Siamo arrivati al cinesovranismo
Il governo rafforza gli obblighi di diffusione in tv dei film italiani e abbassa i vincoli per quelli europei
Con decreto legge pubblicato sulla Gazzetta ufficiale sabato 29 giugno, il governo italiano ha ufficialmente inaugurato l’indirizzo politico, più volte annunciato, in materia di nazionalismo cinematografico e servizi audiovisivi. L’inappropriato strumento della decretazione d’urgenza è servito a modificare, infatti, le norme del testo unico dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici, al fine di rafforzare gli obblighi di diffusione di opere italiane e d’investimento nei relativi progetti imprenditoriali, in capo alla Rai Tv e a tutti gli operatori privati del settore, compresi quelli che forniscono servizi a pagamento.
Nel mese di dicembre 2017 era stato già il governo Gentiloni a introdurre una politica dirigista con la quale, per la prima volta, venivano inseriti nell’ordinamento italiano specifici obblighi di programmazione e investimento in opere cinematografiche e audiovisive europee e si obbligavano gli operatori del mercato a destinare una quota percentuale, della più ampia riserva europea, ai prodotti audiovisivi d’espressione originale italiana.
Il governo gialloverde adesso ha deciso di modificare la disciplina esistente e d’innalzare le soglie dei tempi riservati alla diffusione delle opere audiovisive e cinematografiche italiane e quelle degli investimenti destinati ai prodotti nazionali.
Sono state completamente eliminate gli spazi obbligatori di programmazione e diffusione di opere europee, sia per la Rai che per gli operatori privati, mentre le percentuali minime di tempo di diffusione dei prodotti “d’espressione originale italiana” sono pressoché raddoppiate, raggiungendo la metà dell’intera durata della programmazione per la concessionaria del servizio pubblico e il 30 per cento per i fornitori di servizi media non a pagamento. E’ rimasta inalterata la soglia percentuale, pari al 10 per cento degli introiti netti annui, che gli operatori privati devono necessariamente destinare al pre-acquisto, all’acquisto o alla produzione di opere europee, ma è stato sensibilmente innalzato il limite minimo da destinare esclusivamente ai lavori dei produttori indipendenti. E’ stato inoltre introdotto l’onere di riservare la metà di quest’ultima percentuale al finanziamento delle opere d’espressione originale italiana, la maggior parte della quale (75 per cento) dovrà essere stata prodotta negli ultimi cinque anni.
Il 17 per cento dei ricavi derivanti dal canone relativo all’offerta radiotelevisiva della Rai, nonché da quelli pubblicitari, dovrà finanziare il pre-acquisto, l’acquisto o la produzione di prodotti europei, ma per la prima volta è stato introdotto l’obbligo di riservare una percentuale pari almeno alla metà di queste quote a opere d’espressione originale italiana ovunque realizzate da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni. L’85 per cento delle quote che erano riservate alle produzioni europee, poi, dovrà essere destinato, d’ora in avanti, alla coproduzione ovvero al pre-acquisto di opere cinematografiche d’espressione originale italiana, ovunque realizzate.
Particolarmente stringenti gli obblighi introdotti per i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, le cosiddette Pay tv. Permane l’onere di programmazione di opere audiovisive europee realizzate entro gli ultimi cinque anni, in misura non inferiore al 30 per cento del proprio catalogo, ma viene abbassata la soglia d’investimento obbligatorio nei medesimi prodotti realizzati da produttori indipendenti, che passa dal 20 al 12,5 per cento. Tuttavia, è attribuito all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni il potere di costringere l’operatore privato a innalzare la soglia delle somme da destinare a prodotti europei sino al 20 per cento degli introiti netti riferibili all’Italia, qualora le complessive modalità d’investimento dell’impresa “non risultino coerenti con una crescita equilibrata del sistema produttivo audiovisivo nazionale”. Anche alle Tv a pagamento sarà imposto, infine, un occhio di riguardo per il cinema italiano: almeno un quinto della sotto quota di investimento, quest’ultima pari al 50 per cento del totale destinato alle produzioni italiane, dovrà essere riservata “a opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte da produttori indipendenti, di cui il 75 per cento riservato alle opere prodotte negli ultimi cinque anni”.
Il sovranismo audiovisivo è servito.
Politicamente corretto e panettone