Ecco i candidati al cda Rai, ma l'ad tocca a Draghi. Il caso Minoli
Sono diverse le ipotesi per i ruoli di amministratore delegato e presidente, dove il premier vorrebbe rispettivamente un manager e una figura tra la cultura e il giornalismo
Si è candidato anche Pinuccio, l’inviato di Striscia la notizia specializzato nei servizi sugli sprechi Rai. Parliamo del prossimo Cda della tv pubblica, di cui quattro consiglieri sono eletti dal Parlamento, due alla Camera e due al Senato. Sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, tra i curricula in arrivo (si chiude il 30 aprile), è giunto dunque quello dell’inviato di Striscia. Guardando ai papabili, però, al momento gli unici sono i consiglieri uscenti Igor De Biasio e Giampaolo Rossi, sostenuti da Lega e Fratelli d’Italia. Il Pd punterà ancora su una donna, ma non l’attuale Rita Borioni che, dopo due mandati, non si può ricandidare. Si ripresenta, invece, Riccardo Laganà, consigliere eletto dai dipendenti. Ma sul consigliere interno si registra una novità, ovvero una doppia proposta del segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, avanzata con una lettera al Foglio: un appello rivolto all’interno dell’azienda, per arrivare a una candidatura unitaria (a differenza del 2018 quando ogni sindacato portò il suo), e uno all’esterno, con la richiesta a partiti e governo di “accettare la sfida di votare come presidente il consigliere eletto dai dipendenti”. Possibile? Vedremo, ma è difficile che la politica lasci la seconda poltrona più ambita di Viale Mazzini.
Per ad e presidente, del resto, i giochi iniziano a scaldarsi. Al momento, secondo i sussurri, si ragiona su tre schemi. Il primo vede nel ruolo di ad Eleonora Andreatta di rientro da Netflix (ok di Mario Draghi ed Enrico Letta), con Ferruccio De Bortoli presidente (molto stimato dal premier). Un secondo schema vedrebbe ad Monica Maggioni (in ottimi rapporti col sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli), mentre la presidenza andrebbe all’economista Alberto Quadrio Curzio (ok di Draghi). Infine terzo quadro: Fabio Vaccarono (Google Italia) e Andrea Castellari (ex Viacom) come ad. Un passo indietro Carlo Nardello di Tim. E presidente una donna, Paola Severini Melograni.
Per ora Draghi segue a distanza: sul pezzo ci sono Garofoli e Antonio Funiciello a Palazzo Chigi, il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera, più gli “uomini Rai” dei partiti, tra cui si segnala l’attivismo di Giancarlo Giorgetti. Ieri però a Viale Mazzini è stato avvistato il leghista Alessandro Morelli. “A che titolo è stato ricevuto e da chi?”, si chiede Michele Anzaldi. Al momento topico, però, sarà l’ex presidente della Bce a decidere: a guida dell’azienda Draghi vuole un manager, con una figura tra la cultura e il giornalismo alla presidenza.
Nel frattempo, in attesa dei prossimi Cda (23 e 29 aprile) dove sarà approvato il bilancio, Salini è alle prese con un paio di questioni non da poco. In primis, il caso dei diritti de La storia siamo noi dal 2010 al 2013, regalati da Mauro Masi a Giovanni Minoli e che ora il giornalista (che si è anche candidato al Cda) vorrebbe rivendere alla tv pubblica. Un patrimonio stimato tra i 27 e i 35 milioni. Peccato però che, secondo alcuni, si tratterebbe di una bufala, perché i filmati di archivio usati nel programma stanno già nelle teche Rai. Quel che Viale Mazzini perderebbe è solo la “costruzione” del programma e le interviste realizzate ex novo da Minoli. Insomma, “qui si vuole rivendere al Comune di Roma la Fontana di Trevi”, sussurra un dirigente. Minoli, intanto, per mettere pressione, mercoledì mattina si è fatto vedere al roof dell’Hotel De Russie parlottare con Urbano Cairo (pare interessato). Poi i diritti sportivi sui mondiali di calcio 2022, che Viale Mazzini ha strapagato 180 milioni, contro i 110 offerti da Mediaset. La Rai dice che la cifra è più bassa senza però dire quanto, cosa di per sé antipatica visto che si tratta di denaro dei contribuenti. Magari sarà una domanda da porre alla prossima Vigilanza.