Il Foglio Weekend
Gli zar della porta accanto
Ci sono gli oligarchi “basici”, quelli riflessivi, e poi ci sono loro, gli eredi dei Romanov. Sono già un format
Non ci sono solo gli oligarchi “basici” che prediligono, si è capito, uno stile brianzolo-Impero (del male) per le loro ville e palazzi che nessun imprenditore bresciano o pescarese vorrebbe, nello stile se non nella stazza: contribuendo anche a una storia del Gusto italo-russo novecentesco che un giorno andrà studiata. Ci sono anche quelli evoluti, quelli che più soffriranno lo sputtanamento e la damnatio memoriae (e forse quelli su cui più si conta per un eventuale regicidio, sempre che l’essersi sommamente rifiniti e raffinati non impedisca loro gesti del genere). L’esempio più ovvio è quello di Roman Abramovich, più un membro dell’élite internazionale che un oligarca tamarro come gli altri (e Zelensky in persona ha chiesto che sia l’unico oligarca fuori lista, l’unico oligarca non sanzionato: come posizionamento molto chic). Poi ci sono anche dei piccoli Abramovich, meno ricchi e meno esposti ma altrettanto interessanti, che soprattutto hanno molti contatti con l’italia.
C’è per esempio Mikhail Kusnirovich, nome sconosciuto ai più ma che controlla tutta la moda di Russia. Con la sua cechoviana compagnia “Bosco Ciliegi Group of Companies” possiede e gestisce più di 150 punti vendita moda tra Mosca, San Pietroburgo, Samara e Novosibirisk. Il gruppo vanta in portafoglio negozi monomarca di MaxMara, Jil Sander, Moschino, Etro, Alberta Ferretti, La Perla, Jean-Paul Gaultier e tanti altri. E soprattutto è il proprietario del leggendario shopping mall di Mosca, il Gum, 79 mila metri quadrati sulla piazza Rossa. Kusnirovich è stato fatto commendatore della Repubblica nel 2006 ed è probabile che questi suoi titoli non vengano ritirati, perché c’è oligarca e oligarca. Sostenitore del teatro alla Scala, di varie fondazioni, tra cui quella Zeffirelli, cultore dell’Italia e dell’italiano che parla fluentemente, è oligarca riflessivo. “La grandezza della Russia è un pregio e un difetto”, disse anni fa, in tempi non sospetti, in un’intervista. “E’ ricca di risorse e grazie a questo è riuscita a galoppare fuori dalla crisi che ancora investe i paesi occidentali. E’ il prezzo del petrolio che porta questa ricchezza, che porta la gente ad acquistare nel mio grande magazzino, il mio timore è che senza queste risorse non saremmo in grado di sostenerci. Manca una vera industria”.
Un altro presentabilissimo è Vladislav Doronin, elegante sessantenne già noto per essere stato fidanzato di Naomi Campbell e tornato alla ribalta in questi giorni per un’altra questione amatoria più che imprenditoriale: dovrebbe essere infatti il misterioso miliardario che fa tremare il piccolo regno di Monaco, in quanto probabile amante segreto di Charlene Wittstock, l’infelice principessa consorte di Alberto. Doronin doveva sposarsi a Milano con la sua Campbell ma poi non se n’è fatto più niente; la dacia disegnata da Zaha Hadid che avrebbe dovuto abitare con la modella sarà rimasta sfitta, e qui andrebbe aperta una parentesi sui meglio archistar oltre che galleristi d’arte, categoria che oligarchi e oligarchesse hanno beneficiato come non mai, e chissà che faranno adesso.
Ma un letto dove dormire a Doronin non mancherà mai, è infatti il proprietario della catena di hotel di iperlusso Aman, che comprende tra l’altro l’Aman di Venezia installato nel palazzo Papadopoli, casa di Bianca di Savoia e del marito Giberto Arrivabene (che si son trasferiti all’attico, realizzando il sogno di tutti, vivere in albergo). Il fratello Aimone d’Aosta, sposato con una principessa di Grecia, lavora in Russia (per la Pirelli) ed è stato tra gli ospiti di quello che è già stato definito il matrimonio (italo-russo) del secolo, quello tra l’ultimo dei Romanov, il discendente degli Zar, e l’italiana Rebecca Bettarini.
E infatti il terzo livello di questa immaginaria gerarchia della presentabilità italorussa è costituito dagli zarini, dagli aspiranti zar, un livello che gli oligarchi grandi e piccoli si sognano. Certo, non avranno palazzi con casinò incorporati e yacht con sistemi antimissile in caso che il tiranno da cui la loro fortuna è dipesa cambi d’umore e li bombardi o li deporti in Siberia, però hanno blasoni a prova di bomba. Mentre Putin gioca a fare (forse ancora per poco) lo Zar, sono infatti vivi e vegeti gli eredi, veri o presunti, della casata sterminata dai bolscevichi nel ‘18 che sulla Russia ha regnato per 300 anni. I Romanov come si sa sono tantissimi, sparsi per tutto il mondo, ce n’è una caterva di veri e soprattutto di falsi, come insegna pure la serie tv Amazon Prime “The Romanoffs”, creata dall’ideatore di “Mad men” e “i Soprano”, Matthew Weiner. I rami dei pretendenti veri al trono, quelli certificati, sono due ed entrambi più che alla “Terza Roma”, come professa per la Russia l’ideologo putiniano Alexander Dugin, portano proprio a Roma, in piena Ztl.
L’erede ufficiale (autoproclamata) oggi è la principessa anzi Sua Altezza Imperiale Maria Vladimirovdna, che insieme a un Hohenzollern ha generato Sua Altezza Imperiale il granduca Giorgio, quarantenne, già presidente europeo del colosso Novi-Norilsk, la più grande azienda mineraria di Russia, e lobbista in proprio (titolare di una “Romanof & Partners”), che ha impalmato a ottobre la zarina Bettarini, una che ha fatto la Luiss.
Rebecca Bettarini (poi trasformata in Victoria, con battesimo ortodosso), non ha legami col calciatore bensì più appropriatamente con l’ex ambasciatore d’Italia Roberto Bettarini, diplomatico di lungo corso che ha servito nelle ultime tappe della carriera a Bruxelles e in Lussemburgo. Bettarini-Romanovna oggi si occupa di gestire le attività benefiche e sociali della casa imperiale, che ha ricevuto anche il plauso ufficiale di Putin, e qui si apre l’altro tema, cioè il ruolo che il presidente russo vuole per l’ex casa regnante. Negli ultimi anni la famiglia Romanov dalla tomba del rimosso risentimento in cui era sepolta da un secolo è stata progressivamente riabilitata e rimessa al centro della vita pubblica, un po’ utilitaristicamente, e un po’ come la Chiesa ortodossa col patriarca Kyrill, viene usata dal Cremlino come testimonial e fondale della soap opera che va in onda per il popolo abbonato, cioè la Russia d’un tempo, la Russia sognata, zarista-imperiale, florida e temuta nel mondo. Così la Chiesa ortodossa ha canonizzato i Romanov, già traslati nelle imperial salme finalmente in patria, nel 2000 riconoscendoli “martiri” e non più dittatori sanguinari.
I Romanov ripristinati ricambiano l’affetto. Nel sito della Casa Imperiale è tutto un augurio per il patriarca Kyrill. “Santità! Vi mando le mie più sentite congratulazioni per il vostro 75esimo compleanno! Ci uniamo al vostro gregge di innumerevoli milioni e vi estendiamo l’affetto e la gratitudine di una figlia per il vostro lavoro disinteressato, per il vostro amore, saggezza e ferma difesa della fede ortodossa e dei fondamenti della struttura canonica del Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Anche nostro figlio ed erede, il Granduca Giorgio di Russia, e sua moglie, Sua Altezza Serenissima la Principessa Victoria Romanovna, inviano le loro più calorose congratulazioni per il compleanno”. La Romanovna, già Bettarinovna, ha poi avuto modo di lodare il regista dell’operazione-nostalgia. “Putin non è uno zar ma semmai un grande presidente”, ha detto al Corriere. “Ha fatto un lavoro magnifico e gli auguriamo di continuare a farlo”. Lei condivide anche il format. “Mio marito ed io, con il nome dei Romanov, siamo felici di continuare la storia culturale della famiglia, le tradizioni, i valori. E vedendo l’attenzione internazionale che ha destato il nostro sì, mi piace che ci sia un’alternativa alla società delle Influencer”, ha detto la principessa. Insomma, contro il mondo occidentale che vuole abbattere il patriarcato la principessa tifa per il patriarca in persona, ha senso. La principessa però non è che agogni di vivere nel Dombass tra le sacre icone e il lume della fioca lanterna. Cresciuta in giro per il mondo, tra ambasciate e balli, dopo aver fatto scienze politiche alla Luiss e un master alla Sioi ha fatto al lobbista e si è occupata di relazioni istituzionali per Finmeccanica (oggi Leonardo) a Bruxelles. E lì ha finalmente incontrato il suo granduca (lobbista pure lui) a un ricevimento. Poi dieci lunghi anni di frequentazione.
Oggi lei oltre ad occuparsi di beneficenza, come si confà a una futura regina anzi imperatrice, scrive gialli ambientati tra jet e ristoranti alla moda. I titoli: "Cum Clave", "Aristocrazy", e il “thriller internazionale”“Beauty Queen”. Sinossi: “Quando Miss Universo, Cecilia Mendoza, viene arruolata dalla Cia per uccidere il presidente del suo paese, il Venezuela, è convinta di dover collaborare. Ma le cose non sono proprio come sembrano e Cecilia finirà per essere coinvolta in una ragnatela di cospirazioni in cui non ci si può fidare di nulla. Riuscirà a portare a termine la sua missione? E soprattutto, resisterà all’affascinante presidente? Una spy story che ti porterà da Mosca a New York, da Montecarlo alle sabbie bianche dei Caraibi”. Chissà se il patriarca Kyrill ha approvato le bozze.
La Bettarini-Romanovna è cresciuta e si è installata a Bruxelles, dove il padre era rappresentante italiano presso il re dei Belgi, nella grandiosa residenza di Avenue Legrand che già è stata setting di matrimoni mica male (Umberto di Savoia con Maria José). Si sono frequentati per il lungo decennio, di sicuro castamente, altrimenti chi lo sente, Kyrill, e poi finalmente il Granduca ha fatto la profferta pare in un aeroporto deserto, alle sei di mattina, causa Covid. Non sarà almeno Charleroi, quello del low cost.
E’ seguito anellone: “rubino cabochon (che rappresenta l’amore, la passione e la nobiltà) circondato da due diamanti (che rappresentano la purezza e la forza dei sentimenti), incastonati in una fascia di oro giallo. Si tratta di un anello della famiglia Romanov con montatura a fascia. Questa montatura in cui le pietre sono incastonate in modo invisibile in una fascia d’oro rimanendo così a filo con la superficie del metallo, divenne popolare nel 1900. Da sempre i membri della famiglia Romanoff indossano anelli a fascia, specialmente nel ramo Vladimir. Gli anelli della Famiglia Imperiale erano spesso realizzati con rubini, zaffiri e diamanti in onore al tricolore russo” ha detto ad Affaritaliani.
Il matrimonio ha fatto sensazione, millecinquecento invitati, tra cui l’immancabile Dugin, e il Murdoch di Russia, il plurisanzionato imprenditore tv Kostantin Valeryevich Malofeev, considerato uno dei registi della propaganda russa più estremista all’estero e in patria - un suo dipendente, Aleksej Komov, è fondatore del Congresso mondiale delle famiglie e presidente onorario di Lombardia-Russia, l’associazione diretta da Savoini, quello che organizzava i tour con Salvini. Ad allietare la bella compagnia, catering col cuoco del Cremlino. E ci mancherebbe: è il primo matrimonio
di un Romanov sul suolo russo dallo sterminio degli araldici antenati, con l’inno zarista al posto dell’Internazionale. Dagospia l’ha definito “Cafonalone russo” (con infornata di romani, e riconciliazione tra rami Savoia e Savoia-Aosta).
La sposa ha sottolineato l’importanza d’essere cresciuta in ambasciata: “è l’apertura mentale che ricevi vivendo in ambienti diversi. Li capisci che quello che è importante per gli abitanti di un Paese non lo è affatto per gli abitanti di un altro. Questo fa capire come tutto in questa vita sia soggettivo e/o relativo. In qualità di diplomatico si impara ad evitare di fare gaffe e di assumere nessun genere di comportamento che possa arrecare danno sia alla categoria di appartenenza che al proprio Paese, oltre al paese che ospita”. Gli eredi degli zar, per non fare gaffe, il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa in Ucraina, hanno fatto un bel comunicato. Sotto l’enorme aquilona imperiale bicipite molto equilibrismo; “Io, mio figlio ed erede, il Granduca Giorgio di Russia, e la sua sposa, la principessa Victoria Romanovna, preghiamo per l’immediata attuazione della pace”, scrive la Granduchessa madre. E poi: “La Casa Imperiale Russa non rilascia dichiarazioni di natura politica. Ma siamo assolutamente convinti e affermeremo sempre che Russia e Ucraina, tutte le loro popolazioni, non devono mai essere nemiche. Questa è una cosa mostruosa e innaturale come i membri della stessa famiglia che si uccidono a vicenda”. Insomma, una versione Serbelloni-Mazzanti del pacifismo italiano Anpi.
Il granduca Giorgio sogna poi un’Europa che sia come una grande chiesa (ortodossa): “Quando siamo a Parigi vediamo spesso gli Orleans ed i Murat, in Svizzera Vittorio Emanuele di Savoia”, ha detto. “Siamo tutti una grande famiglia ed è un bene perché dovunque si va si conosce sempre qualcuno”.
Va detto che il trono (che non c’è) è oggetto di contesa tra due diversi rami della famiglia, ddue come i becchi dell’aquila: la linea dei Vladimirovi, a cui appartengono Giorgio e sua madre, e la linea dei Nikolaevič, pure questi di stanza a Roma (un nome, un destino). Il ceppo romano è più cinematografaro. Non vuole commentare la situazione russa-ucraina Tatiana Romanov. “Preferisco lasciar parlare persone più competenti”, dice al Foglio la figlia del principe Nicola Romanovich Romanov (1922-2014), ex capo dell’Associazione della Famiglia Romanov, una specie di consorzio doc, che raduna i membri “veri”, capo della cordata concorrente alla oggi granduchessa succitata. Lei fa la costumista per Carlo Verdone, ed è sorella di Natalia, ex moglie dell’avvocato e senatore di An Giuseppe Consolo: insieme hanno generato Nicoletta Consolo, conosciuta con il nome d’arte di Romanoff, di professione attrice, mucciniana, mamma a sua volta di una ragazza che si chiama Maria come la granduchessa (concepita con Giorgio Pasotti, senza nemmeno esser sposati. Il patriarca Kyrill, a ‘sto punto, chi lo sente).
Politicamente corretto e panettone