L'intervista
Rai al bivio. Doveva cambiare tutto, ma i cambi dove sono? I dubbi di Aldo Grasso
La tv pubblica in epoca Draghi. Le dichiarazioni di Carlo Fuortes, le questioni aperte: "Considerata la congiuntura favorevole pensavo si approfittasse in modo ben diverso di questa situazione. Invece mi pare tutto come prima", dice il critico
La Rai nell’èra Draghi: c’erano da subito grandi aspettative; si pensava fosse arrivato un momento d’oro con l’avvento di Carlo Fuortes al vertice di Viale Mazzini. Ma oggi, a qualche mese dal cambio al settimo piano, le critiche sono molte. E ieri il Corriere della Sera, nel presentare la nuova edizione del libro del giornalista ed ex coordinatore dell’informazione Rai Carlo Verdelli (“Roma non perdona”, ed. Feltrinelli), titolava “Viaggio nella Rai fuori corso. Il patto con i politici e lo spettro di Alitalia”. E pubblicava un estratto della prefazione alla nuova edizione del volume, firmata sempre da Verdelli, in cui si parla di “partenza a handicap” della Rai in epoca Draghi, “in assenza di una legge ‘libera Rai’, con quattro consiglieri di amministrazione già selezionati dai partiti” e “il gigantismo immutabile dell’offerta Rai contro i velociraptor come Sky, Dazn, Netflix, Disney, Amazon”.
Non solo: Verdelli scrive che anche dire, come ha detto Fuortes, di voler “cambiare tutto” (per evitare di portare i libri della Rai in tribunale) gli pare “un’ottima intenzione, già sentita…cambiare tutto per non cambiare, se non proprio niente, quasi niente”. Che cosa non ha fatto e che cosa potrebbe fare, la nuova dirigenza, per portare la Rai al passo dei tempi (tempi draghiani)? Fuortes, in un’intervista a Repubblica, nel presentare il piano industriale, ha detto che nella sua azienda “i partiti non bussano più” e che “i direttori verranno scelti in base alle competenze”.
Ma c’è chi dubita. Aldo Grasso, storico della tv e critico sul Corriere, guarda indietro ai pochi mesi trascorsi e non vede quello che avrebbe sperato di vedere: “Considerata la congiuntura favorevole – da cui le alte aspettative – pensavo si approfittasse in modo ben diverso di questa situazione. Invece mi pare tutto come prima. E poi si apprende che Fuortes ha incontrato Luigi Di Maio ed è andato alla festa di compleanno di Goffredo Bettini. Beh, lo sconforto risale. Di Maio, ministro degli Esteri. Perché? È vero che se non c’è un cambio strutturale che liberi la Rai dai partiti non si cava un ragno dal buco. Però qualche segnale di vera inversione di tendenza bisognerebbe darlo”.
Come? “Intanto io trovo grave quella che mi pare una mancanza di policy aziendale. Alla Rai ognuno fa quello che vuole. Mi domando per quale motivo Sigfrido Ranucci debba andare dalla concorrenza a difendersi dopo la puntata di ‘Report’ sul vaccino. Ci sono tanti piccoli segnali che ci dicono: è ora di cambiare strada, di imboccare un percorso diverso, magari con nuove divisioni per strutture. Francamente per ora non vedo nulla. Mi sembra la solita Rai che vive sulla bravura di qualche dirigente rimasto”. Da dove cominciare? “Intanto”, dice Grasso, “si sarebbe dovuto procedere a scrivere una carta di comportamento, individuando le poche cose fondamentali in cui riconoscersi come servizio pubblico. Una carta di comportamento e d’intenti. E poi serviva una sorta di discorso alla nazione pronunciato dai vertici Rai, modello Bbc, per sottolineare l’identità e lo standing dell’essere, appunto, servizio pubblico. E già sarebbe qualcosa sapere con certezza che cosa intendano, i nuovi dirigenti, per servizio pubblico”.