Si sa, le recensioni in Italia non si possono fare perché ci conosciamo tutti. Ma questa non è una marchetta, piuttosto una seduta di autoanalisi collettiva. Siam qui per parlare dell’ultimo libro di Claudio Giunta, “Le alternative non esistono. La vita e le opere di Tommaso Labranca” (Il Mulino). Scomparso nel 2016, a 54 anni, Labranca è stato scrittore, autore televisivo, intellettuale “irregolare” e “controcorrente” (termini che avrebbe odiato, ci torniamo più avanti), tanto celebrato in morte, quanto ignorato in vita. Qualche titolo? “Andy Warhol era un coatto”, “Estasi del pecoreccio”, “Chaltron Hescon”. E poi una marea di progetti artistici, collaborazioni spesso “marginali”, saggi, articoli, fanzine, programmi, biografie di Renato Zero, Orietta Berti, Taricone, Michael Jackson, una prodigiosa “teoria del Trash”, e la pretesa di trasformare una vita passata a Pantigliate, hinterland milanese, in un osservatorio privilegiato per raccontare ciò che accaduto nel costume, negli stili di vita e nei consumi culturali in Italia, dagli anni Ottanta a oggi.
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