Su Apple Tv
“Shrinking”, la linea frastagliata che divide chi dà e chi riceve aiuto psicologico
Una serie con Harrison Ford (sì, ancora lui): un ruolo coraggioso con i capelli bianchi, l’andatura incerta e la tazza del caffè che un po’ trema nella mano. Ma come ogni serie bella, anche questa viene distribuita con un episodio a settimana: una scelta che assomiglia a un trucco
Lo psicoanalista sta al paziente come la follia concava sta alla follia convessa, diceva Karl Kraus. La lingua più tagliente nella Vienna di inizio Novecento, dove Sigmund Freud aveva inventato e sperimentava la psicoanalisi. Bello sarebbe, una linea netta che divide chi ha gli strumenti e chi ne abbisogna (nel senso della cura). Purtroppo la linea è terribilmente frastagliata, come il pezzo di un puzzle. Su questa linea, gli showrunner Bill Lawrence e e Brett Goldstein hanno costruito la serie “Shrinking” (“strizza-cervelli”, su Apple Tv). Jason Segel ci mette la faccia come psicoanalista, assieme al più maturo Harrison Ford. L’eterno Indiana Jones, 80 anni compiuti: il prossimo film con la frusta e il cappellaccio sarà nei cinema a fine giugno, “Indiana Jones e la ruota del destino”. Qui fa un mestiere più tranquillo, porta scarpe comode con il plantare, e ha i suoi metodi per affrontare gli acciacchi e i magoni dell’età: sul divano a piangere, accompagnato da canzoni tristi. Dopo 15 minuti la sveglia suona, e la tristezza è passata.
Lo psicoanalista modello “In Treatment” (remake americano del modello israeliano, con Gabriel Byrne) stava seduto composto sulla poltrona, serio e compassato, il viso che non lasciava trapelare emozioni (il transfert sta sempre in agguato, guai se gli offri la minima occasione). Parte della cura è parlare nel vuoto. I pazienti non devono saper nulla del dottore che li riceve per l’ora stabilita (e il compenso pattuito). Jason Segel è all’opposto, non rispetta nessuna regola. Nella vita, appartiene al “Team Apatow”. Apatow come Judd Apatow, capo della banda che ci ha dato “Molto incinta” o “Strafumati” (titolo originale “Pineapple Express”, la roba che si fumavano). Ha la fissazione dei nudi frontali maschili, uno in ogni film, e spesso il prescelto era Jason Segel. Potrebbe ricapitare qui, ma ormai le belle serie vengono distribuite alla vecchia maniera. Due episodi insieme per far venir la voglia, e poi uno a settimana (spettatori appassionati che mai tradirebbero? Sembra piuttosto un trucco per evitare scaricamenti di serie complete nel mese di prova gratuito).
Jason Segel pare più nevrotico dei suoi pazienti. È rimasto vedovo con una ragazzina, deve aver saltato i capitoli “psicologia adolescenziale” nel corso di studi. Potrebbe supplire con un po’ di buonsenso (ora la numerosa categoria si infuria e querela). Della figlia si occupa la vicina, Liz. Fin troppo invadente (è chiaro che mira al genitore). Si siede sul divano un giovanotto nero, reduce dell’Afghanistan, che attacca briga con chiunque lo guardi storto (o solo incroci lo sguardo). Per lo psicoanalista-crocerossina è l’occasione perfetta, vanno insieme a vedere la partita. Peccato sia contro le regole: non la partita, è l’amicizia a fare scattare l’allarme rosso. Lo ospita a casa sua (dove è tornata la figlia ancora in pieno lutto). Altra regola infranta. Dice alla paziente stufa del suo matrimonio di lasciare il marito, e ne ricava un bel pugno sull’occhio. Non si fa, proprio non si fa.
Harrison Ford, che appartiene alla vecchia scuola, è sconvolto. Per come si comporta il collega di studio (c’è anche la bella collega di colore, Gaby, spumeggiante ma finora poco coinvolta nella trama: era la migliore amica della moglie morta). Ma soprattutto perché ha il Parkinson, e non riesce a parcheggiare senza far danni. È un ruolo coraggioso, con i capelli bianchi e l’andatura incerta e la tazza del caffè che un po’ trema nella mano. Soprattutto a pochi mesi dall’ennesimo Indiana Jones. Non importa se recita, sullo schermo crediamo a quel che vediamo.
Politicamente corretto e panettone