Il virus da talk-show

Andrea Minuz

Del Debbio con la mascherina, Giletti col cinese provocatore. Ecco la televisione che riscrive i suoi format in chiave epidemiologica

Quante trame e sottotrame in questo coronavirus all’italiana! L’emergenza sanitaria nuovissima e globale, subito nutrimento del palinsesto, scatena la televisione in un’escalation e un crescendo di polemiche e problemi che da noi diventano però molto locali: la stabilizzazione dei precari, il razzismo degli italiani, le quote rosa, gli involtini primavera, gli angeli del focolare, i netturbini dell’Esquilino, le mascherine degli ambulanti, gli internati della Cecchignola, il ripristino del saluto romano per evitare il contagio (copyright Ignazio La Russa), la leggenda del “laboratorio segreto” dove il virus è stato messo a punto e quella della sassaiola contro i cinesi a Frosinone, degna delle pagine della peste manzoniana, e poi ancora il Grand tour nella penisola dei coniugi di Wuahn e la nave da crociera ferma al porto di Civitavecchia, come una nemesi beffarda e formidabile di “Open Arms”, della “Diciotti”, della “Sea Watch”, fateli scendere! Anzi no. 


Mentre si toccava il picco di paura e contagi possibili ecco in tv l’arrivo salvifico, catartico, provvidenziale di Sanremo


 

A un format ormai già rodato (si invitano in studio un politico, un illustre virologo e un cinese) si sono aggiunti poi, inevitabilmente dopo l’annuncio di Conte dei due casi accertati in Italia, un inviato fisso davanti al cancello dello Spallanzani, “orgoglio italiano”, e un presidio all’Hotel Palatino di Roma, via Cavour, l’albergo che, come dice l’edicolante poco distante, “poteva diventa’ un focolaio”. E mentre si toccava il picco di paura e fioccavano qui e là i possibili casi di contagio e le condizioni dei coniugi di Wuhan ahimè si aggravavano, ecco l’arrivo salvifico, catartico, provvidenziale di Sanremo, con le immagini di mascherine e tute bianche incapsulate spazzate via dal pigiamino glitterato di Achille Lauro. Sotto il segno del coronavirus, presto assunto a “formicolante palcoscenico nazionale italiano”, come dice Salvatore Merlo, i talk-show hanno chiamato a raccolta i loro grandi cavalli di battaglia, anche, va da sé, per una predisposizione quasi naturale all’apocalisse (i talk hanno spesso nomi post-apocalittici, “Virus. Il contagio delle idee”, “La gabbia”, “Announo”, “Annozero”). Paolo Del Debbio entra in studio con la mascherina spiegando che non bisogna creare psicosi. Mario Giordano lancia l’accoppiata batteri & vitalizi con un “focus sul coronavirus e i privilegi della casta”. Del Debbio intervista Giordano e Giordano dice che “gli italiani non sono razzisti verso i cinesi, sono razzisti verso il virus”, insomma sono fortemente contrari alla morte. Maria Giovanna Maglie non si fida dei cinesi e si domanda come mai non ci abbiano avvisato prima di Natale; anche Barbara Palombelli dice che è giusto avere paura, mentre Paolo Crepet partirebbe per la Cina anche domani, “se qualcuno me lo chiedesse”, solo che nessuno glielo chiede. A “Non è l’arena”, Massimo Giletti si lancia in un esperimento di psicologia sociale tra Milgram e Goffman: “Venerdì in riunione ho detto ai miei: ‘prendiamo una persona cinese e portiamola in giro a tossire in mezzo agli italiani’, per vedere le reazioni”. Pedinata dalle telecamere, la “persona cinese” si finge turista e se ne va in giro per Roma tossendo in faccia a passanti e baristi, beccandosi ingiurie gratuite quanto prevedibili, “questi qua se magnano i pipistrelli e te credo che poi s’ammalano”. Poi, sempre per contrastare la psicosi anticinese, La7 manda in prima serata, “Virus letale”, kolossal batteriologico del 1995 con Dustin Hoffman, trama ispirata all’Ebola e all’Adis, dove l’epidemia arriva negli Stati Uniti a causa di una scimmietta trasportata guarda un po’ su un cargo cinese. Ospite a “Domenica In”, Iva Zanicchi non ha invece neanche bisogno dell’agente provocatore di Giletti: “Quando vedo un cinese me la do a gambe”. La cantante scherza con Mara Venier, poi gela lo studio raccontando di essere stata ospite poco tempo fa in un hotel a Roma, nella stessa strada del Palatino, “però tranquilla, ti sto lontano”, e via con le risate. In televisione si intravede anche Giulietto Chiesa, su e giù per via Cavour, forse a caccia di prove che incastrino il “libero mercato”, tra le possibili cause, secondo Stefano Fassina e Diego Fusaro, dello scatenamento della pandemia globale. 


La tv riscrive i suoi format. Gli internati della Cecchignola vengono intervistati come i reclusi del “Grande Fratello”


 

 

Come nei migliori film epidemiologici si cerca il “paziente zero”: “Non è Renzi, state tranquilli”, dice Maria Elena Boschi rispondendo a Massimo Giletti che lei chiedeva se a gennaio era stato in Cina. Col montare dell’allarme scatta la rincorsa all’ospite cinese. Con l’arrivo del Festival si tenta la sintesi. “C’è aria di razzismo”, dice Davide, proprietario cinese di un albergo a Sanremo, ospite ad “Agorà”, dove lo presentano come “fan di Al Bano e Tiziano Ferro”, “la gente si copre la faccia quando passiamo”. Spunta anche una figurante cinese tra gli “ignoti” del programma di Amadeus. Va bene tutto, imprenditori, ristoratori, anche artisti e scrittori, purché cinesi. Come Shi Yang Shi, performer, attore, inviato, cineasta, ex Iena, autore di “Cuore di seta”, celebre per la frase “in Italia è più difficile essere gay che cinese”, già visto in tv all’epoca del viaggio in Cina di Luigi Di Maio per “dare dei consigli” all’ex-Ministro. Ospite a “Non è l’Arena”, Shi Yang Shi cita Hannah Arendt e la banalità del male per spiegarci quanto è facile oggi credere alle fake news e lasciarsi sedurre dalle sirene del razzismo, “ma qual è l’anticorpo? La nostra ragione o la nostra fede?”. Cecchi Paone si commuove, si alza, lo abbraccia in lacrime, mentre Shi Yang Shi dona a Giletti una kata, la “sciarpa tibetana simbolo di buon auspicio”.

 

La televisione riscrive i suoi format in salsa epidemiologica. Gli internati della Cecchignola vengono intervistati come i reclusi nella casa del “Grande Fratello”. Anche qui “il vero nemico è la noia”, dice una ragazza in collegamento via skype ad “Agorà”; “magari quando esci vieni a trovarci qui in studio”, propone subito Serena Bortone, ed è subito GF coronavirus. Ma il vero tema è la cucina. Solo così, con la grande narrazione culinaria, il linguaggio catastrofico dell’epidemia e gli inviti alla rassicurazione possono scuotere le coscienze degli italiani. Il coronavirus diventa una coloritura gastronomica buona per ogni programma, una “linea gialla” che attraversa tutto il palinsesto, una parata di involtini primavera, spaghetti alla piastra, pollo alle mandorle, impiattati e messi al centro dello studio. Emulo di Lamberto Sposini che nel 2006, all’epoca dell’avaria, addentò un pollo in diretta al Tg5 per contrastare la psicosi e il crollo dei consumi di carne bianca, Formigli si fa portare un involtino primavera a “Piazza Pulita”. “Noi siamo amici della scienza”, dice, “mangiate tranquilli, non viene da qui il virus. Potete andare nei ristoranti cinesi, siate razionali, crediate nella scienza, nelle persone di buonsenso. Passerà”. Involtino primavera anche per Myrta Merlino a “L’aria che tira”, però prima di mangiarlo chiede il permesso a Burioni, “professore, sappia che lei si prende una bella responsabilità”. A “Pomeriggio Cinque”, va in onda un servizio sui ristoranti cinesi di via Paolo Sarpi, a Milano, al rientro in studio Barbara D’Urso mangia un biscotto della fortuna cavalcando un trend ormai inarrestabile: “Lo fece Lamberto Sposini ai tempi dell’influenza aviaria”, spiega la D’Urso, “lo ha fatto ieri Corrado Formigli mangiando un involtino primavera, lo faccio anche io volentieri e vi invito ad andare nei ristoranti cinesi”. Applausi a scena aperta del pubblico. “Gesto coraggioso”, scrivono i giornali di gossip. Poi Mattarella visita una scuola multietnica all’Esquilino, si fa la foto in classe coi bambini e rimette a posto il confine tra narcisismo e solidarietà. Sonia Wang, la ristoratrice dell’Esquilino amata da Nanni Moretti, Veltroni, Abel Ferrara, “più celebre di Ann Wintour” (copyright Michele Masneri), è invitata come ospite un po’ ovunque. In collegamento a “La vita in diretta” Sonia è circondata da ciotole di riso nero, nuvole di drago, gamberoni allo zenzero, l’inviato Rai assaggia, Alberto Matano le chiede come vanno gli affari, “tu vieni sempre qui Alberto, lo sai bene quanto gente c’è”, facendo subito capire chi è comanda, “bisogna sempre prenotare ma adesso viene poca gente”. Del Debbio replica invitando Monica Li, proprietaria di tre ristoranti cinesi a Fiumicino, Cerveteri e all’Infernetto, periferia di Roma. Lei però spiega che non si intende di virus, anzi precisa subito, “se dico qualche cazzata fermatemi”, evidentemente ignara delle regole di base della tv. “Sono venticinque anni che sto in Italia, non guardo mai televisione, in questo momento so che lei si chiama Paolo e sicuramente sarà famoso, ma non l’ho mai vista, posso parlare solo del ristorante e su questo dovete stare tranquilli, perché tutti i miei dipendenti sono italiani”. 


Sempre per contrastare la psicosi anticinese, La7 manda in prima serata, “Virus letale”, kolossal batteriologico del 1995


 

Il Salvini alla cantonese non piace invece alla base sovranista. Dopo aver reclamato la chiusura delle frontiere, il leader della Lega si immortala sui social col cinese take away, sorridente, circondato da noodle-box, nella consueta estetica da studente fuori-corso e fuori-sede, gettando il suo elettore nel panico. Dopo campagne martellanti sulla nutella, la pizza, i tortellini, l’abbraccio dell’involtino primavera suona come un passo falso (“dopo aver difeso il made in Italy non puoi mangiare questa porcheria!”, commentano sotto il post), e dopo ventiquattro ore, Salvini torna puntualmente a farsi i selfie col cannolo siciliano. Sul coronavirus si mobilitano anche le influencer: Taylor Mega e Giulia De Lellis scappano terrorizzate alle Maldive, facendosi un selfie in mascherina all’aeroporto prima di partire; Selvaggia Roma, scuola Tempations Island”, si dichiara invece fieramente “razzista coi cinesi” e rimedia così un’ospitata da Barbara D’Urso (“hanno messo in isolamento 50 milioni di persone e poi se entri in un loro negozio te inseguono tra gli scaffali perché non se fidano. Loro de noi! Vabbè”). C’è poi la trama dell’“isolamento” del virus, sviluppata secondo il canone dannunziano dell’orgoglio, del genio, dell’eccellenza italiana, del popolo di artisti e immunologi (“adesso l’Italia ritrovi la sua grandezza”, come dice Daniela Santanché), e la trama deamicisiana della precaria, donna, ricercatrice, molisana, sottopagata. “Angelo della ricerca” per il Messaggero, “angelo del virus” su Repubblica, “angelo precario” e virus del patriarcato per Il Manifesto, o ricercatrice che sta stare un passo indietro ai colleghi per Amadeus. 


Il “libero mercato” è tra le possibili cause, secondo Stefano Fassina e Diego Fusaro, dello scatenamento della pandemia 


Roberto Speranza corre a farsi una foto ricordo allo Spallanzani, ed è l’unico momento in cui vediamo il ministro della Sanità entrare in scena. Michele Anzaldi vorrebbe le tre ricercatrici a Sanremo (sarebbero in cinque, ma gli altri due purtroppo sono uomini), non si capisce se in quota “fiducia nella scienza”, “orgoglio italiano” o monologo di Rula Jebreal, parte seconda. A Sanremo in quota “epidemia” ci sono già le mascherine di Myss Keta e Junior Cally, la prima dice di indossarla in omaggio al teatro greco (bah), l’altro pare sia affetto da una patologia molto rara diagnosticatagli da bambino. Le ricercatrici comunque rifiutano in modo impeccabile: “Privare il laboratorio di tre persone sarebbe davvero impossibile. Ci siamo rese conto che mancare anche un solo giorno è complicato. Inoltre, sembrerebbe poco rispettoso rispetto agli altri colleghi, perché il risultato raggiunto con l’isolamento del virus è stato ottenuto da un’intera squadra”, insomma anche con un pizzico di patriarcato. “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune” (“Promessi sposi”, capitolo XXXII), però ogni tanto fa capolino qui e là anche in mezzo alla peste.