Ricetta Seriale
Nella docuserie Netflix "Il Principe" le sfumature sono tutto
Tre episodi raccontano le vicende che coinvolsero Vittorio Emanuele di Savoia nel 1978 e che portarono alla morte di Dirk Hamer sull'isola di Cavallo, in Corsica. Contraddizioni, maschere e ipocrisie
Netflix Italia torna sul terreno docuserie – tanto giustamente celebrato (a differenza della serialità, più altalenate) – per raccontare in tre episodi da quarantacinque minuti Il Principe, ovvero Vittorio Emanuele di Savoia. La vicenda al centro del racconto, che fa da innesco e fil rouge, è legata ad un fatto di cronaca in cui Vittorio Emanuele era stato coinvolto nel 1978. Il discendente reale aveva comprato una casa sull’isola di Cavallo, in Corsica, e qui passava le estati insieme alla moglie e al figlio piccolo. Un gruppo di ragazzi benestanti italiani, in vacanza in Sardegna, decide di fare una gita all’isola, di fare un po’ di baldoria e prendere in prestito (senza permesso) un gommone del principe. Ciò dà il via ad un’escalation di tensioni che portano Emanuele Filiberto ad imbracciare una carabina e sparare alcuni colpi. Rimane ferito il giovane Dirk Hamer che morirà qualche mese più tardi, dopo essere entrato in coma. Per il principe ne segue un clamore immediato da parte dell’’opinione pubblica, viene incarcerato, poi rilasciato, di nuovo processato dalla corte d’assise parigina e scagionato da ogni accusa. Passano gli anni, anni in cui la sorella di Dirk – Birgit Hamer – cerca strenuamente e con ogni mezzo lecito di rendere giustizia a suo fratello, e i Savoia rientrano in Italia dopo il lungo esilio. Vittorio Emanuele si fa coinvolgere in dubbi rapporti – prima implicato con la P2, poi in traffici non proprio auspicabili – e finisce di nuovo in cella. Qui, si lascia andare a una semi confessione sui fatti avvenuti anni prima a Cavallo, venendo intercettato e filmato. Costretto a una parziale dichiarazione della propria colpevolezza, ammette la sua implicazione in quanto avvenuto sull’isola. Questa, per sommi capi, la vicenda al centro della docuserie che ha il pregio di riportare all’attenzione un fatto non poi così conosciuto dall’opinione pubblica odierna.
L’occasione è ghiotta sia per raccontare un personaggio abbastanza sfaccettato e ricco di ambiguità, sia porre l’accento sul rapporto tra i Savoia e l’Italia. Sullo sfondo – ma mica poi tanto – c’è la narrazione (soprattutto visiva e fatta di dettagli) di un mondo iper benestante e borghese, fatto di case che trasudano chic anni Settanta, donne ingioiellate, di lino vestite e rigorosamente in palette (metà delle quali dai cognomi altisonanti se non doppi) e di una certa alta borghesia che vive nascosta ma ben presente. La perizia documentaria è lodevole, il ritmo del racconto è alto e mantiene tensione interna, la narrazione è stratificata senza essere appesantita. La docuserie è ideata e diretta da Beatrice Borromeo Casiraghi e prodotta insieme a Francesco Melzi d’Eril (anche qui i doppi cognomi sono di garanzia). Come dire: si può raccontare (bene) solo ciò che si conosce davvero. E ne Il Principe le sfumature sono tutto.
Qual è l’estetica de Il Principe?
Particolarmente centrale dal punto di vista narrativo è la restituzione precisa di una certa estetica anni Settanta/Ottanta che abbina lusso, potere e sottigliezza. Gioelli importanti rigorosamente d’oro, oggetti di design, tappezzerie vistose, palette crema e cammello ovunque, barche, foulard, occhiali da sole (di cui Marina Doria è regina ma anche le altre signore si difendono). Tutto concorre a raccontare un certo ambiente, determinati rituali sociali, un certo rapporto decisamente sciolto con i piccoli e grandi drammi della vita. L’abilità degli autori è quella di raccontare con precisione certosina le contraddizioni, le maschere e le ipocrisie di un certo contesto senza giudicarlo ma mostrandolo nella sua intrinseca ambiguità (e spesse volte anche superficialità). La baita svizzera di Gstaad da cui vengono fatte le interviste ai Savoia in quanto a cliché fa il resto.
Qual è il tono de Il Principe in tre battute?
“Tutti vogliono, come nella corrida, la morte del toro. Ma il toro ha le corna”.
“Era difficile fare qualcos’altro. Cosa vuole che facessi”.
“Qualcuno vuole uno champagnino?”
Politicamente corretto e panettone