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Occupare la tv per occuparsi di Salvini

Claudio Cerasa

La Rai è monopolizzata da Salvini, Mediaset non ne parliamo, la Lega imperversa e la maggioranza dorme e resta a ronfare. Il potere è una cosa seria, e di solito logora chi non ce l’ha, ma alla lunga il potere logora anche i fessi che non lo esercitano. Indagine

Giulio Andreotti, lo sapete, amava ripetere con ghigno soddisfatto, lui che il potere raramente non ce l’ha avuto, che di solito, in Italia, il potere logora chi non ce l’ha. Nell’Italia di oggi tra i mille paradossi e le mille contraddizioni del potere ce n’è uno che meriterebbe di essere osservato con le lenti più della psicoanalisi che della politica e quel paradosso riguarda l’incredibile timidezza con cui viene esercitato il potere da chi in questo momento in teoria ha tra le mani le leve per esercitarlo.

 

Ieri il Fatto quotidiano ha dato conto delle incredibili tabelle elaborate dall’Agcom relative ai minuti passati in televisione dai principali leader politici italiani e il risultato delle rilevazioni fotografa senza possibilità di smentita un fenomeno che a voler usare un po’ di ironia potrebbe essere così sintetizzato: l’autoeditto bulgaro della maggioranza di governo. I dati forse li avrete visti: anche dall’opposizione Matteo Salvini resta il leader politico con il maggior spazio di parola all’interno di tutti i telegiornali e a ottobre, nelle sette reti generaliste, Salvini ha parlato per 131 minuti, i democratici tutti assieme poco più di 90 (di cui 43 Zingaretti), Di Maio 104, Berlusconi 101 (84 su Mediaset), Meloni 50 minuti, Renzi 49 (un anno fa, quando Salvini e Di Maio erano insieme al governo, le proporzioni erano più o meno le stesse di oggi, e gli esponenti gialloverdi, sempre secondo l’Agcom, avevano avuto parola nei telegiornali nel 64 per cento dei casi).

 

Il dato più interessante di questo ottobre riguarda però la Rai, dove il tafazzismo della maggioranza si è manifestato nelle forme più assurde e clamorose. Il monitoraggio dell’Agcom per il mese di ottobre ci dice che al Tg1 gli spazi di parola concessi hanno registrato queste percentuali: a Giuseppe Conte il 19,2 per cento, a Salvini il 10,4, a Di Maio il 9,3, a Mattarella l’8,2, a Zingaretti il 5, a Berlusconi il 2,8, a Meloni il 2,3, a Renzi l’1,2. Proporzioni simili al Tg2: Conte 15,4, Salvini 11,7, Mattarella 7,2, Di Maio 7, Zingaretti 5,5, Meloni 4,7, Berlusconi 3,4, Renzi 2,3. Proporzioni leggermente diverse solo al Tg3: Conte 15,1, Di Maio 11,8, Mattarella 9,9, Salvini 8,3, Zingaretti 6,1, Meloni 2,5, Berlusconi 2,3, Renzi 1,7. Il governo gialloverde, come molti ricorderanno, non appena si ritrovò al potere si acchiappò in modo spregiudicato tutto quello che c’era da acchiapparsi e nel giro di pochi mesi saltarono così il direttore dell’Agenzia dell’entrate, i vertici delle Ferrovie dello stato, i vertici dell’Anas, il capo della Consob, il capo di Consip, il direttore delle Dogane, i numeri uno dell’Agenzia spaziale italiana, i capi dell’Enit, il numero uno dell’Istat e ovviamente i vertici della Rai.

 

In primavera, lo sappiamo, il governo dovrà affrontare un’importante sessione di nomine che comprende la bellezza di 400 posti, tra autorità indipendenti, enti pubblici e aziende partecipate dallo stato, ed è molto probabile che il Pd, il M5s e Italia viva, a prescindere da ciò che capiterà al governo nelle prossime settimane, facciano di tutto e anche di più per poter avere voce in capitolo nella ricomposizione del quadro del potere pubblico italiano. Ma in attesa di quell’appuntamento, ciò che risulta del tutto autolesionista rispetto alla capacità di esercitare il potere da parte degli attuali azionisti di governo ha a che fare con quella che è la prima azienda culturale del paese e che i partiti che guidano questo esecutivo hanno scelto per ragioni misteriose e tafazziane di non sfiorare. Il risultato è quello che vediamo ogni giorno sui nostri schermi: la televisione pubblica è incomprensibilmente occupata dai partiti che si trovano all’opposizione (sia nei programmi di approfondimento sia nelle rubriche curate dalle varie testate a ottobre la Lega ha avuto più spazio di tutti), il presidente della Rai è ancora lo stesso identico scelto dalla Lega ai tempi del governo (e non si capisce quale sia la ragione per cui un giornalista che in passato ha insultato il presidente della Repubblica come Marcello Foa, idolo dei migliori siti complottisti d’Italia, possa essere considerato un presidente di garanzia anche da una maggioranza che non comprende più la Lega) e le nomine dei vertici delle testate e delle reti della Rai continuano a essere rinviate da parte dell’ad Fabrizio Salini (rispetto all’informazione di fatto è come se Salvini governasse ancora in Rai).

 

Succede così che nei telegiornali del prime time a ottobre la presenza del leader della Lega abbia superato quella di tutti gli altri esponenti politici (come tempo di presenza in minuti a ottobre, Salvini è stato ascoltato per 50 minuti, Di Maio per 46 minuti, Mattarella per 42 minuti, Zingaretti per 27 minuti, Meloni per 16 minuti, Berlusconi per 14 minuti, Renzi per 8 minuti) e succede così che sia inevitabile interrogarsi su un tema che non riguarda solo il potere ma che riguarda la politica. Il potere è una cosa seria, e sappiamo che di solito logora chi non ce l’ha, ma alla lunga, specie quando si parla di Rai, il potere logora anche i fessi che non lo esercitano. Per occuparsi del paese, in un paese come l’Italia, non si può fare a meno di occuparsi della Rai e magari anche di tornare a occuparla, in attesa che Silvio Berlusconi torni a far pesare il suo splendido conflitto di interessi ridimensionando almeno sulle sue reti l’egemonia del salvinismo e dei suoi trucissimi cantori.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.