Tra arpe e attesa per Tiziano Ferro siamo arrivati alla semifinale di X Factor. Il pagellone
Il talent, tra scaramucce ed eliminazioni, procede orfano di momenti memorabili. Chi arriverà in finale? Intanto ecco i promossi e i bocciati
Non è chiarissimo come sia successo, ma X Factor 2019 è arrivato alla semifinale. Sarà che siamo nella stagione della finanziaria e – si sa – il tempo vola quando ci si diverte. Un minuto fa eravamo al Papeete con l’ultimo mojito della stagione, e all’improvviso tutto Instagram ha già messo il puntale all’albero di Natale, mentre i nostri addobbi giacciono dimenticati in qualche angolo della cantina. Forse ci siamo addormentati al suono dell’arpa. Per fortuna a svegliarci da queste sere nere di letargia emozionale sta arrivando – con una slitta piena di case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale – l’immenso Tiziano Ferro, ospite del live di questa sera. Nel frattempo, il programma nel complesso procede tra scaramucce ed eliminazioni, orfano di momenti memorabili. Unica escalation che non dà segno di rallentare, quella delle giacche di Cattelan. C’è chi ne testimonia l’efficacia allucinogena, altri hanno allertato l’esorcista di Bibbiano. Tra stampe olografiche e completi color Sahara, invochiamo l’intervento dell’unica specialista con il potere di salvare le nostre cornee: Rossella Migliaccio, regina dell’armocromia, pensaci tu.
Marco D’Amore e Anastasio - voto: 10
“Non siamo diventati peggio, siamo sempre stati peggio”. Meravigliosa e lapidaria, Mara, quando abbandona per un attimo i panni da giudice e lascia trapelare il suo giudizio sulla società, sul momento che viviamo. E non è l’unica. L’ultima puntata ci ha regalato una ventata di aria fresca, di sguardi limpidi sul reale. Marco D’Amore e Cattelan ci hanno raccontato la dignità di chi vive al margine, con “Shake the dust” del poeta americano Anis Mojgani. Un decalogo degli ultimi, dei dimenticati, dei diversi. “Quelli cui è concesso di parlare solo se interpellati. Che interpellati non lo saranno mai”. Una chiamata al fuoco del vivere: prendetevi il mondo, respiratelo, stropicciatelo, facciamolo insieme. Facciamolo insieme. E poi Anastasio, che torna con “Il fattaccio del vicolo del Moro” e rapisce tutto lo studio, tutto il pubblico.
Lo arpiona alla pancia e lo trascina nell’orrore, nell’apnea densa del vivere momenti definitori delle vite degli altri. Quanto ne abbiamo bisogno, di questo bagno di empatia. Di umanità. Per favore, possiamo farlo vincere di nuovo?
La Sierra - voto: 9
Sono in cima alla classifica degli ascolti, hanno prodotto l’inedito migliore della stagione, eppure continuano a rispondere con educazione alle osservazioni dei giudici. Persino al loro, quando tenta di sabotarli, facendoli cantare sulle note di Morricone circondati da un’intera orchestra. Mancava giusto il coccodrillo di Peter Pan a leccarsi i baffi. E invece niente: con una grazia ammirevole scansano il vuoto, restano in equilibrio (“il mio amore è un carmina burana, se chiudo gli occhi vedo di più”) e continuano a risultarci simpatici. Sarà che, come dice Samuel, “vengono dalla strada che si rompe sotto i piedi e ti fa cadere dal motorino”. Eccola da dove arriva l’enfasi. Vedi un po’ che ora da Roma Capitale vengano a chiedere i diritti.
Sofia Tornambene - voto: 8
Ha questa caratteristica straordinaria di essere un’adolescente seria e professionale, che non smette di essere ragazzina. Dietro l’incredibile esibizione in francese, ci sono tanti momenti di timore, insicurezza, di “non riconosco la mia voce”. Dietro l’inedito – molto più bella la versione acustica, rispetto all’ultima produzione che non la valorizza affatto – c’è una bambina che cerca di immaginare come vorrebbe che fosse l’amore. Sofia è tutta la freschezza che non vogliamo lasciare andare, lo stupore che sappiamo ritrovare e che, alla fine della giornata, ci salva.
Booda - voto: 7
C’è qualcosa che è andato storto. Loro continuano a essere quella meraviglia esplosiva di “All or Nothing”, che chiunque dovrebbe ascoltare ogni mattina appena sveglio. Ultimamente, però, le scelte artistiche di Samuel li stanno allontanando sempre di più dalla cima del podio, e il testo dell’inedito (leocorni anyone?) non è all’altezza di una base musicale con tutte le carte in regola. Che dispiacere, però.
Davide - voto: 6
Lui è adorabile, telegenico, natalizio. Quasi un po’ troppo “High School Musical”. Dopo attente osservazioni, gli studiosi hanno identificato la causa della sua sfortuna - una voce eccezionale, simpatico, versatile, ma comunque il meno ascoltato - nella “maledizione di Michele Sette”, che avrebbe colpito Malika. Ti squilla il telefono e, dopo sette puntate, non hai più cantanti in gara. Certo, a meno che non trovi il modo di tornare indietro nel tempo e non scartare alle audizioni il potenziale vincitore del talent. A Natale nei migliori cinema.
Lo Spotify degli stati sovrani - voto: 5
Samuel ha ritrovato la sua verve polemica e si è lanciato in una crociata senza quartiere contro le esibizioni in inglese. Viva il bel paese là dove ‘l sì suona. Questa parentesi di nazionalismo musicale ha permesso agli altri giudici di regalarci dei momenti di europeismo spinto che non si vedevano dai tempi di Ventotene, così ora siamo a posto per altri sessant’anni. E chi di polemica ferisce, di Mara Maionchi perisce: Samuel viene stroncato a suon di “picinin, brut e cativ”. Quando poi Trenitalia taglia le tratte verso Torino, sappiamo di chi è la colpa.
Nicola - voto: 4
Bacchettato per la sue performance con “90MIN” (“troppo uguale a Salmo senza essere Salmo”), l’inedito scritto da Tom Walker (in questo caso “prima l’italiano” è più una preghiera) e “The Sound of Silence” (in effetti no), non è riuscito ad aggiudicarsi la semifinale. Un peccato, perché a un certo punto qualcuno avrebbe dovuto fargli cantare “Feeling Good”. Sarebbe stato bellissimo.
Eliminazione di Giordana - voto: 3
Non se ne poteva più dell’arpa, delle tute mimetiche con gli strass, dei vocalizzi da Evanescence tribute band. Giordana è uscita ed è giusto così. Il problema sono i giudici: congedarsi da questa ragazza, propinandole la storiella “non hai vinto perché non ti hanno capita, forse qualcosa non è arrivato in maniera giusta, ma non riesco proprio a capire cosa sia” è una gran idiozia. È un po’ come dire a un’amica: “sicuramente quel tizio non ti scrive perché il gatto gli ha buttato il telefono nel wc prima che potesse fare il backup, e ora non riesce a ritrovarti su Instagram”. E lei questa cosa non se la merita. Si merita delle critiche costruttive, qualcuno che le spieghi gli errori da non fare più. Che la indirizzi. E poi, magari, si merita anche di andare a sperimentare altri pubblici. Che forse, in fin dei conti, il gatto ti ha pure fatto un favore.
Eugenio - voto: 2
La cazzimma è bella, ma non ci vivrei. Prima riesce a massacrare “Cosa mi manchi a fare” di Calcutta, e giustamente viene mazziato, anche da Mara. A quel punto arriva la vera stonatura. Eugenio non pare abituatissimo a gestire le critiche in modo costruttivo: ricorda vagamente il compagno di scuola dalla giustificazione sempre pronta. Così, in questo climax di scuse accampate, gli scappa la stupidaggine. “Sono stanco”. E lo dice così, senza pensarci, nel mezzo di uno dei programmi televisivi più complessi da realizzare, dove manodopera, ballerini, tecnici, produzione, professionisti di ogni genere hanno lavorato in modo frenetico, solo per arrivare a quel preciso momento. Che poi uno si chiede ma che cosa lavoro a fare. Comunque almeno una cosa l’abbiamo capita: ecco perché a contarle tutti i nei sulla pelle, da dieci arrivava solo a sei. Si era solo stancato.
Politicamente corretto e panettone