Ci rubano la Carrà

Serena Magro

Amazon Prime fa il suo mestiere e lancia il musical “Ballo ballo” in onore della nostra Raffaella. In attesa di ITsART

Non fai in tempo a tentare di rintuzzare una Netflix che fa la Netflix, pesca nel nostro passato recente e ce lo ripropone con successo sui nostri schermi, che subito ti spunta una Amazon Prime a fare l’Amazon Prime e sempre attingendo ai nostri pascoli culturali nazionali e razzolando nella nostra storia dello spettacolo che più nostra e italianissima non si può. Se il paragone non fosse un po’ abusato (lo usava sempre Giulio Tremonti per i guai finanziari e non andò a finire bene) sembra il caso del videogioco in cui ammazzi un mostro e ne spuntano altri in numero maggiore. A tenere il joystick, ma nel caso potrebbe essere anche un banale telecomando, immaginiamo Dario Franceschini. Il ministro della Cultura si attrezza contro tutto quell’abusivismo nelle nostre contrade creative e lancia ITsArt, appunto la Netflix italiana (con subito quell’accenno all’arte, per non lasciare dubbi: siamo gente preparata, mica bifolchi) con cui parare il doppio colpo inferto da Netflix, con “SanPa” e l’“Isola delle Rose”, ed ecco che Amazon si permette di mettere in campo nientemeno che Raffaella Carrà.

 

“Ballo ballo”, si chiama, con aderente filologia carraiana, il musical in uscita il 25 gennaio, data scelta forse con attenzione mentre comincerà a sentirsi già profumo di Sanremo. Il regista è Nacho Alvarez, uruguaiano da sempre devoto alla nostra Raffaella, ma ovviamente ben conscio della forza di un prodotto del genere su mercati come quello latinoamericano e spagnolo. Punta alto, giustamente, e già evoca successi paragonabili a “Mamma mia” (quando a essere saccheggiata fu la scena culturale pop svedese assieme a interi decenni di eurotrash), e, a occhio, ha tutte le carte per realizzare i suoi sogni, probabilmente anche quello di un’affermazione di lunga durata e piena di derivazioni, di spin off tutti redditizi, come è stato, appunto, per il musical di ispirazione Abba. “Io son qui, con un pizzico di nostalgia, che magia, e mi sento ancora a casa mia”, è lo stesso incipit del pezzo che dà il titolo al film Amazon a suonare come una beffarda irrisione o una specie di nostalgico ma disincantato coro del “Nabucco” (così diamo qualche informazione per farci rubacchiare anche Giuseppe Verdi, magari insieme a Paolo Conte, per la produzione di “Il maestro è nell’anima”).

 

Ascoltandolo e ballandolo, come Alvarez ci invita tutti a fare senza reticenze e senza timidezze, quelle prime parole passeranno magari non troppo avvertite per molti, per tutti quelli che aspettano solo “pazza pazza pazza su una terrazza”, ma suoneranno come una triste campana per i nostri dirigenti di ITsArt e, chissà, faranno partire nervose telefonate ministeriali. Magari in direzione non solo della nascente Netflix italiana ma anche verso quella che era la casa di Raffaella Carrà, la sua Alma Mater, il suo grembo artistico, quella Rai che crea, fa sviluppare talenti, li lancia e poi se li vede scippare proprio mentre le trombe del ministero suonano la riscossa. “Ballo, ballo, ballo, nel mio castello”: Gianni Boncompagni aveva avvisato tutti nel suo testo geniale e ci aveva spiegato che occorreva attrezzarsi, starsene ben chiusi nelle mura del castello, e che i predoni (“cosa c’è, cosa c’è, cosa c’è”) erano alla porta. Era tutto chiaro, e nel caso ecco un bridge, “aaah, sensazione magica, aaah voglia di restare qui, aaah voglia di ballar con te”, un passaggio tra strofa e ritornello, a ricordarci, con struggente ritardo, la gloria che avrebbe potuto spettare alla Netflix italiana e che invece è ormai fuggita verso Los Gatos, California, dove chissà se sanno cos’è una terrazza.

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