Tutto il meglio (e il peggio) delle selezioni di MasterChef
Mentre ci si illudeva di esserci liberati di zuppiere e tortellini ecco il ritorno del programma per aspiranti chef. Come sono andate le prime quattro puntate della nona edizione
Milenys, commessa - voto: 7
Luciano, geometra - voto: 10
Annamaria, casalinga - voto: 9
È di nuovo arrivato il momento più atteso dell’anno, quello in cui la vita è un apostrofo rosa tra le parole maalox e bicarbonato di sodio. Nell’ultima settimana, in ogni parte d’Italia si è tentato di abbattere il limite dell’impossibile, l’orizzonte degli eventi, la distanza esistente nel vostro stomaco tra quella terza porzione di patate al forno e il piatto di struffoli con il miele. La preparazione richiede mesi, il training è fisico e mentale: per sopravvivere occorrono l’appetito di Salvini, l’abnegazione di un tifoso torinista e degli ottimi pantaloni con l’elastico in vita. Ciò nonostante, ogni volta ci si scopre tragicamente impreparati. D’altronde la maratona natalizia non ammette principianti e non lascia superstiti sul campo (citofonare Fioramonti, chiedere delle merendine).
E proprio quando pensavate che fosse finita, mentre vi illudevate di esservi liberati di zuppiere e tortellini, la programmazione Sky infierisce senza pietà sul vostro fragile animo da Barbie passione citrosodina: è tornato MasterChef.
La nona edizione è ai blocchi di partenza – si sono concluse ieri sera le prime quattro puntate di selezioni – e appare già un successo. Complici, in questo, i tre ottimi giudici – Barbieri, Locatelli e Cannavacciuolo – eleganti, essenziali, ironici e autoironici. Ma non solo, perché anche il livello di preparazione dei concorrenti di anno in anno si alza sempre più, e rende godibili persino gli episodi iniziali dello show.
E per ora – prima che la competizione si accenda e la nostra attenzione si concentri sulla tecnica – è carino vedere come, spadellando piatti che raccontano di passione e di radici, questi cuochi dilettanti portino con sé le proprie storie.
Speciale fuori concorso: Marito di Sara - voto: inclassificabile
Possiamo immaginare che, come tanti, pensasse di essere simpatico. Ma, proprio per questo, Huston, abbiamo un problema. Anche al netto del sapiente lavoro di montaggio dello show, uno non va in tv a supportare la propria moglie, dedicandole esternazioni come “se non facevi niente in casa non ti sposavo”, rivendicando la propria nullafacenza domestica, e concludendo con “anche se non è passata, lei continuerà a cucinare e lavare”. Delicatissimo. Consiglio: da lasciare a rosolare nel proprio brodo di calzini sporchi, finché non è stracotto. Poi scolare.
Mirko, Radiologo industriale - voto: 2
La vita ci porta a fare scelte che spesso non coincidono con ciò che abbiamo nell’animo. E dunque anche a un radiologo industriale con la passione per la tavola, i ristoranti stellati e la cura per i dettagli può accadere di volersi reinventare cuoco. Con la sola speranza, purtroppo, non si arriva da nessuna parte. Specie se mancano tecnica e nozioni di base, e il confronto è con un banco di prova del livello di MasterChef. Ma, ancor più, se si decide di fare della strafottenza la propria firma e dell’autoassoluzione il proprio mantra. Tuttavia, casi come questo sono ottimi per far passare un messaggio fondamentale: la cucina – come altri mestieri quando sono illuminati dalle luci di scena – non è tutta fiori edibili, gamberi rossi e lustrini colorati. “Un cuoco crea cinque minuti e cucina tutti i giorni per un mese”, dice molto bene Chef Locatelli. Nella società dell’immagine sembra troppo spesso che anche il lavoro sia come le settimane bianche, i selfie, i centrotavola e le attese all’aeroporto: instagrammabile, glamour e senza sforzo. E invece esistono la fatica, la ripetitività, gli ostacoli. E alla fine di questa strada c’è il risultato, che è la migliore delle ricompense.
Maria Cristina, finalista a Miss Italia - voto: 4
C’è chi fa dello showbiz la propria vocazione e – con mamma manager al seguito – si riscopre corista dell’Antoniano, regina di bellezza e anche chef. Purtroppo, il sogno di avere il proprio programma di cucina non si avvera per tutte le Miss. Soprattutto se si imbocca la strada di MasterChef senza dare valore alle regole base della cucina: disciplina, pulizia, rispetto del cliente. E si insiste, immergendo le dita leccate nei piatti e nelle preparazioni, e ridendo dell’imbarazzo e delle proteste dei giudici. Nel dubbio, a X Factor hanno già aperto il nuovo casting.
Giada, copywriter - voto: 5
In ogni edizione c’è un concorrente che tutti detestano, quello fastidioso, che movimenta le sfide. In principio fu Rachida, poi arrivò Gilberto con i suoi baffetti da dandy. Giada – prontamente ribattezzata Miss Precisetti – quest’anno pare già in lizza per ricoprire felicemente questa posizione. Pignola, saccentina, a tratti strafottente, ha una mano molto interessante e sa osare (meravigliosi i gyoza della prova finale). Quando alzerà la cortina di ferro, probabilmente ci troveremo dietro una ragazza brillante ma insicura, la più implacabile giudice di se stessa. A volersi bene e sapersi comprendere ci si guadagna sempre, anche nel rapporto con gli altri. Nel frattempo, i fuochi d’artificio sono assicurati.
Maria Teresa, consulente finanziaria - voto: 6
Altro giro, altra tosta. Giovane manager pugliese trapiantata a Milano, si è presentata all’attacco: un po’ assertiva, un po’ aggressiva. Maria Teresa racconta una storia che è quella di migliaia di ragazzi: la partenza dalla propria terra per cercare altrove le opportunità di studio e lavoro, su cui poi si investe anima, salute e tempo. Ed è meraviglioso che proprio la cucina, quel collante sociale e culturale tanto forte da spezzare ogni confine, rappresenti una stanza tutta per sé, un legame con la parte più antica e nascosta. Un mezzo, anche, per tornare a casa e costruire lì nuove opportunità. La mano c’è, la determinazione anche. Forse va smussato qualche angolo.
Milenys, commessa - voto: 7
È irresistibile, questo tornado di signora che arriva da Cuba e che ha seguito l’amore fino a Camerino. Precisa – è l’unica a indossare una cuffietta mentre cucina – e dolcissima, tutto in lei racconta del profondo legame con le Marche, anche dopo il terremoto di tre anni fa. E se inizialmente si sentiva guardata un po’ “sottosopra”, oggi tutti le vogliono tantissimo bene. Amici da cui ha imparato l’amore per la cucina e riscoperto anche quella delle sue radici. Non è una parabola benpensante, solo una storia di persone che donano e ricevono e donano ancora: nulla di più, nulla di meno.
Andrea, gelataio - voto: 8
Sarebbe un errore madornale se riconducessimo il talento di questo ragazzo solo alla sua storia personale. Che sicuramente colpisce. C’è un ristorante – dei nonni, con papà pizzaiolo – che chiude, perché all’improvviso loro non ci sono più. Una scuola – l’istituto alberghiero – non scelta, perché optare per un percorso professionale oggi è ancora visto come un segnale di discredito. Corsi di cucina mai seguiti, perché costano troppo, e meno male che è ancora possibile dirlo davanti a una telecamera, senza urlare, con lo sguardo dritto e tutta la dignità del mondo. Il piatto con cui ha conquistato – tra le lacrime – il grembiule bianco si chiama “Ricordi di casa”. Ma sono la sua testa e le sue mani che hanno stravinto la prova finale delle selezioni, quella complicatissima della pasta fresca. Tenetelo d’occhio, perché lo vedremo a lungo.
Annamaria, casalinga - voto: 9
Quanto ci piace questa signora che ha un viso austero, d’altri tempi, e tutta la vita dedicata alla famiglia. Questa stessa signora che quando spadella si trasfigura, che sembra danzi di una danza fattucchiera, ascolta la musica techno e non vede l’ora di liberarsi di marito e figli per un po’, per fare qualcosa solo ed esclusivamente per lei. Che cucina in modo incredibile delle “Sagne ncannulate salentine con pomodori scattarisciati”. E che alla fine guarda Barbieri e gli dice “se dopo vi trattenete, ne faccio un altro piatto e ce lo mangiamo insieme”. E lui sorride con gli occhi.
Luciano, geometra - voto: 10
Ce ne sono tanti, a MasterChef, di concorrenti che provano a entrare più di una volta. Ma questo signore grande grande, la sua massa di ricci e il suo vocione, sono un po’ speciali. Si trattiene per tutto il tempo della prova, il signor Luciano. Appena si lascia andare un po’, esonda. Pare un’onda di mare: interrompe Cannavacciuolo, si emoziona parlando della spatola, delle cose della sua Palermo. È un gigante con un’ansia più grossa di lui: quando finisce di cucinare è tutto lì sospeso, con gli occhi che si incatenano dentro a quelli dei giudici, è un omone bambino. E poi il mondo esplode, perché esplode lui in un boato di lacrime, di gioia e di liberazione, quando riceve il grembiule. Ed è bellissimo, quando racconta che cinque anni fa proprio Cannavacciuolo lo aveva rimandato. Che era stato un giudizio “giusto, proprio correttissimo”. E che, una volta a casa, si è messo a studiare. A provare e riprovare, e dare un senso a quell’esperienza. Meno male che esistono signori giganti come Luciano. Che ogni tanto ci ricordano che siamo fallibili, e che è proprio grazie queste situazioni – le più preziose – che diventiamo le persone che saremo domani. E che tutto dipende da quanta anima abbiamo per metterci in discussione.
Politicamente corretto e panettone