Le colpe dei padri, delle madri e quelle del Grande Fratello
L'assurda eliminazione di Lory Del Santo e il pubblico che sbadiglia e nessuno cambia inquadratura. Cosa non ha funzionato in quest’edizione?
Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Non sappiamo se il monito valga anche per il ministro del lavoro Luigi Di Maio accusato di aver coperto il padre Antonio, imprenditore dell’azienda di famiglia che ha dichiarato al fisco 88 euro come compenso annuo, manco fosse un giornalista sciacallo un po’ puttana come noialtri. La Pomigliano way of life pare fatta di lavoro in nero, ville con piscina in luogo di stalle e altre irregolarità che andranno verificate da qualcuno di più affidabile delle Iene. (Va detto che la stalla abusiva e il padre contestato si portano molto sotto Natale…).
Proprio ieri è girato l’immancabile video di scuse in stile collezione autunno inverno D&G Cina, con Di Maio senior che si pente coi lacrimoni e difende il figlio leggendo una letterina (scritta probabilmente a quattro mani da Rocco Casalino e Luca Morisi: viviamo in tempi in cui i social media manager sono i nuovi David Axelrod), lettera nella quale si scusa, e lo fa con un colpo al nord in quanto piccolo imprenditore strozzato dalle tasse e in quanto padre (“So che tanti papà mi capiscono”), e un colpo al sud col cuggino mentore (“Come ha scritto mia cugina ‘Non potendo attaccare l'onestà, la trasparenza e il coraggio di Luigi…’”).
Dal Movimento passano un colpo di ruspa sulla faccenda (“Non da retta mastro Antò, in tutto questo burdello, il vero eroe sei tu!” gli scrivono nel messaggio più apprezzato), mentre i giornalisti anti regime notano un sottile imbarbarimento: la gogna pubblica iniziata non si sa più da chi (al grido di onestà, onestà) ma molto di moda, ha costretto un uomo comune a un video pubblico, ai droni che sorvolano l’area edificata di casa sua, alle intrusioni nella vita privata. Un Grande Fratello Politics di cui avremmo volentieri fatto a meno.
A furia di ripetere che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli ci siamo scordati delle colpe delle madri. Ce lo ha ricordato Fariba, la mamma invadente di Giulia Salemi. La volta scorsa aveva avvisato la figlia in persiano (cioè in codice) di come viene percepita da fuori la relazione con Francesco Monte, cioè che non era vista di buon occhio dalle fan di lui. Tentava di modificare la rotta del gioco ma così Fariba ha violato il regolamento e gli autori hanno colto l’occasione per mettere Giulia al voto. Viene eliminata ma la prende bene, si prende la propria parte di responsabilità per non aver bloccato la madre, ma viene penalizzata dal pubblico probabilmente perché non è abbastanza “anima pura” (nuove parole chiave da reality). Se non fosse chiaro: in finale vanno i buoni.
Benedetta Mazza, una che neanche coi gilet gialli catarifrangenti e i razzi bengala noteremmo, è riuscita a vincere al televoto contro Lory Del Santo, personaggio opaco e ambiguo, molto disincantata sulle logiche televisive e perciò poco “vera”, una che si sforza di non piangere anche quando le mostrano tipo cura Ludovico le foto del figlio suicida, e lei sbuffa, alza gli occhi, dice “ancora?”.
Perché non vuole dare l’immagine di sé di una sconfitta dalle tragedie della vita, quelle che o ti ammazzano o ti fortificano. E Lory vuole essere forte, è riuscita a mandare messaggi propositivi, e insegnarci che da qualche parte bisogna pur partire per ricominciare a vivere (lo ha detto anche molto bene Gianluca Vialli da Fabio Fazio circa il proprio tumore “Da subito mi sono posto degli obiettivi a lunga scadenza: non morire prima dei miei genitori e portare le mie figlie all'altare quando si sposeranno”). Impossibile non crollare quando Lory dice che spera che il figlio superstite la pensi, le voglia bene, ci sia per lei. Non è forse quello che speriamo tutti: non essere abbandonati?
Riassunto di questa edizione del #GfVip. pic.twitter.com/7wbqdf1IVZ
— Andrea Pizzoferrato (@andiboi95) 3 dicembre 2018
Tutto il resto del programma è sintetizzato dalla ripresa di un uomo nel pubblico che sbadiglia e nessuno cambia inquadratura. Forse perché a quell’ora (superata la mezzanotte) non ci sono più autobus in giro, gli autori sono a letto da un pezzo, in regia c’è il pappagallo di Portobello che pigia a caso sui tasti. E Ilary continua a promettere sorprese, emozioni, ritmo frenetico. Ma ormai le crediamo come a Wanna Marchi o quanto quelle mail “enlarge your penis” o dei re marocchini in bolletta che ci chiedono un favore con l’iban.
Cosa non ha funzionato in quest’edizione? Una concorrenza spietata (fiction Rai come I Bastardi di Pizzofalcone e L’Allieva), la maratona à la Mentana (finisce tardi perché non c’è più la seconda serata, per risparmiare) e svieni sul divano; un cast più interessato a piacere che a giocare, col risultato di non aver molto da dire; una stanchezza del format (o degli autori, che quest’anno sembrano molto meno in forma). Peccato non si può dare la colpa al papà.