che musica che fa
A Sanremo comanda Elisa (e sale il livello delle canzoni)
La cantante di Monfalcone guida la classifica al Festival davanti a Mahmood e Blanco, ma le vere primedonne sono Checco Zalone e Laura Pausini. Giovanni Truppi ipoteca i premi della critica
Lo scontro è servito. Se Elisa torna a Sanremo dopo ventun anni dal trionfo di “Luce”, si leggeva dappertutto, non ci va per fare passerella: “O forse sei tu” è la canzone che cercava e aspettava, quella per rimettere le mani sulla palma. E la classifica generale della sala stampa, dopo le prime due serate, la premia davanti a Mahmood e Blanco: la resa dei conti preconizzata dagli allibratori e voluta dal pubblico si svilupperà in queste tre sere, quando a votare saranno anche la giuria demoscopica e il televoto. L’eterna ragazzina di Monfalcone, in bel bianco Pocahontas, supera l’inevitabile pietra di confronto con il successo del 2001: profluvio d’archi nel quale cuce con professionalità la strofa un filo Radiohead di The Bends, l’alone Minghi-Mietta (“sarò tra le luci di mille città, nella solita pubblicità”) e tracce di “Insieme a te non ci sto più”. Ne esce uno di quei brani che appena passa dallo schermo dà subito l’idea di poter vincere.
Con Elisa si afferma anche il coautore Davide Petrella, che porta pure “Ogni volta è così” di Emma al podio di giornata: la leonessa salentina stupisce tutti per il cuore, convincendo oltre le aspettative grazie anche al supporto della deliziosa Francesca Michielin (quasi più inquadrata della cantante) alla direzione d’orchestra. Emma Eilish si trasforma, figlia di Loredana che ruba i segreti a Mia Martini: esce addirittura dall’inquadratura quando manda baci e ride, dominante come Paola Turci qualche anno fa. Sorellanza completata dagli incisi Non Una di Meno e dai gesti conseguenti che fanno passare in secondo piano il solito problema di pronuncia della esse sibilante.
Il livello delle canzoni offerte nella seconda serata sale rispetto al debutto: si balla di meno ma ci si confessa di più, ci si arrabbia anche e si prova pure un po’ a star bene. Sangiovanni entra in scena che non sono ancora le 21: look da Start Trek, itpop in purezza tra frigorifero e tapparelle, la sua coezzata “Farfalle” da uno-vale-uno presenta un ritornello assai catchy, che lascia intendere il perché dei “milioni di strimi” (sic) annunciati da Amadeus. L’ex amico di Maria si candida ad una potenziale aggiunta tra i papabili, gradito al pubblico preadolescente che lo attende fuori dal teatro.
Lorena Cesarini, black soubrette matters, impacciata e dondolante dall’emozione annuncia Giovanni Truppi: un alieno rasato e magro in canotta, voce e chitarra, apparente reduce dalla prigionia di guerra. Fatto non fu per viver come Drupi, l’amico geniale fin dalle prime battute oscilla nel perimetro tracciato da Piero Ciampi più che de André: ma soprattutto Mario Castelnuovo e Marco Ferradini, l’epoca dei Q-disc. “Tuo padre, mia madre, Lucia” cambia efficacemente struttura per tre volte, dallo spoken word alla melodia e ritorno: i premi della critica sono alle viste.
Tra le canzoni più incisive, peccato non in gara, quelle dell’autonomo Checco Zalone, che diventa il trapper Ragady autore del singolo “Poco ricco”, poi si veste da Oronzo Carrisi, ipotetico cugino di Al Bano e virologo a Cellino San Marco, il quale ironizza attorno agli scienziati di massa. La canzone “Pandemia ora che vai via” è canaglia tagliata dai Queen, assai meglio di Fiorello.
Altra primadonna è Laura Pausini: all black fino alla punta dei capelli, canta “Scatola” scritta da Madame -piacevole ucronia- il cui ritornello spiega perché è lei l’ambasciatrice della vocalità italiana nel mondo, e quasi tutti quelli in gara invece no. Laura beve dalla borraccia, non saluta Solarolo e accoglie Mika per “I have a dream” degli ABBA (il loro incrocio di voci Travolta-Newton John è uno dei momenti più alti del Festival), che formalizza l’annuncio della loro conduzione dell’Eurovision Song Contest torinese, assieme ad Alessandro Cattelàn.
Si ritorna alla gara con Matteo Romano da Tik Tok, praticamente coetaneo di Sangiovanni, dall’acconciatura protesa in avanti tipica dei ragazzi d’oggi: ma nonostante la mano di Dardust e Alessandro la Cava, “Virale” tiene fede al titolo solo nel ritornello. La canzone nasce un po’ vecchia, ma le smorfie dell’interprete e i suoi saliscendi piacciono in giro, e non solo ai più giovani avvezzi al K-pop. Dai millennials alla più stagionata: Iva Zanicchi ha 82 anni ma la sua voce ne porta ancora a scuola tanti. Sciallata e spigliata, fa da spalla ad Amadeus in sede di introduzione: presentasse, sarebbe la migliore del lotto, invece la sua “Voglio amarti” è fuori categoria perché fuori contesto, ambientata nel liscio da balera nonostante una schitarrata fuori luogo. “Il mio festival può finire qui”, dice l’ex europarlamentare all’anfitrione, e peccato che dalla platea non si levi il grido “cento! Cento! Cento!”.
C’era curiosità per il ritorno di Rettore, affiancata da Margherita Carducci aka Ditonellapiaga: si sapeva già che il brano avrebbe fatto il verso, in chiave vitaminica e casinista, al più sommesso duo Mahmood-Blanco. Ma tanto rumore per niente nel pollaio chi-chi-chimico, idee poco chiare come partire da Moroder e Donna Summer per posare i piedi sulla terra rhythm and blues, con lo special della prestante protegée che incoccia nei film Disney. Rispetto al trucco da Carnevale di Venezia, da miss Rettore ci si aspettava francamente di più, ma forse non di diverso: la sala stampa è tuttavia generosa, come per Fabrizio Moro che pure fa parte della tappezzeria e quest’anno interpreta una dignitosa copia di mille riassunti nel segno di Ultimo. Il particolare sta nel titolo, “Sei tu”, che s’interfaccia inconsapevole con “O forse sei tu” di Elisa: no, dev’essere quell’altro, me so’ sbajato.
A proposito di tasse, Ermal Meta rifà se stesso sopra la barca di Orietta Berti e Fabio Rovazzi, mentre Arisa e Malika Ayane disputano tra loro il derby per la sigla delle Olimpiadi di Cortina: avanza la prima, il cui brano ha coscienza di essere epico da evento sportivo wannabe eroico, “non c’è bandiera che ci limiti”. Ultimi quattro concorrenti in lizza: se Irama rinuncia ai raggi laser (la cosa che gli riusciva meglio) e senza l’orchestra la sua “Ovunque sarai” rischia l’impalpabilità, Aka7even in broccati tozzeggia e va di corsa, ma anche un minor sforzo avrebbe portato al medesimo risultato.
Ruffianissimo fin dal titolo del brano (“Sesso occasionale”) è Tananai, ovvero Alberto Cotta Ramusino, già electro producer con il nome di Not For Us: non amiamo le scuole di canto ma magari aiutano a non stonare... L’atteggiarsi giovanilista accelera il passo dei bei synth, il pezzo poppissimo è destinato a crescere, anche se l’area coperta non è estranea alle trashate del Pagante. Infine, Highsnob e Hu: definiti “la nuova ondata italiana” da Amadeus, se la cavano più che bene in clima Luci della Centrale Elettrica e “baci francesi delivery” dell’assente Annalisa. Davvero sorprendenti, lei bella voce e bella tipa dal cranio rasato, lui (t)rapper redento e compreso: più Madame che Coma_Cose anche se si guardano negli occhi meglio di Fedez e Michielin. La tensione non parte mai ma resta irrisolta fino all’abbraccio finale tra gli archi stile “Last train to Trancentral” dei KLF: sciccherie che prenderanno il volo.
All’una Amadeus legge velocemente la classifica, la platea rumoreggia per le posizioni risicate di Sangiovanni e Iva Zanicchi: avanti Elisa, poi quattro reduci dal day one (Mahmood/Blanco, La Rappresentante di Lista, Dargen d’Amico e Gianni Morandi), quindi Emma, Rettore con Ditonellapiaga, Massimo Ranieri e via a scendere. Il 77enne bolognese, quindi, appare destinato a rimanere in alto fino alla fine, considerato l’exploit della Rappresentante di Lista e il fatto che - mentre Emma merita più elevata ubicazione - Dargen d’Amico prenderà la propria per scherzo e poi chissà… Questa sera tutte e 25 le canzoni in gara saranno eseguite integralmente, via al televoto!