Emilio Fede (foto LaPresse)

L'onore a Emilio Fede

Maurizio Crippa

La sua Rete4 partigiana ma felpata era meglio della farsa populista di Del Debbio. Chiudere i talk, no?

Verrà il giorno in cui si dovrà ridare l’onore e anche la scorta, non dei carabinieri ma un picchetto d’onore del Sistema informazione, a Emilio Fede e alla sua Rete 4. Al suo tiggì confidenziale, la voce più flautata di Fred Bongusto, le notizie granbiscottate di ammicchi per gli acquisti per casalinghe di Voghera o Metaponto, in confidente adorazione sua e del suo Grande amico. Un modello di giornalismo televisivo bipolarista e popolarista, e a dirla tutta già con preoccupante tendenza populista. Ma non come adesso. Non come quella fetecchia da tifo petecchiale che è diventata la programmazione talk di Rete 4, costruita per deprogrammare il cervello dello spettatore, inteso come italiano un po’ meno che medio: un gradino più in basso c’è solo Facebook. L’informazione tendenziosa ma armoniosa, nel buon italiano da televendita tanto caro al Cavaliere, aveva una sua decenza e una sua logica. Oggi pure c’è una logica, manca la decenza.

 

Giovedì sera la nuova vetta dell’abisso (ormai è come conquistare un ottomila dopo l’altro, senza ossigeno ma con le bombole pesanti di CO2) l’ha raggiunta Paolo Del Debbio, che pure se lo si potesse estrarre da quel pozzo lo si potrebbe ripulire a filosofo. Il suo Diritto e Rovescio. Dedicato, rasentando il procurato allarme, a “Il nuovo fascismo che cresce nelle periferie”. La farsa da guitti andata in scena è la seguente. Si prende un mostro da b movie, sconosciuto e credibile come un cattivo di Fortnite in un museo, e gli si dà la parte del fascista de borgata. Massimiliano Minnocci detto “Er Brasile” – zucca rapata, tatuaggi per ogni dove, un occhio che rimbalza bianco, come cecato, nella telecamera – e gli si fa dire: “Roma non è fascista, Roma è casa mia. Nella mia borgata vige ordine e disciplina perché comando io”. Poi si inquadra una Francesca Fagnani, intesa come Allegoria del bon ton di Roma centro-centrosinistra. Non serve nemmeno che parli, bastano gli occhioni del disgusto: “Ma in che film?”. Er Brasile bofonchia: “Se viene nella borgata mia”. A questo punto come nelle farse di paese si alza in piedi Vauro, Er Combattente de sinistra, che attraversa lo studio con movenza di comparsa filodrammatica, affronta a panza dura Er Brasile: “Fascio di merda! Minaccia una donna!”. E del Debbio che fa? Assiste compiaciuto, poi fa finta di dover riportare la calma. Il gioco è fatto. Da una cosa inventata a canovaccio e senza prove, esce il Problema: vedete che c’è il rischio fascismo nelle borgate? Funziona anche al contrario, c’è la versione Mario Giordano telepredicatore, che spacca le zucche e vuole la tradizione. Ed ecco creato, per l’ex casalinga di provata Fede, il Problema opposto: stanno svendendo la nostra Italia.

 

Prendersela con Rete 4 è un po’ come prendersela con Toninelli, qui se ne parla soltanto come epifenomeno, un esempio. E’ tutto un modo di fare informazione, anche in altri talk, su altre reti, in cui si impiastriccia una messinscena che più grossolana non si potrebbe dell’Italia (siano i No tav, i braccianti, i barconi, i cyberbullizzati) e poi si dice: ecco vedete, è un Grande problema. Ci vuole la legge Mancino o la commissione Segre. Oppure, ma è solo lo specchio capovolto, ci vuole qualcuno coi maroni pieni e i pieni poteri. E così, in attesa di ridare la scorta d’onore a Emilio Fede, alla sua partigianeria esplicita e grosso modo agganciata ai fatti, ci vorrebbe una legge, sì: ma per chiudere i talk-show.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"