Ecco come la Rai arretrata sta bloccando la riforma di Auditel
Pc, smartphone e tablet non sono rilevati come audience. Si potrebbe fare anche domani, ma a Viale Mazzini sono preoccupati
Roma. Per l’Auditel è in arrivo una rivoluzione. Con l’ampliamento delle rilevazioni televisive verso la cosiddetta total audience, che permetterà di intercettare la visione di programmi su tutti gli strumenti digitali di casa, oltre la tv tradizionale. Il nuovo sistema doveva partire in queste settimane di primavera. Ma, secondo alcune fonti, a frenare sarebbe la Rai, che non è ancora pronta e, quindi, teme di essere svantaggiata. Da tempo, nel mondo televisivo, si chiede di aggiornare il sistema di rilevamento. Il cosiddetto “super panel”, ovvero l’ampliamento del numero di famiglie monitorate, non basta più. Perché ormai molta fruizione televisiva avviene su pc, tablet, smartphone e smart tv, i televisori di ultima generazione che consentono di accedere alla rete e alle varie piattaforme (Netflix, Amazon prime, Tim Vision.…). I programmi vengono visti in streaming o rivisti sul web. Ma funzionano molto anche le “pillole”: spezzoni di 2-4 minuti da vedere on line sul modello Youtube. Basti pensare al Festival di Sanremo: i video delle esibizioni canore hanno migliaia di visualizzazioni su internet. La total audience permetterà dunque di intercettare la fruizione digitale, un pubblico composto per la maggior parte di giovani e giovanissimi, che la tv neanche la accende.
Le famiglie Auditel ora sono 16.100, sparse in tutta Italia. Di queste, 10.000 saranno sottoposte anche al monitoraggio digitale. La sperimentazione è già in corso dal 16 dicembre e funziona. Tutto è pronto per partire: i dati auditel tradizionali arriveranno sempre alle 10 di mattina (il momento più atteso dagli addetti ai lavori, che spesso decide la vita o la morte dei programmi), per gli altri bisognerà attendere le 5 del pomeriggio. Ma in futuro si andrà verso l’aggregazione in un unico dato. Insomma, tutto sarebbe pronto, ma ancora si è fermi. E a frenare sembra proprio sia la Rai. Per due motivi.
Il primo è che la tv di stato ha il pubblico più anziano e meno tecnologico, a cominciare da Raiuno, vista dai cinquantenni in su.
In secondo luogo, Viale Mazzini è indietro rispetto, ad esempio, a Mediaset e La7, sulla cosiddetta “snack tv”, ovvero la produzione di pillole di programmi da mettere on line. Se la Rai ha battuto i concorrenti con Raiplay, il sito dove è possibile rivedere i principali programmi (intuizione dell’ex dg Antonio Campo Dall’Orto), poi il lavoro è stato lasciato a metà. Raiplay funziona bene, ma ha ancora poche “pillole” rispetto di competitor. Da qui la frenata.
Qualche giorno fa si sono diffuse voci secondo cui Viale Mazzini avrebbe chiesto ad Auditel di cambiare la metodologia. Indiscrezioni però smentite dalla società di rilevamento, di cui la stessa Rai fa parte, insieme ai principali canali, gli editori e i pubblicitari. “Non c’è nessuna mediazione sul metodo di raccolta degli ascolti sui device digitali. Sono in corso solo colloqui di carattere amministrativo”, fanno sapere da Auditel. Fabrizio Salini qualche tempo fa in un convegno a Montecitorio aveva parlato di “audience totale come grande opportunità”. Ma forse a Viale Mazzini in queste settimane sono stati troppo presi dalla messa a punto del piano industriale e dal risiko delle nomine per pensare alla rivoluzione auditel. Ieri, per esempio, si vociferava di Luciano Flussi (adesso alle risorse umane dove potrebbe essere sostituito da Felice Ventura ) al “traformation office”, ruolo cinghia di trasmissione tra le direzioni di contenuto e le reti. Ma la rivoluzione auditel rischia ripercussioni soprattutto sul mercato pubblicitario, con un possibile spostamento di risorse: se il mercato è di 10 miliardi l’anno, potrebbero muoversi almeno 300-400 milioni, solo in fase iniziale. Intercettare e mappare i gusti televisivi dei giovanissimi può provocare un cataclisma. Che può spaventare molti addetti ai lavori.
Politicamente corretto e panettone