L'addio di Richard Plepler dopo 30 anni di Emmy e serie cult
Il padre di HBO, l’ultimo vero cinema, se ne va. Per non inseguire Netflix & Co.
Richard Plepler lascia HBO, di cui è stato amministratore delegato, dopo 27 anni, 160 Emmy vinti per le serie tv che sono state il “soft power” dell’immagine dell’America, forse l’ultimo, che sono diventate aggettivi e stati delle cose e strutture d’immaginario anche per chi non le ha viste. Plepler ha passato in HBO quasi trent’anni, cioè metà della sua vita e una carriera intera, sempre con addosso una camicia blu. Giovedì ha inviato un’email ai suoi dipendenti per salutarli, ringraziarli, tranquillizzarli, dire loro che il suo tempo è finito e che glielo ha suggerito l’istinto, dal quale si lascia consigliare perché così gli ha insegnato suo padre e così lui ha fatto sempre, nella vita, quando il futuro era incerto e del tutto insondabile: s’è affidato all’istinto. “È la fine di un’era”, ha scritto l’Hollywood Reporter, come si dice quando muore l’ultima icona di un mondo, l’ultimo protagonista di un tempo, l’ultimo abitante di un posto prossimo all’inagibilità. Plepler non è morto, ma ha fatto un passo indietro e così ha dimesso, prepensionato. Un modo intero, un mondo intero. La televisione come l’ha fatta HBO, da major, ultima major hollywoodiana negli Stati Uniti, non la farà forse più nessuno.
Plepler ha evitato di rincorrere Netflix e Amazon, perché non sono televisione, e per questo sapeva che se lo avesse fatto, la HBO sarebbe finita assorbita, magari avrebbe vinto la gara, la competizione di un anno, o di due, o di tre, una volta avrebbe portato a casa più Emmy di Netflix e la volta dopo di meno: ma si sarebbe snaturata, nel rincorrere trofei. Ha evitato l’iperproduzione, ha tentato di restare fedele a quel mecenatismo suo proprio, e al fiuto per le storie, con cui ha fatto di HBO un brand mondiale.
Era il 1992 quando Richard Plepler fu assunto alla HBO, che aveva alle spalle vent’anni esatti di attività. Nel 2013 è diventato amministratore delegato. L’anno scorso la AT&T e Time Warner, di cui HBO è una divisione, si sono fuse (costo dell’operazione 85,4 miliardi di dollari; l’amministrazione Trump aveva provato a mettersi di traverso presentando ricorso per bloccare tutto, ma un giudice federale aveva dato l’ok: la fusione non violava la normativa antitrust né sembrava poter arrecare danni ai consumatori). L’intento era evidente: creare un gigante capace di mettersi al passo dei leader di internet (Netflix e Amazon su tutti), sfidandoli.
“Dobbiamo fare i soldi”, gli disse l’anno scorso John Stankey, un dirigente di AT&T ora amministratore delegato di Time Warner, poco dopo la fusione. “Li facciamo”, gli rispose Plepler, prendendosi un “sì, li fate, ma non è abbastanza”. Lo spregiudicato contro il più bravo, il quale aveva subito fatto sapere che se non l’avessero lasciato lavorare come diceva lui, sarebbe andato via. E così ha fatto, Plepler: ha girato i tacchi. Non ha detto niente, in proposito, e naturalmente non lo farà, ma è evidente che ha scelto di non accettare il nuovo piano aziendale, né che qualcuno gli insegnasse il suo lavoro, soprattutto perché non ce n’era bisogno: Plepler non ha incassato insuccessi mai. Lo scorso anno molti scrissero che Netflix aveva superato HBO agli Emmy e che era un segno dei tempi e così via, di peana in peana. In verità, Neftlix aveva portato a casa più premi perché possedeva un numero maggiore di contenuti. In proporzione, quindi, tra i due avversari c’era stata una sostanziale parità.
Stankey, l’elegantone, ha diffuso ieri una nota nella quale si accommiata dall’uomo del vecchio mondo che però non aveva mai smesso di funzionare – e questo qua è il punto controverso della faccenda e la ragione per cui molti pugni sono stati sbattuti su molte scrivanie, negli ultimi due giorni, specie su quelle di chi le storie per la tv le crea e le scrive. “Ho avuto la fortuna di avere il supporto di Richard negli ultimi mesi. La sua visione e la sua passione hanno contribuito a fare di HBO quello che è oggi”. Il testimone passa adesso a quelli che il solo piano che hanno è fare soldi e dimostrare che i vecchi colossi possono competere con i nuovi, assimilandoli.
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