro rumore, quei pochi centimetri che separano Nino dal ferro da stiro li vediamo, eccome. L’andamento del racconto è placido, si muove per piccoli passi e così quando la violenza arriva esplode in maniera ancora più forte nella serie. Perché la violenza è azione, e l’azione è spesso la base del racconto per immagini.
Gli animali “invisibili” sono insetti, strisciano rumorosamente. Non finiscono nell’acqua o nel cibo ma in bocca alla mamma di Lenù
L’azione quando si mostra, e a seconda di come si mostra, può dimostrare più delle parole. La scena è famosa, Lila viene picchiata da suo padre: “La mia amica volò dalla finestra, passò sopra la mia testa e atterrò sull’asfalto alle mie spalle. Rimasi a bocca aperta. Ferdinando (…) l’aveva lanciata come una cosa”. Il volo nella serie non segue la stessa traiettoria, che quasi pare favolistica seppur tragica. In tv Lila sbuca improvvisamente dalla finestra e viene gettata a terra in maniera brusca e secca, facendo lo stesso rumore del ferro da stiro. E' una cosa, appunto, come Peluso. Prima c’è un’altra scena di violenza, quella su Lenù. Nel libro Ferrante è reticente. A causa della sua fuga con Lila dal rione, viene punita controvoglia dal padre per volere della madre: “Me le diede di santa ragione”. Nella serie la scena è ben più lunga: il padre entra sbattendo la porta nella stanza, Elena urla, il padre la schiaffeggia e poi, con tutta la falsa reticenza di una tale inquadratura, vediamo solo l’uomo con il volto distorto che alza ripetutamente il braccio. Il suono dello schiaffo si alterna alle urla della bambina. Non vediamo ma sentiamo, e per lungo tempo. In quanto a violenza subita, nella serie le due amiche sono poste sullo stesso piano. “Da bambina mi sono immaginata animali piccolissimi, quasi invisibili, che venivano di notte nel rione (…) ed entravano nell’acqua e nel cibo e nell'aria, rendendo le nostre mamme, le nonne, rabbiose come cagne assetate. (...) i maschi diventavano furiosi di continuo ma alla fine si calmavano, mentre le femmine, che erano all’apparenza più silenziose, accomodanti, quando si arrabbiavano andavano fino in fondo alle loro furie senza fermarsi più”. E’ la definizione migliore della violenza diffusa del rione. La voce narrante la ripete, quasi identica, nella serie. Qui però vediamo questi animali, non sono invisibili, sono insetti, strisciano rumorosamente. Non finiscono nell’acqua, nel cibo, nell’aria ma in bocca alla mamma di Lenù: non è un caso. L’immagine è raccapricciante, surreale.
Variare e intensificare grazie alle possibilità dell’immagine e del suono. Se lo si fa bene, il libro non soffoca ma resta vivo. Andava fatto di più? Cosa cambierà con il procedere della storia? Il paradosso delle prime due puntate è che si chiudono però con una forte deviazione visiva. Quando Peluso viene portato via dai carabinieri, Costanzo decide di farlo rincorrere dalla moglie in stile Anna Magnani in “Roma città aperta”. Nel libro Ferrante dice che “fu la cosa più terribile a cui assistemmo nel corso della nostra infanzia”. Mediata dalla didascalica citazione, quella che è una escalation nei confronti di Peluso non è più terribile ma già vista.
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