Tommaso Zorzi sta salvando l'Isola dei famosi e il palinsesto di Canale 5
I litigi tra Gilles Rocca e Daniela Martani. La sfida impari tra una donna vegana emarginata e in lacrime, e un uomo muscoloso, etero, tossico. La televisione è fatta di immagini e lui era già colpevole
Come si dice virtue signalling in italiano? Quella tendenza a mostrarsi pubblicamente a favore di una buona causa, magari condannando chi la pensa diversamente da te al fine di promuovere se stessi. Lo fanno i politici, le celebrity, gli ospiti in tv: per i voti, per i follower, per gli ascolti. È il motivo per cui ogni due minuti si ripete: “Sono dalla parte delle donne” o “L’amore è amore”, passando per Simone de Beauvoir o Harvey Milk. Ieri Gilles Rocca, per difendersi dall’accusa d’essere verbalmente aggressivo, ha elencato tutto ciò che combatte, dal razzismo all’omofobia, concludendo con le vene gonfie: “Ho fatto cortometraggi sul femminicidio!”. Mancava: “So tutto sulla sofferenza in Africa!”
Ha minacciato di lasciare il gioco. Esagerato? Guardate che la reputazione è una cosa seria. Cosa rispondi a Daniela Martani che, col talento supremo di far saltare i nervi, gli ha detto che il suo tono la feriva perché ha vissuto situazioni analoghe in famiglia, e giù a piangere? A quel punto da una parte avevi una donna vegana emarginata in lacrime, dall’altra un uomo muscoloso, etero, tossico. La televisione è fatta di immagini e lui era già colpevole: ci siamo tutti chiesti se stava gridando perché senza più pazienza né carboidrati o perché in realtà è Christian Bale in American Psycho. Come li chiudi i contratti per vendere aspirapolveri su Instagram se passi da mostro? A difenderlo è intervenuto Tommaso Zorzi, l’influencer venticinquenne che sta salvando il palinsesto di Canale 5, dicendo una cosa giusta ma cedendo al dogma dell’esperienza: “Basta dire che ogni cosa è bullismo, Io lo so perché l’ho vissuto”.
Forse Zorzi si riferiva alla sua ospitata al Maurizio Costanzo Show di un paio di sere fa. Quando i ventenni che non guardano la televisione si sono visti la scena tagliata su Twitter, quella in cui Zorzi rideva, applaudiva, dava del tu alla nuova amica del cuore Giorgia Meloni e le chiedeva cosa ne pensasse lei della proposta di voto ai sedicenni, in molti si sono sentiti traditi e hanno iniziato a insultarlo, a scrivere che lo investirebbero varie volte in auto, a augurarsi che crepi (qui da capire se l’aggravante Zorzi conta più o meno dell’aggravante omofobica). Come può non aver chiesto conto a Meloni delle sue gravi posizioni omofobe? Che paladino dei diritti è? Il pubblico voleva Tina Cipollari contro Gemma Galgani. È stato invece un deludente Mahmood incontra Salvini. Sorrisi, applausi.
Zorzi sostiene la legge Zan, lo ha scritto a commento di quel bel discorso al GF contro chi, in passato, per offenderlo non trovava di meglio che chiamarlo frocio: “Io non sono le persone con le quali vado a letto: io sono Tommaso Zorzi”, e allora perché non ha detto niente a Meloni? Perché non ha sfruttato l’occasione d’essere il portavoce di una comunità in modo ruffiano e canalecinquesco? Per educazione e rispetto, dice lui: “Forse stavate guardando il programma sbagliato se volevate vedere il pollaio”, ha risposto a chi avrebbe voluto vederlo lottare come Vladimir Luxuria contro Daniela Santanchè, o come Vittorio Sgarbi e Aldo Busi contro un po’ tutti. In tv si litiga, soprattutto al Costanzo Show. Forse è stato mal consigliato. O forse la risposta a questa polemica l’aveva già nella bio su Twitter: “Ao’ so tenace, ma mica so cojone”.
O più probabilmente è che la frase virtuosa se l’era già accaparrata Costanzo: “Bisogna fare qualcosa sulla legge contro l’omofobia. Io mi vergogno. Non ce la faccio più a sentire ogni giorno che una donna viene uccisa o un ragazzo omosessuale viene preso a calci e pugni”. Meloni, col tono dell’infermiera, gli aveva scandito all’orecchio che la violenza e la discriminazione nel nostro ordinamento sono già punite. Proseguendo in un discorso esemplare, perché liberale e razionale, sul fatto che il legislatore non legifera mai sul caso specifico e in base all’empatia, ma stabilisce un principio che vale per tutti, universale. “È importante fare delle norme che non ci portino a dire cose stupide”. Tipo, aggiungo, dire che grazie alla passione punitiva, per usare un’espressione di Didier Fassin, cancelli la violenza dalle strade, dalle famiglie, dalla vita. Siamo sicuri che inasprire le pene per tutelare alcune categorie particolari sia l’unico modo per metterle al riparo? Chi si fotografa piangendo a ogni frocio ricevuto ti dirà di sì.
Alfonso Signorini nel suo ultimo editoriale circa l’aggressione omofoba nella metropolitana di Roma ha scritto che: “Le occasioni per difendere la libertà vanno colte al volo”. Così ci si divide tra chi legge questa frase come un invito a non tacere, a esporsi di più e ovunque per difendere i diritti di donne, di omosessuali, di immigrati, soppesando una gerarchia di discriminazioni particolari (aumentando il proprio consenso); e chi quella libertà la intende in senso totale, e cioè come la possibilità di rifiutarsi di impersonare il ruolo della badessa della sofferenza (fateci caso, chi è frocio da cinque minuti si sente sempre il più militante), perché essere virtuosi non è un obbligo. È una possibilità.
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