Dopo il no a Di martedì
"Non posso fare il fact checker dei propagandisti russi. In tv solo con condizioni chiare". Parla Gilli
Il ricercatore, insieme ai colleghi Tocci e Mikhelidze, ha declinato l'invito di Floris dove era presente anche Nadana Fridrikhson, giornalista che lavora per il ministero della Difesa russo: "Ripete i messaggi del Cremlino infarciti di falsità, dal Donbas a Bucha. Non si può dibattere con chi altera i fatti”
“Ma posso fare il fact checker in real time dei propagandisti russi? Ci ho pensato un attimo e ho detto che non fa per me”. Ci ha provato, suo malgrado, una volta ed è bastata. Per questo ieri sera Andrea Gilli, ricercatore del Nato defence college e affiliato presso il centro per la sicurezza e la cooperazione internazionale della Stanford University, ha declinato l'invito di Giovanni Floris a Di Martedì. Una scelta condivisa con la direttrice dell'Istituto affari intenazionali Nathalie Tocci e Nona Mikhelidze, ricercatrice presso lo stesso istituto. Il concetto è chiaro: mai più in televisione a dibattere con la propaganda.
Tra gli ospiti di Di martedì c'era infatti anche Nadana Fridrikhson, giornalista che lavora per la Tv del ministero della difesa russo e che negli ultimi è sempre più spesso nei salotti televisivi a raccontare la vulgata del Cremlino sulla guerra, anzi sull'”operazione speciale”.
“Mi hanno invitato: diversi ospiti, tempo relativamente limitato e soprattutto la signora Fridrikhson, quindi ho preferito dire di no”, spiega Gilli al Foglio. E le ragioni sono diverse: “La prima è che ho avuto già a che fare una volta con la giornalista russa a Otto e Mezzo: ripete i messaggi del Cremlino infarciti di falsità, dal Donbas a Bucha, fino all’assenza di vittime civili nel conflitto in corso. Non si può dibattere con chi altera i fatti.”
E poi, continua il ricercatore, “non sarebbe stato neanche un vero dibattito, perché si tratta di una persona che legge dei comunicati stampa o li ha imparati a memoria. Non si può discutere con chi dice che Hitler era ebreo o che a Bucha non c'è stata una strage”.
E tuttavia così facendo, la domanda è se non si finisca per lasciare il campo libero a certi personaggi. Non sarebbe più efficace contrastarli? “Io sono molto contento di dibattere di soluzioni e interpretazioni. Ma con chi sistematicamente fornisce dati falsi, non si può materialmente dialogare. Mi troverei obbligato a contraddire ogni singola affermazione, finendo per non potere così esprimere una mia analisi. Oppure per esporre i miei pensieri, dovrei accettare che informazioni false vengano trasmesse liberamente.”
Un bel cortocircuito, non c'è dubbio, che potrebbe essere superato facilmente, nel ragionamento di Gilli, rinunciando ai propagandisti con il tesserino: “Ci sono tanti docenti, giornalisti ed esperti, anche critici verso l'occidente: hanno di sicuro cose più interessanti da dire che leggerci i comunicati stampa del Cremlino”. E non solo: “Ci poi sono anche tanti ricercatori e giornalisti russi, critici verso Putin: magari ascolterei anche loro – quanto meno per rispetto e solidarietà verso le difficoltà che incontrano”. Appunti per autori e conduttori.
Intanto il gesto di Gilli, Tocci, e Mikhelidze, che qualcuno ha descritto come militante, rappresenta una novità nel panorama mediatico italiano. Un rifiuto e una negazione che riaffermano con forza un principio di verità. E' auspicabile che altri seguano l'esempio? “Non ho alcuna autorità per dire ad altri cosa dovrebbero fare. Io non credo di poter contribuire a un dibattito impostati in certi termini. Se altri la vedono diversamente però, credo sia una scelta legittima.”
E insomma, rivedremo Gilli in televisione? "Il mio lavoro è fare ricerca. Vado quando mi invitano compatabilmente con i miei impegni. Non ritengo però di poter contribuire ad un dibattito al quale partecipano persone che già sappiamo forniranno informazioni false, esattamente come non andrei al ristorante noto per usare cibo scaduto. Per il resto, una volta garantite le condizioni minime per poter avere una conversazione, non ho preclusioni”
In un'intervista su queste pagine, oggi Enrico Mentana ha detto che l'antidoto a certi programmi, per chi guarda, è il telecomando. E per il ricercatore, per lo studioso in tv esiste l'antidoto? “L’Italia è il Paese dove la propaganda russa è più efficace. Non credo quindi si tratti solo di telecomando. Io guarderei al modello svizzero: partecipano molti esperti italiani (alcuni raramente invitati da noi), offre un dibattito sobrio e istruttivo"
Non proprio quel che accade sulle nostre reti, che si alimentano di sparate e dove la caciara pare essere sempre di più la cifra distintiva, almeno in certi talk. “Nel mondo della ricerca – chiosa Gilli - se falsifico i dati del mio lavoro, la mia carriera finisce. Non capisco perché una persona che mente ripetutamente in televisione venga dunque invitata nuovamente”.
Politicamente corretto e panettone