Quasi meglio di Sanremo. Il pagellone (e le canzoni) di Masterchef
Mentre il Festival si avvia a proclamare il suo vincitore nella cucina della trasmissione di Sky sono rimasti in nove
Signori, che settimane campali. Il Regno Unito ha fatto un passo indietro, le ricercatrici dello Spallanzani ne hanno fatto uno in avanti (ma gli angeli camminano?); gli autori di Sanremo ci stanno servendo un’impepata di cozze di rassicurante femminismo paternalista condito con la nostra cronologia di Instagram, qualche sano ingrediente della tradizione e un po’ di imbarazzante giovinezza lamè (il costumista di Amadeus deve aver parlato con quello di Cattelan). Avanguardia pura dal retrogusto di Tavernello. Ora che persino vostra nonna ha un’opinione su Achille Lauro, è più che mai necessario cercare conforto altrove. E quale migliore distrazione del cibo?
Il cielo è azzurro sopra la cucina di Masterchef: le puntate si susseguono in un’armonia di drammi, preparazioni impossibili e le imperdibili lezioni di lingua di Locatelli (Magic English! Magic English! Look and speak and sing and play!). Siamo finalmente arrivati alla magica top nine.
Ecco il meglio e peggio degli ultimi episodi.
Vincenzo e Davide - voto: Father and Son, Cat Stevens
Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più il gemello di Alex Britti. Il rapporto tra i due concorrenti è una delle dinamiche più belle di questa edizione. Il rigidissimo Davide Mai Una Gioia - stretto nel nodo della sua cravatta - ha trovato nella paciosità partenopea di Vincenzo il giusto equilibrio per non farsi boicottare dalla sua agitazione, ritrovando il gusto della cucina. E i risultati si vedono tutti. Così come la sua precisione viene spesso in aiuto - soprattutto in brigata - alla distrazione e alle mancanze tecniche del padre adottivo, immortale highlander dalle fenomenali figuracce. “Stiamo cucinando per i più scassa..ehm migliori critici gastronomici italiani” passerà alla storia come la concretizzazione dell’incubo di tutti noi. Quando, al terzo calice di prosecco alla festa di Natale, ti lanci nella tua migliore imitazione del capo ufficio. E lui è esattamente dietro di te.
Antonio - voto: Piccolo Uomo, Mia Martini
Con la Precisexit, il toninelliano re degli antipasti pare rimasto l’unico gravemente affetto dalla sindrome dell’abbandono, con cui ultimamente ci ha fracassato i cosiddetti. In principio fu Marisa, sua compagna di banco e scorribande, ad avergli preferito la nemesi Maria Teresa nella gara a coppie. Dramma di proporzioni epiche, risolto a fine puntata con l’apertura della busta e molte lacrime. No Maria, io esco. Da lì, qualsiasi critica diventa un imperdonabile affronto personale. Eppure è bravo bravissimo - tanto da essere tra i favoriti per la vittoria finale - ha un occhio notevole negli accostamenti e un’ottima tecnica. Geniale nell’ultima esterna la trasformazione del classico vitello tonnato in cubetti di tonno con spuma di vitello, che ha avuto il plauso dei super critici. Però meno lagne, dai.
La Caporetto della carne - voto: Shame, shame, shame, Shirley&Co
Questi aspiranti chef sono strani forte, comunque. Gli chiedi brodo di pizza con riduzione di midollo di tonno e non battono ciglio. Gli proponi una stratificazione di tutto ciò che c’è nel frigo la sera di Pasquetta glassato al cioccolato e ti tirano fuori la sezione di un grattacielo di Norman Foster con serra bioclimatica e cascate. Poi li metti davanti a un pezzo di carne da cuocere a cotoletta ed è una disfatta esistenziale. La prova di macelleria del sanguigno chef brasiliano Henrique Fogaça- “occhio che entra il manzo” - ha creato più lacrime e sangue di qualsiasi piatto stellato. A farne le spese è stata Milenys (ci fosse stato Bastianich, il suo hamburger finiva direttamente a Cuba), ma noi fan di Game of Thrones abbiamo potuto godere di un’eccezionale interpretazione attoriale di Locatelli nei panni di Septa Unella. Shame!
Il cuore nero degli autori - voto: Twin Peaks Theme, Angelo Badalamenti
Se in questa edizione i giudici paiono più dei genitori amabilmente severi, anziché i carnefici cui eravamo abituati, il vero sadismo risiede nei cuori degli autori. Per dare un po’ di pepe alle sfide, i concorrenti si stanno trovando in situazioni da incubo, tipo test della Moral Machine. Se fossi su un aereo in fiamme, preferiresti salvare la nonna di Diletta Leotta o questo cesto di morbidi e dolci micini appena sottratti al social media team di Salvini? Hai appena scelto la tua brigata? Bene, ora nomina la palla al piede che andrà direttamente al pressure test. Avete perso la sfida? Dicci, chi è stato il concorrente che ha rovinato tutto e in quale girone dell’inferno dantesco lo manderesti, in una classifica da Baglioni che conduce ogni programma tv su ogni rete a passare l’eternità all’Ikea la domenica pomeriggio? Hai massaggiato quel cosciotto con tutto l’amore del mondo come fosse una tua piccola girl-friend? Benissimo, ora cambia postazione e continua la sfida al posto del tuo compagno che ha sfigurato un cavolfiore. Meraviglioso.
Maria Teresa - voto: Don’t Stop Me Now, Queen
MT è la più odiata degli odiati, ha persino un trending topic tutto suo. È brava e ne è consapevole, non è simpatica ma nemmeno cattiva, talvolta è sprezzante, non ha paura di parlare apertamente di strategie, è assertiva con i giudici (ogni tanto pure un po’ ridicola) e non fa alcun mistero di voler vincere. Tutti la vorrebbero fuori. Tanto che ieri sera Twitter è esploso - al grido di “rimettila al suo posto” - quando Barbieri le ha sonoramente ricordato il valore dell’umiltà e lei s’è fatta un piantino. Ma qual è il suo posto? Spezzando una lancia a suo favore, MT è l’eroe che non meritiamo, ma di cui abbiamo bisogno. Che è sta pubblica fregnaccia dell’umiltà a tutti i costi? Ma che noia. Nell’universo dell’uno vale uno, del “questo lo dice lei”, il diktat dell’umiltà pare l’unico espediente di livellazione sociale, ghigliottina in grado di far abbassare la cresta a chi ha competenze e talenti, e ha voglia di utilizzarli. A maggior ragione, in un mercato del lavoro in cui essere giovani o donne (o entrambi) è - nella stragrande maggioranza dei casi - un peccato originale, per cui ogni slancio di ambizione, innovazione, o fiducia in se stessi viene soffocato sul nascere. E allora basta con questo bulimico inno all’umiltà: che vinca chi se lo merita. E, di solito, chi vince alla fine ha anche senso della misura.
Il lato oscuro di Luciano - voto: Lo stretto necessario, Levante
Il bello dei personaggi sfaccettati e tridimensionali è che non restano appiccicati per forza all’immagine che gli abbiamo appioppato. Luciano sta assumendo sfumature di colore che lo stanno portando da GGG a Cardinale Richelieu. Dismessi i panni dell’omone buono, Iniziano a emergere lucidi calcoli (l’assegnazione a Giulia e Giada del taglio di carne più complicato) e un certo protagonismo durante le prove. Finalmente un degnissimo plot twist, di cui non vediamo l’ora di scoprire il seguito. Potrebbe essere lui il vero cattivo della stagione? Unica certezza, le solide radici siciliane, che non mancano in nessuna delle sue creazioni. Sarebbe in grado di fare alla sicula persino la polenta concia.
Gli anni Ottanta - voto: Cosa Resterà degli anni 80, Raf
Nell’ultima esterna i concorrenti hanno subito una delle peggiori angherie culinarie che ogni tanto ritornano con prepotenza: la passione per la cucina anni Ottanta. Peggio, hanno dovuto rielaborare un menù di specialità del mai abbastanza compianto decennio, sottoponendolo ai più temibili critici culinari italiani. Un suicidio annunciato. E se l’ossessione per panna, piselli e gamberi in salsa rosa - “una cucina voluttuosa”, dice Angela Frenda del Corriere - è sempre una delle peggiori idee per le feste in casa (per inciso, quelle che finiscono con la spasmodica ricerca di una pizzeria aperta dopo mezzanotte), pare che da questi fantasmi di edonismo sociale e politico non sia proprio possibile scappare. Persino i Ricchi e Poveri hanno fatto un passo avanti.
Politicamente corretto e panettone