Rai in scadenza
Cda in scioglimento. Allarme rosso per gli ascolti, dati in negativo malgrado Sanremo
Raccontano che, quando i report con i dati riservati sugli ascolti sono arrivati sulle scrivanie del settimo piano, Fabrizio Salini abbia avuto un travaso di bile. E che abbia convocato subito i direttori di rete, Stefano Coletta (Raiuno) e Ludovico Di Mao (Raidue). Perché quei segni meno, soprattutto nelle fasce di maggiore ascolto, proprio non si possono vedere. Il periodo è quello che va dal 10 gennaio al 14 marzo, uno dei più fecondi dal punto di vista pubblicitario: Sanremo. Che però, come si è visto, quest’anno non ha dato i risultati sperati. Ma nel periodo è tutta Raiuno a soffrire. Secondo i dati dell’azienda, nel prime time la rete ammiraglia perde l’1,3 di share rispetto allo stesso periodo del 2020. Ma il calo si registra anche in seconda serata, con un -1,7. E pure nel day time siamo in negativo: -1,2.
Se Atene piange, Sparta-Raidue non ride. Il secondo canale registra un -1,1 nel prime time, un -0,5 nella seconda serata e un -0,6 nel day time, nella fascia che va dalle 14 a sera. Tiene invece al mattino, dalle 7 alle 14, con un -0,1, stesso risultato di Raiuno. L’unico a sorridere è Franco Di Mare a Raitre. Il terzo canale, infatti, in prima serata registra un +1,3, nella seconda un +0,8 e nel day time +0,7. Unico dato negativo è la perdita sulla programmazione del mattino, con un -0,2.
Risultati che, a parte Raitre, non sono un bel modo per chiudere il mandato da parte dell’attuale vertice, che scadrà all’approvazione del bilancio, entro il 30 aprile. Anche perché parliamo pur sempre di un periodo eccezionale. In questa situazione mamma Rai avrebbe dovuto fare il botto e invece non è stato così. Se non è un fallimento, poco ci manca. A giustificare in parte questi dati è l’exploit delle piattaforme che, con la pandemia, negli ultimi 12 mesi hanno ampliato molto il loro pubblico, sottraendo spettatori alle reti generaliste, specialmente nella fascia di età dai 20 ai 50, la più ghiotta per il mercato pubblicitario. All’ascesa delle piattaforme, la tv pubblica ha risposto con RaiPlay, intuizione di Antonio Campo Dall’Orto che Salini ha sviluppato: la tv on demand diretta da Elena Capparelli ha migliorato la sua fruibilità, anche se sconta il basso appeal dei contenuti Rai nella fascia 15-40, il target preferito da Netflix.
Nel frattempo impazza il totonomi per la successione. Con annessa polemica. In Parlamento, nonostante le sollecitazioni ai presidenti di Camera e Senato da parte della Vigilanza, è ancora tutto fermo. Anzaldi (Iv), Fedeli (Pd) e Capitanio (Lega) hanno addirittura chiesto di convocare Fico e Casellati in commissione, scatenando l’opposizione di Primo Di Nicola (M5S). L’iter per eleggere i quattro membri del Cda di nomina parlamentare prenderà il via forse a fine marzo, quando il Cda Rai approverà il nuovo regolamento per l’elezione del consigliere dei dipendenti. Poi toccherà al Tesoro, cioè al governo, indicare ad e presidente, con quest’ultimo che dovrà passare il vaglio della Vigilanza. Secondo Pd, Iv e Lega, i Cinque Stelle stanno facendo melina così da arrivare lunghi e consentire all’attuale governance di decidere i prossimi palinsesti.
Sul totonomi, le ultime voci danno Tinny Andreatta desiderosa di tornare a Viale Mazzini come ad (ed Enrico Letta ne sarebbe lieto). Alternativa esterna è un altro ex Rai come Carlo Nardello, che Luigi Gubitosi si è portato in Tim, oppure l’ad di Open Fiber Elisabetta Ripa. Tra gli interni, in pole c’è Paolo Del Brocco (RaiCinema). Mentre per la presidenza rispunta Ferruccio De Bortoli. E magari questa potrebbe essere la volta buona.
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