Pilotpanic
Quante serie tv quest'anno! Tra Apple e Netflix più di una nuova uscita ogni settimana
Chi punta sulle biografie, chi sui modelli letterari: in totale le novità saranno 54. E poi ci sono la Disney, Paramount, Amazon Studios... Così il futuro spettatore viene preso dal panico. Ecco cosa si nasconde dietro i numeri
Pilot panic. Leggiamo le due paroline da anni, a volte precedute dalla precisazione: Prime Time. C’è anche un bel punto esclamativo, ma finora abbiamo pensato che l’allarme riguardasse chi produce le serie (si intende per “pilot” il primo episodio girato, per saggiare il gradimento del pubblico oppure “vendere” una storia che sulla carta non risulta abbastanza attraente). Non gli spettatori. Ma qualche giorno fa abbiamo letto – su Deadline – che Netflix ha ordinato per il 2023 venticinque nuove serie, e che Apple ne ha ordinate ventinove. Sommate fanno 54, più di una serie nuova alla settimana – anche se ormai le stagioni si accorciano, molti dei titoli nuovi sono mini-serie di otto o sei puntate. Anche il futuro spettatore viene preso dal panico. Perché poi ci sono la Disney, Paramount, Amazon Studios che ne ha in cantiere nove, e le serie americane che noi vediamo, per esempio, su Sky. Anche a soffrir d’insonnia come Oreste Del Buono – dormiva tre ore per notte e per il resto traduceva, scriveva, leggeva – non ce la possiamo fare.
Con la strenua convinzione che i mercati abbiano una loro razionalità – perché produrre più di quello che lo spettatore riesce a consumare? – siamo andati a vedere cosa si nasconde dietro i numeri. Prima constatazione, per Apple che guida la classifica seguita da Netflix – e già questa è una notizia, la mela morsicata che batte la capofila dello streaming – sono tutti prodotti “straight to series”. Ovverosia, a dispetto del titolo, privi di qualsivoglia pilot, che aveva senso quando la fame di titoli e la concorrenza non erano così smaniose: c’era il tempo di rifinire i prodotti, magari mostrare la prima puntata, vedere l’indice d’ascolto, e aggiustare il tiro per la seconda. Da quando “House of Cards” fu somministrata sugli spettatori in unica soluzione, sembrava questa la via per assicurarsi fedeltà e abbonamenti. Assieme al paranormale, e ai serial killer. Vediamo cosa avanza.
Apple propone una quantità di biografie: Dior, l’esploratore Henry Worsley, il segretario di Lincoln in preda allo stress perché deve trovare l’assassino del suo capo, Enzo Ferrari (scritta da Steven Knight e diretta da Sergio Sollima), il piromane californiano John Leonard Orr, Huey P. Newton, fondatore delle Pantere Nere. Rifanno “Metropolis”, e aggiornano “I bucanieri” di Edith Wharton: ricchi americani che in Inghilterra cercano mariti nobili e squattrinati per le loro figlie (cominciava così “Downton Abbey”). C’è la colonizzazione delle Hawaii, per non lasciare proprio nulla di intentato. E una nuova versione di “Presunto innocente” (al cinema con Harrison Ford). Nelle serie comiche stuzzica “Mrs American Pie”, scalata sociale a Palm Beach anni 70.
Netflix ha in prima fila “Il danno” di Josephine Hart (coraggiosi, il film l’aveva girato Louis Malle). Otto puntate ricavate da “La caduta della casa Usher” di Edgar Allan Poe, e “Glamorous”, protagonista un “gender non conforming queer young man” che trova la sua felicità nel reparto trucco. C’è anche Tom Wolfe con “Un uomo vero”, la mitologia greca e romana ha il suo “Kaos”. E poi: una commedia sofisticata gialla alla Casa Bianca (questa l’ha voluta l’algoritmo). Pirati con il tesoro, agenti di polizia davanti a un telefono che non squilla. Uno “Schwarzenegger spy project”, e un gruppo di agenti convinti di aver disinnescato una bomba: vanno a festeggiare, escono ubriachi, scoprono che la bomba vera era da un’altra parte, e bisogna rifare il lavoro daccapo. Tocca a Apple cogliere lo spirito del tempo: una commedia, ancora senza titolo, su uno studio hollywoodiano che fatica a sopravvivere, ora che l’Arte e gli Incassi son più nemici che mai.
Politicamente corretto e panettone