Ricetta seriale
"This is going to hurt": il racconto di un antieroe in un medical drama
La serie tv in onda su Disney + è una piccola perla nascosta nella sovrapproduzione televisiva. Un prodotto per stomaci forti che dipinge la quotidianità del reparto maternità di un ospedale pubblico con il linguaggio di Fleabag
Capita, ahimè, sempre più spesso. Serie tv che, nel vastissimo panorama seriale, si perdono nel mare di sovrapproduzioni e passano in sordina. Immeritatamente, poiché, come nel caso specifico, si tratta di uno tra i migliori racconti televisivi degli ultimi anni. La serie in questione è “This is going to hurt”, è disponibile interamente su Disney + (una sola stagione, sette episodi da circa quarantacinque minuti ciascuno) e racconta della quotidianità di un reparto maternità in un ospedale pubblico londinese dalla prospettiva di uno specializzando, Adam (il bravo bravissimo Ben Whishaw).
Turni massacranti con settimane lavorative da novantasette ore, vita da ospedale di trincea (echi alla ER, per chi ha famigliarità con il paradigma narrativo), Adam e i suoi colleghi sono immersi in un sistema che non dà scampo, una sorta di catena di montaggio dove i prodotti sono i bambini da far nascere. Il tempo da dedicare ai singoli pazienti è poco – e per questo gli errori sono dietro l’angolo, anche per la stanchezza accumulata. Adam deve cambiare continuamente il camice – i fluidi corporei delle partorienti sono parecchio invasivi -, deve cercare di non sbagliare troppo, deve tentare di tenere in piedi anche la sua vita personale (ha una relazione con Harry, un giovane graphic designer).
Deve anche cercare di insegnare il mestiere alla nuova arrivata, la sua specializzanda Shruti, ragazza insicura di origini indiane che ha dovuto superare molte avversità per diventare medico. L’obiettivo di Adam – oltre a sopravvivere e non ammazzare nessuno – è quello di specializzarsi in ginecologia e ostetricia e finalmente di andare incontro a ritmi di vita più accettabili, a una paga più gratificante e scalare la gerarchia ospedaliera quel poco che gli permetta di vivere meglio. È il prototipo dell’antieroe, del personaggio che resiste in un mondo che sembra ogni giorno dovergli crollare addosso. La serie racconta tutto questo senza essere mai claustrofobica, anzi.
Stilisticamente mutua il linguaggio di Fleabag (Adam, sporadicamente, guarda in macchina e parla con lo spettatore, spesso per considerazioni di carattere sarcastico) e lo applica al medical drama. La qualità assoluta del racconto è garantita dalla scrittura sofisticata (di stampo nettamente british), una pasta visiva da film d’autore e delle interpretazioni attoriali di prim’ordine. "This is going to hurt" è basata sull’omonimo romanzo (best seller) di Adam Key, prodotta per e da Bbc one con Amc studios (la prima visione risale al 2021) e vede, tra i suoi protagonisti e accanto a Ben Whishaw, Ambika Mod e Alex Jennings.
Quali sono i temi e il linguaggio di This is going to hurt?
A metà tra un medical drama classico e inserti alla Fleabag, la serie è indubbiamente molto drammatica e per stomaci forti (non tanto per quello che viene messo in scena in senso stretto quanto per la modalità con cui alcuni argomenti vengono affrontati). È una serie che, soprattutto negli ultimi episodi, fa emergere in modo molto chiaro il suo punto di vista su quanto viene narrato e veicola con un giudizio netto e articolato la propria critica sociale riguardo il sistema sanitario britannico. La specificità però, che rende grande questo racconto, è quella di non partire da una tesi ideologica che si vuole a tutti i costi dimostrare ma di far emergere questa vocazione “sociale” del racconto solo ed esclusivamente tramite il vissuto dei personaggi. La capacità di tratteggiare personalità complesse, emotivamente sfaccettate e con cui ci si può immedesimare, permette agli spettatori di essere portati gradualmente all’interno di un racconto che, man mano che si sviluppa, si fa costantemente più grande e universale.
Quali sono le scelte visive adottate dalla serie?
Dal punto di vista estetico – e anche narrativo – "This is going to hurt" segue un criterio di sottrazione. È un prodotto piccolo, scarno, produttivamente - ci si immagina - relativamente poco costoso. Tutto si regge sulla qualità di scrittura e recitativa (scuola inglese docet e non è un caso che molti membri del cast provengano dal teatro). La pasta visiva segue toni freddi, lividi tendenti al giallo, con una fotografia quasi sporca che richiama un certo gusto del cinema d’autore.
Qual è il tono di This is going to hurt in tre battute?
“Lei è davvero un dottore?”. “Domanda lecita. Ma poteva chiedermelo prima di mostrarmi la sua vagina”.
“Ho fatto del mio meglio”
“Non perseguitarmi”
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