Da precursore dei talk-show, Biscardi darebbe lezioni ai Berlinguer e ai Giordano
"Non parlate più di due o tre persone alla volta altrimenti non si capisce". Potrebbe essere il motto involontario anche dei presentatori della tv di oggi
Sempre viva Aldo Biscardi. E’ venuto il momento, se non di beatificare, almeno di riconoscere il “Roscio” come il genio purissimo che era, soprattutto un precursore. E come tutti i precursori, migliore dei suoi più o meno inconsapevoli eredi, cioè i conduttori dei talk-show odierni. Non parliamo di quelli sportivi, ma di tutti, da Floris a Berlinguer, da Giordano a Formigli. Tutti gli devono l’impianto del programma. La differenza fondamentale è che l’originale era meglio perché non se la tirava. Biscardi era consapevole che il suo era spettacolo, entertainment, parodia dell’informazione. Venne pure assolto in una causa per diffamazione (presentata dall’Associazione italiana arbitri): “I toni, la sede e la natura degli interventi depongono per essersi trattata di una tipica discussione ‘da bar’ finalizzata all’incremento dell’audience attraverso l’uso di toni e contenuti platealmente esagerati”, motivò il giudice. Vi frulla qualcosa?
Il “Processo del lunedì” nacque da un’idea di Enrico Ameri, the voice radiofonica di “Tutto il calcio minuto per minuto”, che condusse le prime due edizioni. Dopo la terza (Marino Bartoletti), subentrò Biscardi che aveva intuito l’esigenza di alzare il livello dello scontro. Aldone entrò in tackle, creando la prima, vera piazza televisiva. Tutti hanno attinto da lì. L’esempio più clamoroso è l’invenzione della parte in commedia. Alessandro Orsini è il Maurizio Mosca del terzo millennio. Il compito è lo stesso: tirare le bombe, dividere, spaccare. Quelle di Mosca (molto più simpatico e non pieno di sé) erano di calciomercato e facevano meno male di quelle evocate da Orsini (“Putin userà l’atomica”). Poi c’è il naïf, ora Mauro Corona, allora Franco Zeffirelli, cioè l’esterno alle prese con l’argomento del giorno (calcio, politica, vaccini, guerra). C’era/c’è il giornalista cattivo e quello tollerante, c’era/c’è il giornalista schierato, juventino/romanista, destra/sinistra; c’era/c’è quello che si toglie il microfono e se ne va. A spezzare il ritmo, da una parte il moviolone, dall’altra il sondaggista e i cartelloni. Lo schema non cambia. Se il Covid tornasse prima notizia (scongiuri), al posto di Orsini ritroveremmo Crisanti. Via pro/anti occidente, di nuovo in scena Sì/No vax. Il “ruolo” è tutto.
C’è un momento, nel film “Il discorso del re” in cui la famiglia reale assiste al filmato dell’incoronazione di Giorgio VI. Dopo, il cinegiornale passa a Hitler che arringa la folla. La futura regina Elisabetta chiede al padre: “Che cosa sta dicendo?”. E lui: “Non ne ho idea, però la dice molto bene”. Anche per Biscardi la comprensione era relativa. Il suo manifesto è racchiuso nel celebre assioma: “Non parlate più di due o tre persone alla volta altrimenti non si capisce”. Parafrasata, con grande autoironia (quella che manca ai sui pronipoti) è finita sulla lapide della sua tomba, nel cimitero di Larino, dove riposa dal 2017. “Pregate non più due o tre persone alla volta, sennò non si capisce”. E noi, per Aldo, a una o più una voci, una preghiera la diciamo volentieri.
Politicamente corretto e panettone