Coppie che scoppiano
Proposte per allenarsi davanti allo schermo per quando sarà il tempo di affidarsi a terapeuti e avvocati
Se non è ancora successo, succederà. Le coppie litigano, la vita in cattività aumenta le occasioni. Alexandre Dumas – il figlio, che con “La signora delle camelie” suggerì a Giuseppe Verdi “La traviata” – aveva un suo punto di vista sulla questione: “Le catene del matrimonio sono così pesanti che a volte per portarle bisogna essere in tre”. Se è così, con la quarantena viene meno anche la stampella dell’amante – a meno che non siate adepti del sesso telematico, virtuosi dell’autocertificazione, o abbiate un amante nel raggio di duecento metri. La circostanza ricorda un tale che, accusato di aver preso come amante la migliore amica della moglie, si giustificò adducendo una ristretta cerchia di conoscenze femminili.
Ne godranno gli avvocati e i terapeuti della coppia (non necessariamente in quest’ordine), professionisti da sbloccare subito quando comincerà la fase 2.
Per fare un po’ di allenamento – e dando per scontato che abbiate già visto su Netflix il magnifico “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach, che sfoggia i peggiori azzeccagarbugli mai visti al cinema, la più assetata di sangue è Laura Dern – c’è “Lo stato dell’unione”.
L’ha scritta Nick Hornby, l’ha diretta Stephen Frears, con due bravi attori e niente altro, a parte la sceneggiatura. Anche la durata è minima, poco più di un’ora e mezza per dieci episodi (abbiamo sofferto film assai più lunghi, e con meno cose da dire). La serie “In Treatment” raccontava le sedute dei pazienti dallo psicoanalista Gabriel Byrne. Qui siamo nell’anticamera dell’anticamera, prima che terapia di coppia abbia inizio. La moglie è Rosamund Pike (era la bionda fuggitiva in “Gone Girl-L’amore bugiardo” di David Fincher, Google Play e YouTube lo mettono a 3 euro e 99, gli abbonamenti che paghiamo quando serve latitano). Il marito è Chris O’Dowd, non proprio una faccia che si fissa in mente. I rapporti di forza partono sbilanciati, basta un’occhiata.
Lei fa la gerontologa, porta i soldi a casa, cucina e sbriga tutte le faccende noiose. Lui sta a casa e scrive di musica, nella tradizione dei maschi raccontati da Nick Hornby, sempre impigliati in un’età adolescenziale (su laF, canale 135 di Sky, il 12 e 13 aprile, vedere gli altri che litigano placa, o a pagamento su Chili, o su Sky Go, e da Guanda c’è il libro). Sposati da 15 anni, si danno appuntamento in un pub dieci minuti prima della terapia: ed è lì che il bravo sceneggiatore li inchioda. Scene e costumi inesistenti, al massimo attraversano la strada.
Birra per lui e vino bianco per lei, discutono di corna (lei, quattro volte con un certo Matthew, solo perché lui non si dava abbastanza da fare). Spiano la coppia che esce dallo studio della terapeuta prima di loro, ora menandosi ora in lacrime, e per una volta si trovano d’accordo: “Noi siamo meglio”. Però poi gli altri due si baciano, e a lei qualche dubbio viene. A lui no. Strada facendo, scopriamo che ha votato Brexit, per dispetto e niente più. Gli amici della moglie erano tutti contro, gli andava di fare il bastian contrario. Lei ci soffre molto più che per un’amante segreta.
Politicamente corretto e panettone