Finisce il GF e inizia Sanremo, Whatever It Takes
Per fortuna c’è il Festival a salvare le trasmissioni televisive orfane della presenza governativa
Per fortuna c’è Sanremo: a salvare le trasmissioni televisive orfane della presenza governativa. Come in una grande Sanpa, siamo passati infatti dalle dosi pesanti all’astinenza totale, nel Paese che da sempre, avendo puntato tutto sugli antidivi ma non avendo i divi, si è basato su Palazzo Chigi come cuore del suo show business.
Dal governo da prime time coi gamboni divaricati di Casalino, ciuffo di Conte in diretta e differita, cortei a Ciampino, e geolocalizzazioni in teatri di guerra, si è passati a un nulla comunicativo come neanche in Islanda o Norvegia. Pure l’ultimo big character è stato eliminato, addio Arcuri (e addio dunque alle conferenze in stile Sopranos).
Il nuovo corso sobrio penalizza soprattutto i talk, che annaspano. Il mestiere più ingrato d’Italia oggi è chiaramente il reclutatore di ospiti televisivi. Si stanno reinventando e adattando. Resistono virologi di ogni specie, bisognerà capire se i militari si presteranno (“Vogliamo i colonnelli”, 1973, Mario Monicelli) dopo la nomina del plurimedagliato generale vaccinatore. Nel mentre, funziona sempre bene anche la questione araba, cioè il discorso contro Renzi a reti unificate: e il solito marziano che atterrasse oggi in Italia lo crederebbe certamente almeno ministro se non premier , in uno sfasamento temporale interessante.
Per fortuna arriva Sanremo. Perché intanto anche il Grande Fratello Vip è finito, ieri sera, nell’edizione monstre e concentrazionaria: 169 giorni, record storico battuto solo dal sequestro dei diplomatici americani a Teheran nel 1979. I “vipponi” erano entrati a settembre col Conte II: dunque con premier di Volturara Appula, Padre Pio, calci sudati a pallone, punto di riferimento fortissimo ecc. Ne escono con Draghi, il governo europeista e presentabile, il governo silenzioso. La borghesia del Nord.
L’ultima puntata è sembrata uno scontro tra queste due Italie: rappresentate al GF da due esemplari di maschio italiano simmetrici. Pierpaolo Pretelli, nato a Maratea, modello e attore già studente di giurisprudenza a Roma; glorioso figlio del Sud, chiave di violino tatuata sul collo, adorato da mamme e zie e pure papà in proprio; insomma un Giuseppe Conte versione appena più millennial.
Dall’altra parte quello che sarà poi il vincitore, Tommaso Zorzi, influencer, gay, Porta Venezia, figlio della Milano arrembante. Padre manager, mamma in carriera, studi a Londra. Sensibile ma stratega. La borghesia del Nord.
Tra i due dunque sfida all’ultimo voto in una serata che ha cercato di tenere tutto insieme: molti bambini e cagnetti a umanizzare in ultimo genitori e figli e proprietari, in una specie di inno all’amore universale e fluido nel paese dei Navigator, un’Italia 2021 insieme arcaica e postmoderna, con Malgioglio in paillettes, ma anche una mucca in carne ed ossa, tipo performance di Kounellis o di Ronconi (anni '70).
E dei “Ti amo! Ti amo”, detti da mamme a figli e viceversa; grandi baci sulla bocca anche un po’ esagerati del Pretelli al suo bebè un po’ perplesso; e chihuahua di Stefania Orlando stretto forte al petto: “siamo una famiglia”. Per Zorzi la sorella e la mamma, “le donne della mia vita”, belle, sobrie, milanesi, molto ministrabili, peccato che i sottosegretari son già stati fatti. In mezzo a questo scontro di civiltà, mentre i due millennial identitari vanno al televoto fatale, Signorini viene rincorso dalla mucca, e alla fine chiude ribadendo che “la vita è bella”, e ringraziando tutte le trasmissioni che “hanno parlato di noi”, saltando solo la D’Urso, ormai in piena damnatio memoriae.
Il voto popolare premia, giusto o sbagliato, proprio Zorzi, dunque ecco vincere l’area C, porta Venezia rainbow, il nord produttivo ma covidizzato. Pupo in versione opinionista sottolinea come lo Zorzi sia “trasgressivo”, perché essere gay vuol dire essere trasgressivi, naturalmente: mentre è uno dei pochi che dentro la casa non ha combinato niente. Fortunato al gioco, sfortunato in amore: infatti il suo prescelto Francesco Oppini vuole essergli solo amico.
Pure l’altro amore gay dentro la casa va malissimo, quello tra la semifinalista Dayane e Rosalinda già Adua: non era che “una bellissima favola” (aridaje, il karma della fidanzatina di Zagarolo non perdona). Insomma, la morale italiana è sempre quella, a Milano si lavora e si guadagna, però per la vita vera, il cibo il sole l'amore venite al Sud.
Dove forse tornerà il Pretelli; dalla mamma di suo figlio, bellissima anche lei, con cui mantiene “un bellissimo rapporto”. Zorzi tornerà invece alla Milano zona arancione, normale o rinforzata, ai suoi followers, al grande capitale. Non si può avere tutto. Sul finale, a palla, forse voluta o forse no, ma sembra impossibile, parte “Whatever it takes” degli Imagine Dragons. Risuona come un appello: Draghi, venga, siamo brava gente anche noi della tv. Ma niente. Adesso, per fortuna, comincia Sanremo.
Politicamente corretto e panettone