Solo qualche giorno fa, in relazione al dcpm che ha richiuso teatri e cinema, il ministro della Cultura Dario Franceschini ha rilanciato la sua idea di fondare una “Netflix della Cultura”, una piattaforma digitale in cui mettere a disposizione – gratis, a pagamento o in abbonamento si vedrà – tutto ciò che di arte e cultura si produce nel nostro paese. Gli è stato obiettato, anche dal Foglio, che a ben guardare una piattaforma simile esisterebbe già, a volerla utilizzare, e sono i canali tematici digitali della Rai – un’azienda che costa ai contribuenti quasi due miliardi di euro all’anno e per la quale si paga il canone. Il ministero della Cultura non decide della Rai, che è una partecipata al 99,56 per cento del ministero dell’Economia. Ma sarebbe interessante sapere cosa ne pensi Franceschini dell’ipotesi anti culturale su cui la Rai sta lavorando, per scelta dell’ad Fabrizio Salini: chiudere il canale di Rai Storia, unificandolo con Rai 5, la rete “cultura”. Cioè dimezzando di netto l’offerta culturale (dopo averci provato anche con l’ottimo Rai Movie) e spegnendo uno dei pochi canali che permettono alla Rai di usufruire della foglia di fico del “servizio pubblico”.
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