Il Foglio Weekend
Lo psicodramma dei palinsesti in una tv piccola piccola
Stratagemmi, teorie, tattiche. E lacrime, tante lacrime. Sembra la caduta degli dei, ma tra Rai e Mediaset (e pure Discovery) il gran parlare di programmi e conduttori è ormai inversamente proporzionale allo share perduto
Niente è confermato, sono solo fibrillazioni, indiscrezioni, prese di posizione, riposizionamenti, finte. E stratagemmi, teorie, tattiche. Lacrime, tante lacrime. L’unica grande sostituzione etnica a cui stiamo assistendo va in scena sul teleschermo, dove Rai e Mediaset ancora una volta riflettono l’avvicendamento della maggioranza. Mentre si aspettano le presentazioni dei palinsesti, ogni fascia è un proclama, ogni programma una trincea, ogni striscia è dramma. La tv meloniana irradia un’intensa fibrillazione anche se, a ben guardare, i dati di ascolto son quelli che sono. Gli sfracelli presumerebbero curve d’ascolto bestiali, gli psicodrammi share clamorosi, ma come una stella che continua a brillare, lo spettacolo del teleschermo deve continuare anche mentre siamo tutti polverizzati su piattaforme e YouTube e clip e la tv generalista è relegata sempre più a un pubblico telesedato spettro di quello che fu. L’unico spettacolo che funziona, colpisce, attrae, è quello dietro le quinte, dietro la telecamera. Il dramma dei riposizionamenti.
Ancora risuona il drammone di primavera, l’editto-Discovery, con la cacciata o auto-cacciata (nell’epoca delle grandi dimissioni, perfettamente in linea con lo spirito dei tempi) di Fabio Fazio da Rai 3. E lì, di fronte all’uscita signorile del massimo conduttore riflessivo nazionale, allarmi fascismo e allarmi antifascismo, col tasto 9 che diventa il nuovo Aventino, le nuove colonne d’Ercole, come se oltre non vi fosse nulla se non l’ignoto. Però pure di qua, le proteste sono inversamente proporzionali agli share.
Coro greco di proteste, denunce. La auto-cacciata di Fazio è diventata una seduta di auto analisi collettiva su chi è stato più epurato. In Italia, paese dove il Metoo non ha mai attecchito, dove le denunce tardive di molestie non convincono, è partito tutto un ricordarsi invece da parte di autori e registi le molestie politiche subite, è tutta una gara a chi è stato più epurato, anche molti anni dopo. Magistrale in tal senso il monologo di Michele Santoro a “Dimartedì” (share del 5,9 per cento) dove ha ricordato come lui fosse stato fatto fuori dal famoso editto bulgaro, mentre “Fazio rientrò in Rai grazie alla politica”. E pure “Annunziata è stata presidente di garanzia quando c’era Berlusconi”. Per concludere che “Io non li sopporto nessuno dei due”, ha detto Santoro nell’ormai celebre sbrocco davanti a un imbarazzatissimo Floris.
Perché il caso Annunziata, con le sue dimissioni “irrevocabili” mandate per lettera, è stato clamoroso. “Non ci sono le condizioni per lavorare”, ha scritto la conduttrice di “Mezz’ora in più” (8,2 per cento di share), “non condividendo nulla dell'operato dell'attuale governo, né sui contenuti, né sui metodi. In particolare non condivido le modalità dell'intervento sulla Rai”. Soprattutto il mondo dei talk show è in rivolta, quella linea della chiacchiera che orienta e indigna le serate con una compagnia stabile di ospiti agguerritissimi, sul filo del 5 per cento. “A essere calpestato è stato il pubblico”, ha detto Corrado Formigli. "Perché lo scalpo di Fazio è simbolo del sovvertimento che il Governo più a destra della storia repubblicana vuole portare all’interno dell’egemonia culturale della sinistra. E la Rai, di questo dominio culturale è, a suo dire, il manifesto" ha aggiunto il conduttore di “PiazzaPulita” su La7 (share 5,4 per cento). Da Bianca Berlinguer, conduttrice di Cartabianca (5,49 di share) nessuna protesta per Fazio, ma in un siparietto con Mauro Corona al Salone del Libro, dove lo scalatore-sciatore ha detto che sarebbe andato a Discovery, lei ha risposto “e io resto in Rai”.
"L’esultanza con cui una parte delle due «curve» ha accolto l’uscita di Fazio dalla Rai mi fa pensare che tra i politici il tifo prevalga su ogni altra considerazione, persino sulla capacità di saper riconoscere quel «merito» di cui pure tanti di loro si riempiono la bocca per sentito dire", ha scritto Massimo Gramellini sul Corriere. Gramellini lascerà pure il suo programma “Le Parole”, in onda il sabato sera su Rai3 (share 7,7 per cento). Potrebbe andare a La 7: insomma è chiaro che gli unici a non lagnarsi sono gli agenti, con tutti questi cambi in corsa (ma “Chiama il mio agente” versione italiana non ce li ha raccontati questi momenti. Si sarebbe voluto vedere all’opera Beppe Caschetto più che gli agenti degli attori, onestamente).
Le parole scorrono anche in famiglia. Paola Ferrari, nuora ribelle di Carlo De Benedetti, grande fan di Giorgia Meloni, è data in pole position per Novantesimo minuto (8,8 per cento di share) o la Domenica Sportiva (6,6). Anche se quello che vorremmo vedere, pur se forse un po’ di nicchia, è un reality dal titolo di lavoro “l’Ingegnere e la nuora”, una fiction che va avanti da anni tra Casa Vianello e Succession tra la Langa e l’Appia Antica. Ultimo episodio ad aprile, quando l’imprenditore definì “demente” la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul palco del festival del suo quotidiano Domani. “Voglio prendere totalmente le distanze da quello che è stato detto dall’ingegnere Carlo De Benedetti, che è il nonno dei miei figli”, ha spiegato la nuora, “perché sono parole estremamente gravi che mi hanno profondamente turbato, dette nei confronti del presidente del consiglio e di una donna”. “Certe cose mi feriscono. Trovo molto grave usare certi termini, che offendono la persona, le istituzioni italiane, per la carica che Giorgia Meloni ricopre, e tutti gli italiani che l’hanno votata”. "Mi sento anche io offesa”.
Altra faccenda di famiglia: che ne sarà di Andrea Giambruno, il ciuffone caro a Giorgia Meloni, il first gentleman che dovrebbe passare dalla striscia pomeridiana di “Diario del giorno su Rete 4” (5,55 per cento) a un talk show in prima serata, si dice addirittura sostituendo la mitologica Barbara Palombelli a “Stasera Italia” (4,3 per cento)? Questo è uno dei casi più complessi di ingegneria televisiva. Secondo Dagospia a sostituire Palombelli andrebbe invece Nicola Porro, il Tucker Carlson di Andria, carissimo a Meloni, tanto che per giorni le voci di corridoio lo davano in un primario programma Rai. Così non sarà. Secondo le indiscrezioni per Porro è prevista pure la conduzione di “Quarta Repubblica”, che tornerà in onda da settembre nella prima serata del lunedì di Rete 4. Se avesse un filo di tette gli farebbero fare pure Miss Italia (vedi infra). Per Palombelli ci sarebbe invece un talk di medicina dal titolo “Curami“, su Mediaset, ma resterebbe in ogni caso la conduzione del glorioso “Forum”.
Storico programma di beghe, ma le beghe qui non risparmiano nessuno, ci vorrebbe un forum per i conduttori epurati o presunti epurati o per quelli che vengono rimpiazzati a torto. Le beghe non risparmiano nemmeno il vicinato. I residenti di via Asiago, quartiere “Delle Vittorie” dove appunto c’è la tv di Stato e si fa il programma di Fiorello antelucano “Viva Radio2”, sono scesi in piazza. “La situazione è insostenibile, dormo con i tappi nelle orecchie e comunque ogni giorno, cascasse il mondo, mi sveglio con le urla degli spettatori e con la musica a palla”, si lamenta uno degli abitanti. Le canzoni vengono trasmesse a tutto volume. E spesso prima delle 6,30. Segue raccolta firme. In una città in cui non funziona niente, dai trasporti all’immondizia, i cittadini si mobilitano contro Fiorello. Fiorello (peggio dei lavori per il superbonus) ha chiesto scusa e proposto una specie di grande assemblea condominiale col nuovo amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, nelle vesti di amministratore di condominio.
In questa guerra di posizioni, in questa foresta di simboli, una strategia sottilissima è quella di Serena Bortone che, come la regina Elisabetta si vestiva di blu e giallo per manifestare la sua contrarietà alla Brexit, sfrutta velate allusioni, vaghe perifrasi, per lanciare messaggi e appelli. Su Instagram la conduttrice di “Oggi è un altro giorno” piazza un bel selfie in compagnia della boss di Discovery, Laura Carafoli, per far capire d’essere pronta a scavallare anche lei sul 9 (ma nessuno pare averla chiamata). Troppo sottile, chissà quali messaggi contenesse, la gaffe su Manzoni. Nella ricorrenza dei 150 anni della morte di Alessandro Manzoni, la conduttrice Rai, citando l’incipit dei Promessi sposi, ha detto: “Quel ramo del lago di Garda…” forse alludendo a Salò.Tempestiva la reazioni dell’ospite in studio, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin: “Di Como!”. Bortone cerca di riprendersi: “Che volge a mezzogiorno, fra due catene “non indistinte”, vado a memoria, non mi ero preparata”, si giustifica, sbagliando, però, una seconda volta. Si dice che verrà sostituita da Monica Setta che però smentisce: “non prendo posti di colleghe”. Altri psicodrammi. Il problema è che “Oggi è un altro giorno” fa il 16 per cento, contro il 27 per cento di Maria De Filippi che infatti non è indignata e non fa una piega.
Per il dopo Bortone si mormora pure il nome di Roberta Capua. Si mormora il nome di Roberta Capua. Vabbè. Siamo alla mozione Amedeo Nazzari. Il passato che riemerge. In un sabba di profezie e autocandidature riciccia pure il Bagaglino. Pier Francesco Pingitore, ganzo ottantenne, fiuta il tempo d’oggi e ha detto a Oggi: “La cosa è ancora molto acerba, la proporrò a Viale Mazzini, ma chissà se quagliamo”. E poi: “Ci sarà bisogno di irrobustire il ceppo originario di sangue nuovo”. (Ceppo! Se lo sente Lollobrigida). “Rilevo, senza acrimonia, che noi del Bagaglino, nel 1994, all’epoca della Rai dei Professori, fummo vittime dell’unica epurazione della tv di Stato, e avevamo da 10 a 12 milioni di spettatori ogni settimana. Quella volta però, caso strano, gli intellettuali non si strapparono le vesti”. Insomma, c’è sempre qualcuno più epurato di te. Però, secondo altre voci, il Bagaglino finì perché pochi lo guardavano: le ultime puntate avevano fatto il 15,4 per cento poi scese all’11,4 (percentuali da sogno oggi, meno quindici anni fa). “Lo stesso Pippo Franco si è congedato dal pubblico rivolgendosi alla platea dello storico cabaret romano” recita un articolo dell’epoca (a proposito, ma che fine ha fatto Pippo Franco? Dopo le disavventure no vax e i green pass falsi, pare ingiusto che non abbia un posto di primo piano nella nuova Fox diffusa). E Enrico Montesano che svolazzava per “Ballando” con la maglia Mas? Figlio di un celebre portiere del palazzo a Roma dove aveva sede il Msi... Effetto nostalgia anche per Miss Italia che dovrebbe tornare sulla Rai per volere della Lega con motivazioni che ne fanno un fantastico Boris. Il concorsone scomparve nel 2012 dalla tv di Stato per decisione dell’allora presidente della Rai Anna Maria Tarantola. Non piaceva quell’uso concorsuale dell’immagine della donna, non più in linea con certi standard, con certe sensibilità, in una decisione che piacque alla allora Presidente della Camera Laura Boldrini che considerò “una scelta moderna e civile” quella di non trasmettere più la manifestazione sul servizio pubblico.
Negli anni successivi Miss Italia è tornata ad avere una sua presenza online, in diretta su Facebook e YouTube, con un ritorno effimero Rai nel 2019 e poi basta. L’anno scorso si era tentato un rientro ma poi tutto è sfumato. Pare che alla nuova presidente Rai Marinella Soldi nemmeno piacesse l’idea del concorso di bellezza muliebre. La patronessa del concorso, Patrizia Mirigliani, aveva protestato. “Il concorso ha sempre saputo interpretare e a volte anticipare i cambiamenti, trasformandosi e rinnovandosi. La percezione della bellezza nel nostro Paese oggi purtroppo è cambiata, la bellezza è sotto attacco”, aveva aggiunto Mirigliani. Ma adesso in tempi di “ceppi”, i tempi sono forse maturi per un ritorno in grande stile di maggiorate sovraniste. Anche lì, bisognerà aspettare la presentazione dei palinsesti il 7 luglio per vedere se il sogno postfemminista si avvererà. Intanto la patronessa del concorso è stata vista in questi giorni a viale Mazzini.
E però rimane la madre di tutte le tragedie Rai: chi andrà al posto di Fazio? Pino Insegno? Ce lo vedete a intervistare Barack Obama (ma non si può mai dire). E poi è vero anche che “Che tempo che fa” era soprattutto il sacro graal per vendere libri, l’unico programma che “sposta” le vendite secondo gli editori, ma ultimamente non spostava neanche più di tanto. Chissà Insegno, magari sposta e magari potrebbero presentare i libri della mamma di Meloni, i famosi harmony firmati “Josie Bell”, il suo nom de plume, per una nuova egemonia rosanera (edizioni Giubilei). Però seriamente Insegno è dato per certo a "l’Eredità" al posto di Insinna, ma qualcuno mormora che potrebbe avere pure un altro programma. Insomma non si sa chi andrà a sostituire Fazio. “Chi lascia la Rai non va mica sulle montagne sarde, si sposta dove ha mercato”, ha commentato Piero Chiambretti. Per Enrico Mentana “non esiste un diritto inalienabile a dover essere sempre in onda”. “Io credo che non ci sia niente di meglio che interrompere un rapporto senza fare scene madre o i martiri di Belfiore, senza lasciar intendere che con te o senza di te la libertà e la democrazia cessino di esistere. Nessuno di noi è insostituibile” ha detto il direttore del Tg de La7.
Sì ma Fazio? Autocandidature: Claudio Lippi si butta a destra e strafa. “Fazio ha raccontato bugie. E poi ci sono troppi gay e gaie alla Rai”. Vabbè. Fabrizio Bracconeri, già indimenticabile Bruno Sacchi dei “Ragazzi della Terza C” poi in forza a “Forum”, potrebbe prestarsi. “Parliamoci chiaro: Fazio non è stato cacciato ma se ne va a prendere una decina di milioni. Poi è bravissimo, ma con i mezzi che ha la Rai lo posso fare pure io quel programma”, ha detto a Repubblica. Bracconeri fu già candidato per Fratelli d’Italia e vanta un rapporto con “Giorgia”. “Credevo e credo in quel partito”, ha detto. “Se Giorgia Meloni mi chiede “Ti vuoi candidare alle Europee?”, be’ sarebbe difficile dirle di no. Anche se dell’Unione europea penso tutto il male possibile. Comunque conosco la premier da un po’ di tempo”. “Vi sentite ancora?”, chiede l’intervistatore. “Si, ci siamo scritti per Natale. Un mese e mezzo fa sono stato nel suo ufficio”. "I Ragazzi della Terza C” negli anni Ottanta facevano 6.500.000 (sei milioni e mezzo) di telespettatori in media, toccando un picco di 8 milioni. Le beghe sui palinsesti e le lottizzazioni all’epoca erano le stesse. E’ lo share che è diventato piccolo piccolo.