Ricetta seriale
Il Re, il primo prison drama italiano con Luca Zingaretti
"Il male è contagioso". In otto episodi il racconto in chiaroscuro di un ambiente fino ad ora ancora mai indagato dalla serialità nostrana come quello del carcere
Sarà disponibile dal 18 marzo su Sky e NowTv la nuova serie con protagonista Luca Zingaretti dal titolo Il Re, primo prison drama italiano prodotto da Sky Studios con Lorenzo Mieli (The Apartment) e Wildside in collaborazione con Zocotoco. In otto episodi da cinquanta minuti viene raccontato un ambiente fino ad ora ancora mai indagato dalla serialità nostrana come quello del carcere, attraverso lo sguardo chiaroscurale del direttore dell’istituto penitenziario, Bruno Testori. Un uomo che si trova a un bivio, sia personale che professionale, che a metà della sua esistenza deve fare i conti con gli errori che hanno distrutto la sua vita e gli hanno fatto perdere sé stesso.
Gestisce il carcere come se ne fosse il re; lì dentro, nel penitenziario di frontiera di San Michele, vige la sua legge, le sue regole, il suo metodo. Stare a contatto con il male, stringere con esso alleanze, scendere a compromessi con esso per tentare almeno parzialmente di dominarlo. Queste sono le cifre di Bruno che però da quel male rimane sporcato, intaccato per sempre. Intorno a lui, un coro (greco) formato da figure femminili – una pm, la ex moglie di Bruno e una guardia carceraria – le sole che lo fanno vacillare, lo mettono alla prova, minano la sua personale visione di giustizia. Bruno deve fare i conti con l’uccisione del suo miglior amico e collega – Nicola – e con l’apparente suicidio di un altro personaggio chiave del carcere, colui che amministra lo spaccio di droga dietro le sbarre e tiene a bada gli equilibri tra i detenuti. Queste due morti cambieranno per sempre l’ecosistema del carcere di San Michele, costringendo Bruno – Re messo a dura prova – a combattere con tutte le proprie forze (e i propri mezzi) per mantenere il suo potere, per frenare la decadenza.
La serie vede come protagonisti, accanto a uno Zingaretti abbastanza inedito nei panni di un antieroe più ombre che luci, Anna Bonaiuto nel ruolo della pm Laura Lombardo – “personaggio che non ha nulla di sentimentale o consolatorio”, come lo definisce lei stessa in conferenza stampa – Isabella Ragonese che interpreta Sonia Massini, unico ufficiale donna del San Michele che vuole ripulire il carcere da metodi “poco ortodossi” e Barbora Bobulova nei panni di Gloria, la ex moglie di Bruno che lavora nei Servizi.
La regia, nitida, pulita e calibrata è di Giuseppe Gagliardi mentre la serie è scritta da Stefano Bises e Peppe Fiore insieme a Bernardo Pellegrini e Davide Serino.
Come inizia Il Re?
Siamo di notte, in una città portuale. Bruno è a bordo di una barca ormeggiata insieme a Nicola Iaccarino, suo miglior amico e comandante degli agenti della penitenziaria. Insieme perlustrano la barca e Bruno sembra convinto a volerla prendere. Ci vorrà un po’ per sistemarla ma la cosa non sembra spaventarlo. Lo sguardo complice con l’amico dice di un rapporto in cui c’è stima e fiducia reciproca. Senza soluzione di continuità, nella scena successiva Bruno è in carcere, davanti ad alcuni agenti che tengono a penzoloni nel vuoto un detenuto che si è dimostrato indisciplinato. Bruno lo minaccia, dicendogli che è l’ultimo avvertimento per lui. La prossima volta non la farà franca. Nei primi due minuti della serie vengono quindi mostrate le due anime che Bruno ha in sé: una privata, più vulnerabile e affettuosa e una dura e spietata legata al suo lavoro in carcere. Tutte la storia si muoverà tra queste due polarità, tra il racconto sfaccettato e chiaroscurale di un uomo che ha scelto di vivere a contatto con il male più nero. E delle conseguenze che questa prossimità ha nella sua vita e identità.
Dove è stata ambientata Il Re?
La serie è molto ben connotata dal punto di vista visivo, sia per alcune scelte tecniche registiche (ad esempio l’utilizzo di lenti panoramiche che contribuiscono a dare un senso di distorsione), sia per quanto riguarda le location scelte. Il carcere fortezza di San Michele, luogo fortemente iconico in cui gran parte della serie si ambienta, è in realtà nato dall’unione del carcere abbandonato di Civitavecchia e dal penitenziario di Torino. Colpisce in particolare la scelta del panopticon (del carcere torinese) che diventa un luogo iconico e simbolo della serie, una sorta di arena a cui i vari bracci carcerari girano attorno, un crocevia dove si incontrano detenuti e agenti penitenziari, dove ci si scambia informazioni, si spia e si viene spiati. La presenza quindi di un’architettura incombente e claustrofobica, che schiaccia i protagonisti diventando essa stessa un personaggio della storia (che vuole avere come ambientazione la città di Trieste, terra di confine). Il tentativo, dice lo sceneggiatore Beppe Fiore, è stato quello di dare una forma architettonica all’ossessione di controllo di Bruno poiché la sua idea di giustizia può essere esercitata solo a patto di un controllo totale.
Quali sono i temi di Il Re?
La serie si presenta ambiziosa dal punto di vista delle tematiche che cerca di affrontare. Pur rimanendo fortemente ancorata a un genere preciso – il dramma carcerario – si propone, come mette a fuoco Lorenzo Mieli alla presentazione romana della serie, di mettere in scena una realtà verosimile non tradendo il genere di appartenenza. Temi come la distinzione – a volte sottile – tra il bene e il male, il prezzo da pagare per una vita condotta sempre sul limitare di un crinale, la necessità di scendere a patti con la morte, le contraddizioni che abitano la vita di ciascuno (non si può essere tutti solo male o solo bene, le due dimensioni coesistono nel genere umano), il far emergere la complessità e le sfaccettature di un protagonista che crea occasioni di immedesimazione nonostante il suo operato sia molto spesso respingente. Un esempio di questa ricerca di complessità e stratificazione narrativa si vede ad esempio nella linea narrativa che coinvolge alcuni detenuti di fede mussulmana, che sono disegnanti come la comunità più dotata di “etica” all’interno delle dure leggi carcerarie. Costoro fungono da vero e proprio contraltare, in alcuni momenti, della personale giustizia esercitata da Testori. Un microcosmo – quello del carcere – dove la scelta sembra spesso essere quella del male minore e dove il bene si nasconde, a volte così bene da non riuscire più a ritrovarlo.
Qual è il tono della serie in tre battute?
“Come faccio a stare lì dentro senza di lui?”. “Tu ce la fai. Sei più forte. Sei più cattivo”.
“Il nostro è un lavoro difficile. È difficile farlo bene, senza sporcarsi. Il male è contagioso”.
“Se siamo ciechi, usiamo il fiuto”.
Recensire Upas