Il Pagellone finale di X Factor 2019
E' stata un'edizione di una noia mortale. Ma dalla vincitrice Sofia, fino a Eugenio, passando per Cattelan e la cubista delle Audition, di sono diverse chicche da ricordare. Eccole qui
All good things come to an end, e pazienza se lo cantava Nelly Furtado (o era Jeremy Corbyn?) e non quel divo di Robbie Williams, che ieri sera ha fatto un Erasmus accelerato alla finale di X Factor 2019. E che, a tratti, ci ha finalmente regalato una bella serata, dai duetti con Cattelan e i concorrenti - ottime le performance dei gruppi - alle sue esibizioni in solo. Unico neo, l’insostenibile pesantezza del suo nuovo album natalizio. Ma "Love Actually" fa scuola, e questa settimana gli inglesi sono tutti in modalità revival. Insieme a lui, una boccata di aria fresca e ipnotica l’ha portata Lous and The Yakuza, ma è stata un’apparizione talmente fugace che non ce ne siamo nemmeno accorti. Dopo di che - per riequilibrare i livelli di endorfina - ci siamo dovuti sorbire venti minuti di Ultimo al pianoforte.
Tutte le cose belle, dunque, prima o poi finiscono: la tredicesima, l’ossessione per l’amore ascellare, lo spazio nell’armadio di Salvini, la nevicata di stamattina, e soprattutto l’appuntamento fisso del giovedì sera con il talent musicale più atteso dell’anno. Così dobbiamo tirare le somme.
È stata un’edizione di una noia mortale, costellata da qualche sparuto istante di bellezza subito dimenticato. Il banco dei giudici è sembrato, per la maggior parte del tempo, il circolo del burraco dei bagni Marinella. Scaramucce e poco tempismo nel risvegliarsi dal torpore, mai in sincro. Persino l’auricolari-gate, che avrebbe potuto creare un po’ di sana polemica, si è ritratto come l’interrogazione parlamentare su Savoini. E anche Mara, che normalmente ci regala performance del livello di Zia Yetta, è rimasta in letargo. Tata Francesca, per favore l’anno prossimo pensaci tu. O almeno Lino Banfi.
Il programma - che ha registrato un notevole calo di share - si è concluso con la chiamatissima vittoria di Sofia, opera della potente lobby dei tassisti che vengono in soccorso quando la cometa si avvera, ma poi ti lascia a piedi. Sul podio - per la prima volta nella storia occupato da due band - i Booda e La Sierra, che sono in cima a tutte le classifiche e che tutti quanti dovremmo andare a sentire appena torneranno nel mondo reale.
Nell’attesa, ripercorriamo alcuni dei momenti memorabili di questa edizione 2019. No, l’Atalanta purtroppo non è nella lista.
Carote - Nuela
Quanto ci ha fatto sperare, questo ragazzino, quando è salito sul palco delle Auditions e l’abbiamo immediatamente ribattezzato erede di Tristan Tzara e Man Ray. Ancor di più, quando il giorno dopo sul webbe tutti gli over 50 hanno iniziato a gridare allo scandalo musicale. E allora la Traviata? Che noia. Dalle carote, siamo approdati ai funerali e all’ibernazione natalizia (sinistra italiana anyone?). E anche se il suo lol rap non l’ha (assai correttamente) portato avanti nel programma, il video della canzone risulta quello - tra i non musicali - più visto in Italia nel 2019. Nuela ci piace tanto, e il talento pare non mancargli: ora deve trovare la piattaforma giusta e farlo fiorire.
Sofia - "La leva calcistica della classe ’68"
Avrà anche vinto quest’edizione con un pezzo praticamente universale (nel senso che lo abbiamo sentito talmente tante volte che ormai lo sa a memoria anche il gatto), che ha scritto quando era poco più di una bambina. Ma il momento più bello e dolce di Sofia nella storia del programma è tutto nell’istante in cui sale sul palco dei BootCamp vestita con una tuta rossa da calcetto, il ciuffone ancora davanti al viso, strizzando un po’ gli occhi. Un De Gregori in punta di dita, mentre racconta di Nino, mentre gli raccomanda di non avere paura di tirare il calcio di rigore. E se un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia, forse il trionfo di questa piccola grande professionista vuol dire anche questo. Il pubblico si regala le vittorie che gli fanno bene al cuore. Forse ci vorrebbe un telecomando universale per farlo accadere anche nella realtà.
Io sono Valentina Mazza
Una chicca per pochi, risalente alle Audizioni. Prima che Io sono Giorgia vedesse gli albori, sul palco di X Factor impazzava un tormentone precursore: con “viva la Mazza, la Mazza sono io”, un’energica difesa della professione di cubista (da non confondersi con quella di spogliarellista). Sublime. Memorabile il commento di Samuel: “Forse avrei cercato un’altra chiave per sensibilizzare su questo tema scottante, comunque hai una tua poetica”. Certo, come se fosse Antani. In ogni caso, ha avuto il grande merito di zittire Sfera a muso duro, quindi per me è sì.
Gli insulti a Malika
Le primissime puntate - quelle di formazione delle squadre - sono state caratterizzate da rabbiose reazioni del pubblico alle scelte dei giudici, più che in qualsiasi altra edizione. "Mi sono svegliata molto amareggiata leggendo parte dei commenti - scriveva Malika, in un post su Instagram - Tranne alcuni molto creativi nell’inadeguatezza, il livello di linguaggio e di pensiero è veramente basso. Basso e violento. Inaccettabile. Non si tratta di orgoglio ferito perché contestata, ma di delusione per come ancora in molti confondano la critica con l’offesa e per come il livore divori certe persone e ne accechi l’intelligenza. Se al mio posto ci fosse stata una persona fragile o delicata avreste potuto fare dei danni". Ci siamo abituati, ormai è quasi la norma. L’insulto volgare, l’offesa violenta, l’attacco sessista: i social sono diventati coacervo degli istinti da bava alla bocca. Nel calcio si possono sospendere le partite, nello spettacolo si prende netta posizione, ma nella vita non si possono sospendere le persone. Dovremmo tornare tutti sui banchi, qui ci vuole un corso di responsabilità sociale. Senza la giustificazione di mamma e papà.
Meno male che Cattelan c’è
È la colonna portante del programma, sopperisce alle carenze chiunque. La parola d’ordine è poliedrico: conduttore, cantante, ballerino, intrattenitore. Fa la traduzione simultanea, intervista, ricorda ai giudici quando piazzare un ringraziamento, stempera le crisi e affronta le imbragature dei concorrenti quando finiscono le esibizioni. È simpatico, gentile, intelligente. Bisognerebbe chiamarlo a casa quando c’è un problema alla lavatrice o come accompagnatore al pranzo di Natale in famiglia. Qualcuno gli dia una medaglia al valor civile. O la conduzione del PD. Sperando che, in tale occasione, non si presenti con una delle sue giacche effetto LSD. Meno male che ieri sera l’ha vestito Armani.
Eugenio - "En e Xanax"
Prima dell’ormai celebre “sono stanco”, prima del disastroso Calcutta e dello scivolone delle ultime puntate. Prima ancora della sua peggio che inappropriata battuta di uscita dal programma, “volevo solo dire che questa è benzina e io mi dò fuoco, non mi fermare Ale”, che strizzava l’occhio a una storica e drammatica puntata del Tg2. Prima delle pronte smentite su riviste varie ed eventuali. Prima tutto questo, Eugenio è stato un ragazzo che ha portato sul palco l’immenso tema delle patologie mentali, dell’ansia - quella vera, degli attacchi di panico, che è una condizione devastante e debilitante. In un mondo in cui le discussioni sulla nostra salute fisica e l’uso di farmaci sono normali come le chiacchiere sulle ricette natalizie, quello che riguarda la condizione psichica e psicologica è ancora tristemente uno stigma. E il suo Bersani di En e Xanax - così vivo, così personale - su quel palco diventa più forte e intimo di qualsiasi rivendicazione o manifestazione. L’ansia è una delle piaghe di una generazione precaria, che vive schiacciata tra futuro incerto e passato opprimente. E parlarne chiaramente, dare dei volti familiari, degli esempi, qualcuno in cui il pubblico possa riconoscersi e non avere paura di ciò che vive, è un fondamentale e meraviglioso primo passo.
Politicamente corretto e panettone