Foto Mario Cartelli/LaPresse

Intervista al conduttore di “Zona Bianca”

Un'altra Rete 4 è possibile, ecco Giuseppe Brindisi: “Io i No vax li smonto”

Salvatore Merlo

Conciliare le esigenze di spettacolo con quelle della corretta informazione: "È la sfida più difficile. Ma dopo una pandemia globale e le bufale che si continuano a sentire, come si può essere neutrali? E per cosa, poi? Mezzo punto di share in più?"

Mario Giordano urla, saltella, balla, corre e spacca le zucche con la mazza da baseball in studio, lui invece, sulla stessa rete  – Rete4 – è quel signore alto e brizzolato, dritto e cortese, a tratti un po’ rigido e mai sopra le righe, che quando gli altri urlano abbassa la voce ancora di più. E’ il conduttore tachipirina, spegne la febbre. “Sono persino brachiocardico”, racconta allora, ridendo, Giuseppe Brindisi, che è il padrone di casa a “Zona Bianca”, ma che forse soprattutto in realtà è la mosca bianca del canale televisivo in cui il talk-show ha persino più che altrove il metabolismo accelerato, la sparata fuori controllo, la scena splatter come conquista ultima. “Ammetto d’invitare anche io qualche bislacco in trasmissione, perché serve alla sceneggiatura, d’altra parte non puoi fare un talk-show in cui tutti sono d’accordo. Ma io i bislacchi li contraddico personalmente, e di questi tempi non fingo neutralità tra vaccinisti e antiviccinisti. Non si tratta di posizioni alla pari”.

 

E infatti l’altra sera forse per la prima volta, finendo così pure nella collezione dei video virali di internet, il conduttore posato e brachiocardico (“Siria Magri, che il grande capo delle news, mi fa bere la schifosissima Red Bull a garganella per tenermi su”) ha perso la pazienza e ha sorprendentemente alzato la voce contro Alessandro Meluzzi, ospite fisso delle reti Mediaset in quota mattocchi (a proposito, tornerà Meluzzi in trasmissione? “Certo che torna, credo sia anche sotto contratto”). E insomma Meluzzi, uno che non si sa mai se ci è o ci fa, spacciava via etere le qualità anti Covid non del vaccino ma dell’ivermectina, il noto antiparassitario per cavalli, e Brindisi, che aveva costruito l’intera trasmissione “per smontare le castronerie medievali”, si è spazientito. Assai. Così è finita come spesso, anzi quasi sempre, finisce in tv, ovvero con i decibel che superano il livello di guardia. “Il punto più alto di share di tutta la trasmissione: 7.40”, dice Brindisi.

Adesso ride, il conduttore tachipirina, mentre lo racconta, anche se in verità ha ricevuto via social insulti e minacce di ogni tipo “da questo strano mondo composto di gente che non vuole vaccinarsi ‘perché il siero è sperimentale’ ma poi vuole curarsi con l’Ivermectina e l’idrossiclorochina che sono pericolosissime per la salute”. Persino più pericolose del Covid.

Ma se è così, la domanda è inevitabile: come si possono conciliare le esigenze di spettacolo con quelle della corretta informazione? “È la cosa più complicata in assoluto, e non so nemmeno se ci riesco a trovare l’equilibrio. Ci provo”, risponde lui, che ha l’indubbio pregio della franchezza. “La sera devi fare i conti con la tua coscienza”, dice allora Brindisi, che ha il piglio più del giornalista che dell’intrattenitore. “Se sai che le cure domiciliari proposte da certi truffatori sono pericolose, se sai che quei medicinali ammazzano peggio del Covid come puoi essere neutrale? E per cosa, poi? Per mezzo punto di share in più? Poi devi poterti ancora guardare allo specchio”. E allora lui si informa, studia, e smonta “le minchiate atomiche che si sentono dire”.

Eppure Brindisi sulla sua rete è l’unico – ci pare – a non fingere neutralità, o addirittura a non farsi sostenitore delle pericolose cialtronate che circolano. Perché? “Paolo Del Debbio è abbastanza vicino al mio modo di vedere queste cose”, risponde lui. “Se mi chiedi perché altri fanno diversamente, francamente non lo so. Mediaset è polifonica, come dicono Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi. Ognuno ci sta dentro con la sua sensibilità. In maniera libera. E l’azienda, checché se ne dica, non dà indicazioni. Non pratica censure. L’altro giorno mi ha fatto molto piacere una telefonata di Confalonieri. Si complimentava. E non per quello che dico in trasmissione, ma per i risultati. Una valutazione manageriale. Questa è un’implicita conferma della ‘polifonia’ che citavo prima”.

 

E qui però Brindisi fa una pausa. Poi abbassa la voce di un tono: “… anche se penso che su green pass e vaccini ai piani alti condividano la mia posizione”. Ecco.

Ma è vero che Rete4 è la rete dei sovranisti? “Per storia personale io mi sento più vicino al centrodestra che al centrosinistra, anche se sono abbastanza laico. Per dire, a Roma voterò Carlo Calenda sindaco. Comunque sia: fare una trasmissione in cui non si dicono castronerie sul Covid non vuol dire essere di sinistra, ma cercare di fare bene il proprio mestiere. Se la vogliamo mettere in politica, nemmeno nella Lega è maggioritario lo scetticismo nei confronti del green pass. Anzi. Sono posizioni minoritarie. Questa polemica contro il green pass non la capiscono nemmeno gli elettori del centrodestra, fidatevi. La gente vuole tornare a vivere, e tutti abbiamo capito che per non precipitare in un nuovo lockdown servono i vaccini e il green pass. Il primo lockdown io l’ho passato separato dalla mia famiglia, bloccato a Milano. In albergo. Mentre loro erano a casa, a Roma. Per nove settimane.  Sentivo solo passare ambulanze e rider.  Le persone lo capiscono con il semplice buon senso: soltanto i vaccini e il green pass ci consentono il ritorno alla normalità”.

E la dittatura sanitaria? Le libertà personali dove le mettiamo? “Mi viene da sorridere quando sento parlare di libertà personali a rischio”, dice. E insomma Giuseppe Brindisi non è molto fuori dal coro. “Ma vallo a dire alle donne e ai bambini di Kabul che senti la tua libertà a rischio mentre parli in tv collegato dalla villa in Sardegna. Vediamo di essere seri. Siamo di fronte alla più grande emergenza planetaria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma di che state parlando? Ma quale complotto? Quale Grande Reset? Quali libertà a rischio? La libertà è a rischio se non ti vaccini”.

Eppure Carlo Freccero dice che c’è un progetto strategico delle élite mondiali per trasformare l’occidente in una specie di dittatura cinese, l’ha ripetuto l’altra sera proprio su Rete 4, da Barbara Palombelli. Che un po’ annuiva. Ora lui, con altri, promuove un referendum contro il green pass. “Referendum che arriverà a babbo morto, quando auspicabilmente il green pass non servirà più perché saremo tutti vaccinati e la scienza (non Vanna Marchi col mago Do Nascimento) avrà elaborato una pillola antivirale efficacie. Altro che zenzero, liquirizia, ivermectina e abluzioni d’acqua ghiacciata sull’inguine”.
Acqua ghiacciata sull’inguine? “E’ uno dei rimedi proposti da alcune di queste associazioni che fanno false cure domiciliari. Ti rivolgi a loro e ti dicono di comprare integratori, vitamine e di bagnarti l’inguine. L’abbiamo raccontato al Tg4. Roba da matti”.

Mi pare di averne sentito parlare anche nella trasmissione di Mario Giordano. In termine meno caustici, diciamo. A proposito: Confalonieri ha detto qui sul Foglio che Giordano ogni tanto deve fare “il cazzone”. Perché serve. Funziona. “Mario lo conosco da vent’anni. E’ stato mio direttore a Studio Aperto, al Tgcom, al Tg4… Chi conosce Mario sa che fino a qualche anno fa era la persona meno vogliosa di apparire in video al mondo. Amava stare dietro le quinte”. Non si direbbe. Di solito si spara la telecamera in faccia. Chiama il cameramen: “Donatooooo”. Poi saltella e corre urlando per tutto lo studio. Qualche volta canta, pure. “E’ brillantissimo”. Diciamo così. “E’ geniale, se ci pensi. Ha capito che poteva sfruttare tutte quelle caratteristiche che dagli stronzi venivano considerate dei difetti. La voce, la postura… E ha inventato un personaggio, che a me piace un sacco. Quando fa il cazzone, lui funziona. Non c’è niente da dire. Io, anche volendo provare a imitarlo non ci riuscirei”. Ecco, infatti, si fermi qui perché altrimenti dobbiamo cambiare il titolo di questa intervista.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.