Glória, qual è la storia vera dietro alla nuova serie Netflix su Portogallo e Guerra Fredda
Chi lo avrebbe mai detto? La risposta è semplice e c'entra con un piccolo paesino a nord est di Lisbona: una vicenda che finora anche molti portoghesi avevano ignorato
"Manda o amo ao moço, o moço ao gato, e o gato ao rabo". È un vecchio proverbio portoghese, ovviamente anonimo, come lo sono tutti i migliori. “Il padrone dà ordini al giovane, il giovane al gatto, il gatto alla coda”. Ed è un po’ la chiave per guardare a questa storia. È una lista di subordinazioni, una catena di rapporti, che indica come quando a volte non si capiscono a un primo sguardo i nessi causali, tra elementi così distinti, il collegamento più semplice da trovare può essere uno, e sono le gerarchie.
Perché una radio finanziata da fondi statunitensi, in piena Guerra fredda se ne sta nel bel mezzo di uno stato retto di fatto da una dittatura? Semplice, perché quando all’orizzonte si profila un obiettivo comune, anche i più improbabili giocatori indossano gli stessi colori, seppur con discrezione. Nel verde niente delle campagne a nord della foce del Tago, viene eretto un centro tecnologico sui terreni di una enorme fattoria quasi 200 ettari: l’Herdade de Nossa Senhora da Glória. È lo spazio più adatto: grande, pianeggiante – distante ma vicino alla capitale – con l’obiettivo preciso di trasmettere, attraverso onde corte, la propaganda occidentale ai paesi del “blocco orientale”.
Il nome del centro sarà un acronimo: Raret, che sta per Rádio retransmissão, letteralmente “radio di ritrasmissione”, il patto tacito è che per evitare sovversioni e inconvenienti, sarà solo un avamposto di propagazione di contenuti prodotti altrove, principalmente in lingue dell’Est Europa, come il bulgaro, il polacco, il ceco. Niente verrà registrato in loco, banditi i contenuti in lingua portoghese. Ma come ha inizio questa storia? Il 19 dicembre 1950, l’ambasciatore statunitense in Portogallo viene ricevuto a São Bento dal presidente del Consiglio António de Oliveira Salazar, il dittatore che morì due volte. Salazar in quel momento ha già trasformato Lisbona in un covo di spie. L’ambasciatore illustra in quell’occasione al capo del governo gli sforzi fatti dagli Stati Uniti nella lotta contro l’espansione del comunismo nel paese di Camões e nel resto d’Europa e lo invita a partecipare in maniera più attiva a questa battaglia.
Salazar ci pensa un po’, poi dà il suo benestare all’organizzazione dell’avamposto di Radio free Europe (Rfe), il network finanziato dalla Cia e da Washington con i fondi della Crusade for freedom, la campagna di propaganda inaugurata da Eisenhower per sfondare nella cortina di ferro. Passano cinque mesi da quell’incontro e il 10 aprile 1951 nasce la Raret. La prima trasmissione ha luogo il 4 luglio dello stesso anno, ed è diretta in Cecoslovacchia. I programmi arrivano da Monaco di Baviera, in Germania, passano a un centro di ascolto di Maxoqueira, a Benavente, sono registrati o inoltrati direttamente a Glória do Ribatejo, che si occupa della ritrasmissione. Le destinazioni sono Cecoslovacchia, Romania, Polonia, Ungheria e Bulgaria.
La vicenda ha affascinato Netflix che ha deciso di farne il cuore della sua prima serie portoghese: Glória. Il debutto dei lusitani ha già il budget più alto nella storia dell’intera produzione nazionale, e verrà lanciata il 5 novembre in mondovisione. Esplora un mistero storico, per quanto non esattamente circostanziato nel tempo, dato che durerà più di 40 anni, eppure è una storia che non sembra conoscere nessuno. Il prodotto è frutto del lavoro del regista Tiago Guedes ed stato scritto da Pedro Lopes, uno sceneggiatore molto particolare, un professore universitario portoghese con tanto di PhD, con una ventennale carriera in alcune delle più fortunate telenovele sfornate dal paese, e con un cast d’eccezione con attori come Miguel Nunes, Carolina Amaral e Alfonso Pimentel.
João Vidal, il protagonista è un giovane ingegnere proveniente da una famiglia legata al regime fascista dell’Estado novo di Salazar. Ma da quando ha combattuto nella guerra d’oltremare ed è entrato in contatto con i movimenti indipendentisti africani, si è convertito al pensiero marxista. Ormai Washington e Mosca combattono per il controllo dell’Europa, e tornato a Lisbona, João viene reclutato dal Kgb. Il servizio segreto sovietico sta cercando di allargare la sua rete e assegna a Vidal una missione di spionaggio ad alto rischio: dovrà infiltrarsi nella Raret, e ostacolare il lavoro della Cia.
Le questioni politiche alla base dell’installazione del centro di ritrasmissione in Portogallo sono di notevole interesse per comprendere il rapporto tra Washington e Lisbona all’indomani della seconda guerra mondiale. Perché se il Portogallo era allora governato da un regime autoritario guidato da Oliveira Salazar, noto come Estado novo (Nuovo stato), le anomalie aumentano man mano che la storia si evolve, se si tiene conto che la Raret ha operato fino al 1996, quindi per più di vent’anni dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974, quando il Paese era invece governato da governi di sinistra e filo-comunisti.
Glória è ambientata nel 1968, un anno cruciale. Il 3 agosto, Salazar è a Estoril, al Forte de Santo António: sta passando le vacanze nella residenza estiva quando ha un banale incidente domestico: la tela della sedia da regista su cui è seduto si strappa e il dittatore cade, battendo la testa sul pavimento. Salazar è colpito da un ictus cerebrale. Dopo giorni di incertezze e confusione, soltanto il 4 settembre ammette di sentirsi male e viene ricoverato all’Hospital de São José. Il potere passa nelle mani di Marcelo Caetano che diventerà presidente del Consiglio dell’Estado Novo dal 1968 al 1974, senza che nessuno però osi dirlo a Salazar. Giornali, radio e televisioni costruiscono servizi e trasmissioni finte solo per lui, facendogli credere che è ancora al comando. Quasi una farsa. “O botas” (gli “stivali”, il suo soprannome) morirà due anni dopo, il 27 luglio 1970: in quel lasso di tempo – in cui si svolgono gli eventi narrati in Glória – il Portogallo diventa, quasi inconsapevolmente e in maniera tutt’altro che farsesca, il palcoscenico di un gioco molto più grande di lui.