i nuovi episodi
Ecco la quarta stagione di Boris: il tempismo è perfetto, la cialtroneria resta
“L'inferno è pieno di quarte stagioni”, dicono. Ma quella della fiction in onda su Disney+ fa eccezione
“Me lo cucino io”, minaccia Corinna – “la cagna maledetta”– quando le dicono che l’algoritmo non vuole togliere una scena dal copione. Regista, troupe, produttori e attori di “Boris” sono tornati per la quarta stagione, in tanti anni qualcuno è passato di grado. Corinna, per esempio, da attrice negata è diventata produttrice d’insuccesso, con un suo “Gengis Kahn” che le ha fatto perdere soldi. Lo schiavetto Alessandro ha trovato un buon lavoro in una piattaforma, che nella sigla rima con “norma”: tiene i rapporti con la committenza che impone di giustificare anche le spese per la ricariche telefoniche, da qui il sussulto di nostalgia: “Ah, le belle fatture di una volta!”.
La piattaforma fuori dalla porta ha la fila di registi che si lavano poco e propongono copioni sul tema “vampiri contro studi di settore”. Assume René Ferretti come “combattente della narrativa popolare italiana”. Chiede copioni “high concept”, devono piacere da Dubai a Baltimora. Per cominciare obbliga tutti a un corso di inclusione: bisogna parlare con la desinenza in “u” per non offendere. Sul set bisogna essere corretti con i sottoposti, non come Biascica, il capo elettricista che li insulta (le parolacce sono registrate dalla telecamera che documenta il back stage). I tre sceneggiatori hanno arredato per le call la “stanza Umberto Eco”, con i libri finti comprati a metro – lavorano nella stanza accanto, con flipper e altri giochi.
Dopo tre stagioni di strepitoso successo (anche grazie al passaparola, aiutato dalla pirateria: non è malignità, è storia) e dopo un film, tutto sembrava finito con la morte di Mattia Torre, geniale sceneggiatore assieme a Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico. Per fortuna nostra ci hanno ripensato. In un episodio sentiamo dire “l’inferno è pieno di quarte stagioni”, “Boris” fa eccezione – i sei spassosi episodi saranno da domani su Disney +.
Dalle fiction televisive italiche ai prodotti audiovisivi che riempiono i palinsesti delle piattaforme. Il tempismo è perfetto, la cialtroneria resta. Applicata a un progetto più ambizioso di “Gengis Khan”, i produttori e coniugi Corinna & Stanis (da attore crede nella “balbuzie carismatica”) credono nel circolo vizioso secondo cui un progetto serve a pagare i debiti del precedente, e così via (non c’è da ridere, anche i librai possono rendere i titoli invenduti agli editori, a fronte di un ordine più ricco). Né più né meno che “Vita di Gesù”.
L’algoritmo, riferito da una bionda con accento americano che durante le call fa ginnastica, trova qualche difetto prima di dare il via. Bisogna aggiustare il copione in corsa. Serve un “teen drama”, un dramma adolescenziale, il terzetto di sceneggiatori si mette al lavoro rubacchiando qua e là: Gesù e Giuda erano amici d’infanzia, c’erano i bulli. Serve qualche apostolo colorato, “non erano tutti caucasici” – subito viene consultato il biblista di riferimento.
“Messi a norma i personaggi”, restano i problemi di sempre. Corinna vuole fare la madre di Gesù con gli occhi vistosamente truccati: “Va a un matrimonio a Cannes (sarebbero le nozze di Cana), sicuro che si trucca”. René complotta contro di lei: la illuminiamo così male che sarà la piattaforma a volerla cacciare – ci pensa l’assistente, il direttore della fotografia arriva solo per “smarmellare”.
René Ferretti si confida con il pesce Boris (nella sigla, travolto dalle acque del Mar Rosso che si apre). Problema: per la Strage degli innocenti c’è un budget di 80 – ottanta – dollari. Soluzione, classica: “Non lo famo ma lo dimo”. Invece di metterla in scena inquadriamo un personaggio che dice: “Non puoi sapere quanti bambini ha ammazzato Erode!”.
Politicamente corretto e panettone