Masterchef ai tempi del coronavirus
Aspettando la finale del talent di cucina ecco il decalogo per sopravvivere a un’altra settimana di quarantena
Forse non ci avete fatto caso, ma stiamo vivendo le settimane d’oro della cultura italiana. Per gli speculatori dell’enogastronomia, rischia quasi che telefonando all’Osteria Francescana di Modena si trovi un posto entro agosto. Se siete amanti dell’arte, è il vostro momento: autoscatto panoramico davanti al Cenacolo di Leonardo senza nemmeno un selfie stick nell’inquadratura. Non si leggevano tante citazioni del Manzoni dai tempi del sussidiario di terza media: la prossima generazione di neonati sarà tutto un fiorire di Renzi (nella top ten del moderno genitore democristiano) e di Lucie. Certo, ora ci vorranno solo altri dieci anni per rimuovere di nuovo il trauma esistenziale provocato dalla madre di Cecilia, grazie Facebook. Nel frattempo, gruppi di fuoricorso della Federico II hanno organizzato un couchsurfing a Ravello per condividere racconti brevi a tema erotico, con protagonisti Amadeus e Sgarbi, con sottofondo di Achille Lauro (voci insistenti dicono che Netflix acquisterà i diritti). Così procede questa pandemia da panico collettivo, invocando porte chiuse e porti aperti, mentre gruppi di cinesi attaccano per strada gli anziani lombardo veneti. Cosa ci salverà? Probabilmente le penne lisce.
Ecco allora il decalogo per sopravvivere a un’altra settimana di quarantena. Consiglio bonus: maratona di Masterchef, per recuperare i momenti migliori del programma, in attesa della finalissima di giovedì prossimo.
Marisa - prescrizione: lavarsi spesso le mani
L’infermiera della porta accanto si è conquistata un posto in finale. Abbastanza meritato - va detto - visto che è riuscita a tirare fuori un piatto con ventisei consistenze diverse partendo da un unico pomodoro. Certo, nulla che un qualsiasi fuorisede salernitano non sarebbe in grado di fare con mezza cipolla e tre stuzzicadenti spuntati. Comunque cucina e dramma vanno di pari passo, in un delizioso crescendo. E proprio su questo palcoscenico, Marisa ci sta regalando degli altissimi momenti di Ponziopilataggine che non si vedevano dalla conferenza stampa di Morgan dopo Sanremo. In effetti, da poco. È eccezionale perché riesce a infilare le sequele dei commenti peggiori del mondo e nessuno pare rendersene conto. “Fa schifo, è un demente pieno di boria” - “Guarda che carina, ha detto che mi sono guadagnato la vittoria”. O sono diventati tutti sordi, o il pesce di Babele si è messo a tradurre in complimenti. In compenso, quando Maria Nemico Pubblico Teresa ripete le stesse cose, tutti invocano l’ordalia. Marisa intanto è scomparsa. Doveva cercare Marco Pisellonio.
Chef Yannick Alléno - prescrizione: tossire nel gomito (vampire cough)
Una volta lo Chef Alléno ha fatto una sfida di sguardi con Severus Piton. Tutti sanno che dopo Piton è morto. Un caso? Una coincidenza? Io non credo. L’istituzione francese - gli hanno intitolato una costellazione Michelin - ha ospitato nella sua cucina l’ultima esterna, consentendo ai concorrenti di lavorare a piatti dalle lavorazioni impossibili e straordinarie (“non è cucina, è teatro”), seguiti da personale di altissimo livello. Bonus point: la valutazione di Alléno, che ha seguito da vicino tutti gli aspiranti chef, studiandone la manualità e la precisione. Con apparizioni improvvise e silenziose, avvolto in una nuvola di zolfo. Alla fine ha vinto Davide, premiato per l’ottimo lavoro con gli antipasti. In realtà non è vero. È che nessuno l’ha mai visto sbattere le palpebre.
Davide - prescrizione: evitare baci e abbracci
Uno dei momenti più emozionanti di Masterchef è la puntata con i parenti, in cui i concorrenti devono cucinare un piatto scelto da un loro caro che arriva a sorpresa. Maria, fai entrare l’ospite segreto e tutti immediatamente diventiamo un gigantesco cortile rionale. Gli autori lo sanno e giocano con la nostra italianissima fragilità di figli di Pitagora e nipoti di Novella 2000. Questa edizione ha visto una coppia in particolare rubare la scena a tutti gli altri: Davide e la moglie, che evidentemente si sono mancati moltissimo, visto che in tempo zero hanno iniziamo a limonare nemmeno fosse partita la colonna sonora de Il tempo delle mele. Tutto molto dolce, per i primi venticinque minuti. Poi persino i giudici hanno iniziato a mostrare un lieve malessere. L’esperienza, tuttavia, insegna che non sempre il tifo di chi amiamo si trasforma nella giusta carica. A volte la presenza fisica può diventare una distrazione, e infatti alla fine il risotto al taleggio di Davide è più scialbo del mai abbastanza compianto hamburger di Mylenis. Gli occhi a cuoricino questa volta non hanno pagato, ma pare li chiameranno per una riedizione della scena di Neverending Story in Stranger Things. Attacca tu, no attacca tu.
Antonio - prescrizione: monitorare la temperatura corporea
Altro quotatissimo vincitore, l’ex mago degli antipasti è ormai diventato anche l’imperatore dei dessert. Ne ha dato un’eccellente dimostrazione nella cucina di Alléno, ma non solo. Nell’ultimo skill test gli è toccato preparare un piatto partendo da un ingrediente assai poco versatile, che, tuttavia, gli ha aperto le porte della finale. Questa l’origine de “il mio mango”, che ha avuto tanto successo da possedere un hashtag tutto suo e tra un po’ anche un fondo per l’università. Si, perché Antonio è uno di noi e trova ispirazione nelle cose belle della vita. Soprattutto quando hanno gli occhi neri e quel sapor mediorientale, una laurea a Princeton e parlano sette lingue. La sua reazione all’apparizione dello Chef Jeremy Chan è esattamente quella di quando nella stanza entra un bono incredibile e tutti perdono il controllo delle proprie espressioni facciali. Termometro anyone?
Maria Teresa - prescrizione: evitare le discriminazioni
La resilienza dell’erba grama dovrebbe essere fonte di orgoglio nazionale. MT è senza dubbio la concorrente più chiacchierata e interessante di questa edizione: schietta, trasparente, determinata, tagliente (e spesso tagliata). È assolutamente democratica nei suoi modi: tratta tutti come avversari dal primo giorno. È la rivincita di tutti coloro che sono stati cresciuti da genitori severi ed esigenti, con un bagaglio emotivo da camion dei traslochi. Un trauma da ricerca di approvazione grosso quanto una casa e un costante senso di rivalsa sono il micidiale carburante della sua rabbia agonistica. È il sogno di fantozziana eredità del corporate più spinto: piuttosto di non portare a termine un piatto, si ustionerebbe l’esistenza, amputandosi da sola braccia e gambe e arrivando al traguardo trascinandosi con i denti. Praticamente Terminator. Il tutto, per una furente necessità di auto affermazione. E allora vinci, MT. Ma se non vincessi, fai pace con te stessa e vogliti un po’ di bene. Chissenefrega del malocchio, del karma, di tutto Twitter che non ti capisce. Ha ragione Cannavacciuolo, i figli andrebbero abbracciati spesso. Ma a un certo punto bisogna imparare ad abbracciarsi da soli.
Politicamente corretto e panettone