(foto Olycom)

tutti i colori del trash

Il perbenismo imposto dall'alto al “Grande Fratello” spiazza il telespettatore e penalizza gli ascolti

Andrea Minuz

Dopo il carnevale, la mestizia quaresimale. La nuova versione del reality di casa Mediaset fa l'effetto di una carbonara vegana. Ma ci sono ancora molte sacche di resistenza

Commiserato, un tempo, come un povero scemo, rozzo, ignorante, variante cafonal-burina della vecchia casalinga di Voghera e grado zero dello share, lo spettatore del “Grande fratello” si ritrova oggi un po’ spiazzato. Eccolo, all’improvviso, strattonato per la giacchetta, tirato a lucido e portato alla ribalta come qualcuno cui si è mancato di rispetto. Da mesi tutti gli chiedono scusa: Alfonso Signorini a nome degli autori, Pier Silvio Berlusconi a nome dell’azienda. “Abbiamo sbagliato, ci assumiamo noi la responsabilità”. Un coro di voci tutt’intorno: io mi dissocio, io non c’entravo, io ho solo eseguito gli ordini. E mentre quello, poveretto, strabuzza gli occhi, eccolo trasformato nell’idealtipo della “fase due” di Mediaset, destinatario di un nuovo entertainment educato, depurato, pulito e ripulito. Eccogli servito un bel Gf “senza trash”, come le patatine non-fritte, il vino analcolico, la carbonara vegana (peggio: la carbonara vegana col tofu). Dopo il godimento, la penitenza. Dopo il carnevale, la mestizia quaresimale. Purificare il corpo, lo spirito, e qui, soprattutto, la casa.

Un nuovo Gf trasformato in “percorzo” rehab. Come in “The Program: Prison Detox”, docureality della tv americana sulle peripezie di sedici detenuti di un carcere in Arkansas, seguiti passo passo mentre provano a disintossicarsi dalle dipendenze (chi ce la fa, esce di galera). Ai concorrenti di questo Gf spetta una prova più dura: imprigionati nel trash col divieto di essere trash. Chiamati a ciondolare per mesi nella casa per riabilitare l’immagine di un programma dopo anni di bagordi, cattivi esempi, scorrettezze, risse, bestemmie, freak, punti bassi, eccetera. Mica facile. E poi non è che si può smettere così, di botto.

C’erano ormai per questo format, incunabolo di ogni reality e talent che a breve compirà un quarto di secolo, solo due strade possibili: sparire per un po’, non farsi più vedere tornando poi magari un giorno. Oppure rinascere. Ma, si sa, rinascere è complicato. Il “Grande fratello” senza trash fa meno spettatori di una replica delle repliche di Montalbano e neanche delle migliori. Il trash dava dipendenza. Il pubblico è in astinenza. La dieta non funziona.

Si corre subito ai ripari ritoccando un po’ il palinsesto: salta la puntata del venerdì, spostata al giovedì, si fa spazio alla fiction, “La voce che hai dentro”, con Massimo Ranieri, un melodrammone napoletano che richiama i fasti dell’epopea trashissima dei film di Mario Merola. Vedremo. Ma la sensazione è che la cura disintossicante non funzioni, non può funzionare, e non ha ragione di esistere. 


Da mesi tutti chiedono scusa allo spettatore del Gf: Alfonso Signorini a nome degli autori, Pier Silvio Berlusconi a nome dell’azienda


Bisogna vederlo questo “Gf no-trash” per capire anche un po’ la disperazione dell’impresa. Già gli intenti sbandierati erano molto confusi: “Quest’anno eviteremo la ricerca della visibilità a ogni costo”, coniando quindi questa nuova categoria dello spirito: “Andare in tv senza cercare la visibilità”. E poi “priorità alle storie”, al “vissuto”, “più persone, meno personaggi”, slogan perfetti per una docuserie di Simona Ercolani su Rai 3. E un bel po’ delle “storie” e delle “sfide” di questo Gf sembrano ricalcate in effetti sulla tipica cinquina del Premio Strega: storie famigliari e dolenti, sofferenze, lutti, monologhi strappalacrime peggio che a Sanremo, tristi temi, mesti problemi, soprattutto una gran noia. Storie che “fanno il surf tra dolori personali o epocali”, diceva Mariarosa Mancuso parlando dello Strega di quest’anno. Vale anche per il Gf.

Vip mescolati a Nip, famosi, ex famosi, non ancora famosi. Un cast all’insegna di “ritiriamo fuori le schede di tutti quelli che avevamo scartato, quest’anno sono perfetti”. Un gran ritorno alle professioni (il ciabattino, la cuoca, il macellaio, il bidello) come nel primo, sperimentale Gf, per dare un tocco anche neorealistico e “autentico” al gossip. E poi dimenticati “Carramba Boys”, avanzi di vecchie soap, la regina sudamericana Grecia Colmenares e la cattiva di “Vivere” messe insieme nel “tugurio” in quota “Che fine ha fatto Baby Jane?”, a spicciare, pulire, rammendare (“nelle telenovelas eri una sguattera”, dice Alfonso Signorini alla ex-reginetta di “Topazio”, “i tuoi personaggi vivevano nella miseria più nera, ti troverai bene”). C’è la fotografa sbarazzina di Cesena, laurea in Digital Communication, cresciuta a San Patrignano, quindi infanzia complicata e strizzatina d’occhio a “Sanpa”, che dice di “meritare questa esperienza televisiva, frutto di tanti sacrifici e simbolo di rinascita” (di nuovo: il rehab). C’è la chef cinese che spadella su TikTok, l’omonimo di Giuseppe Garibaldi col mito del posto fisso tra De Amicis e Checco Zalone, la stangona miss del Friuli ex-valletta di Insinna, l’ingegnere bello, il coattello romano (che non manca mai), il barbiere hipster tatuato, la montanara stralunata che in Mauro Corona vede l’uomo ideale (del resto è ora parte della stessa scuderia), ed è messa lì anche per dare una spintarella negli ascolti a Bianca Berlinguer. E poi Fiordaliso che rimesta nel passato, o Alex Schwazer che ripercorre la sua storia e scoppia in lacrime quando mandano lì la moglie, un pezzo di tv a metà tra “Sfide” di Rai 3 e “C’è posta per te” di Maria De Filippi.


“Priorità alle storie”, al “vissuto”, “più persone, meno personaggi”. Sofferenze, tristi temi, mesti problemi, monologhi strappalacrime


Ma il segno più visibile e tangibile della tormentata ripulita è Cesara Buonamici, unica opinionista in studio, in tailleur bianchissimo e occhiali, che stacca dal Tg5 e si catapulta al Gf, sobbarcandosi l’impresa abbastanza disperata di dover commentare il nulla. Signorini le dà la parola, “beh allora Cesara cosa ne pensi”? e noi siamo in ansia per lei, leggiamo l’imbarazzo e l’inadeguatezza del ruolo, la maestrina costretta a dover dire qualcosa. Lo spazio tra la domanda di Signorini e la reazione di Cesara Buonamici è in effetti uno dei momenti con più suspense di questo Gf. Ma perché non osare davvero? Perché non metterci allora Lucia Annunziata, che fino a poco tempo fa era anche a spasso?

Si aspetta ora l’ingresso di Mughini, unica possibile star di questa edizione, già quotato come “ancora di salvezza”. Ed è anche un bel segno dei tempi: l’eventuale complicatissima risalita negli ascolti del Gf se la deve caricare sulle spalle un intellettuale. La gnocca e gli addominali non bastano: servono le idee (Mughini ha scritto su questo giornale una bella lettera di congedo dalla sua rubrica: saluta i lettori, si prende una pausa dallo scrivere, dal raccontare, dal telefonino, lasciando anche intravedere l’unico futuro possibile per il format: una casa di riposo con le telecamere, l’ambiente ideale per disintossicarsi dal lavoro o per trascorrere la terza età immersi nel comfort, circondati da giovani aitanti).

E pensare che si era partiti con le migliori intenzioni. C’era anche una telespettatrice, la signora Loredana, che in una lettera a Chi si complimentava con Alfonso Signorini per questo Gf così a modo, così tranquillo, elogiando la normalità, l’educazione, l’allegria dei nuovi concorrenti, sottolineando “l’autenticità davanti le telecamere”. Ma ecco poi sempre su Chi una seconda lettera, come nei migliori drammi, a svelare l’inganno, scritta di suo pugno da un uomo che “fa molta fatica a rispecchiarsi nei concorrenti del Gf”: “Pier Silvio Berlusconi ha voluto moralizzare il Gf, ma non ha indicato che non siamo, per nascita o aiutino, tutti palestrati; noi non abbiamo i dorsali scolpiti e le tette inamidate. Perfino i personaggi presi dalla strada nel Gf hanno gli addominali cesellati: come il bidello Giuseppe Garibaldi. Mediaset, da tempo, ci comunica come l’aspetto fisico, l’estetica sia un biglietto da visita essenziale”. Signorini, rispondendo, si dice “concettualmente d’accordo”. La lettera è abbastanza sgangherata (l’idea che esista un’estetica Mediaset anziché un mondo che almeno da un secolo promuove e vende immagini costruite su canoni immaginari, Hollywood, la moda, la pubblicità, l’aerobica di Jane Fonda, eccetera). Però a suo modo centra il punto: cosa significa mettere al bando il trash in tv? C’è un prontuario di temi/discorsi da non toccare?  Ci sono comportamenti da tenere e non tenere, ovvietà a parte? O c’è tutta un’estetica da rinnegare (tartaruga, tette, labbroni al botox, eccetera)? Sono trash gli addominali scolpiti ed esibiti, quindi anche quelli di Pier Silvio?


L’imbarazzo di Cesara Buonamici. Ma perché non osare davvero? Perché non metterci allora Lucia Annunziata, a commentare?


Si aprono qui la falle di una tra le parole più fraintese e abusate di questi anni, insieme a “radical chic” e “kitsch”. Se “trash” come sosteneva Tommaso Labranca è “emulazione di un modello alto”, emulazione destinata a “fallire”, come diceva lui, per mancanza di talento, di budget, o semplicemente perché si arriva troppo tardi, quindi fuori tempo, fuori moda, fuori tutto, allora non è forse più trash “Maria Corleone”, ennesima fiction di mafia, fatta con gli avanzi di “Made in Italy”, quindi in salsa Milano Fashion Week, che sin dal titolo chiama in causa il suo modello inarrivabile (la Mary Corleone del “Padrino” di Coppola)? Non è forse più trash Myrta Merlino a “Pomeriggio Cinque” che batte il tasto della cronaca nera più truculenta convinta così di smarcarsi dal gossip e “raccontare il paese” come Biagi o Zavoli? Non è forse trash in purezza il generale Vannacci, spalmato su tutte le reti Mediaset, e quel suo saggio con orripilante copertina enigmatica tipo “Gli alieni sono tra noi” o “Le rivelazioni di Nostradamus”, dove con linguaggio sciatto e ragionamenti banalotti emula i grandi pamphlettisti e polemisti indomiti à la Prezzolini, Montanelli, Malaparte, Fallaci? (ma forse era già un po’ trash “La rabbia e l’orgoglio”, che rispetto al “Mondo al contrario” di Vannacci è però “L’Ulisse” di Joyce).

Se tutto è trash, niente è trash, diceva giustamente Aldo Grasso qualche giorno fa. E se ce la prendiamo con l’estetica trash del Gf, meglio allora non uscire mai di casa. Nell’improbabile battaglia anti-trash di questo “Grande fratello” si registra semmai l’onda neopuritana del nostro tempo, che poi per contrasto e reazione produce anche molto “rutto libero” spacciato per “libertà d’opinione”. Altri semmai sono i problemi del Gf: che senso ha oggi, dopo quindici anni di social e tre di Covid, spiare la vita di un gruppo di persone chiuse in casa? E’ una cosa che può ancora interessarci?

E poi la nostra idea di “trash”, come tutto, cambia in continuazione. “Io faccio le televendite che vanno all’interno di ‘Forum’ e le televendite sono sempre state considerate trash”, diceva Giorgio Mastrota, “ma nel frattempo ‘Forum’ è diventato talmente trash che il mio in confronto è un momento educational”. Bisognerebbe lasciare al trash la sua funzione decisiva: abbiamo bisogno di sentire che anche nel cattivo gusto, nelle nebulose della burinaggine e delle emulazioni disperate, esistono pur sempre delle vette. Il trash è importante perché fissa i limiti del brutto. Innesca sgomento, sdegno, o divertimento e guilty pleasure per qualcosa che è peggio di noi, e così ci fa sentire migliori di quel che siamo (la funziona catartico-salvifica del trash).


Eleonoire Ferruzzi, bombastica icona trans, emblema del “cast sbagliato” della precedente edizione: “Ma abbiamo prodotto ottimi ascolti”


 

Se ora ci si accanisce con il Gf è perché gran parte di ciò che in tv chiamiamo “trash” viene da lì. Il “Grande fratello” è stato l’anno zero del trash. Ma dove sono oggi a difendere questo pallosissimo, educato Gf tutti quelli che per anni si sono indignati davanti allo spettacolo indecoroso del primo reality? Ci sono invece i reduci dell’ultima edizione, epitome del punto di non ritorno, che ora si godono lo spettacolo della vendetta, popcorn in mano. Eleonoire Ferruzzi, bombastica, plasticosa icona trans e influencer di Cittiglio, provincia di Varese, eroina dello scorso Gf Vip, emblema del “cast sbagliato” che ha superato il limite, qualunque esso sia (aveva sputato quasi addosso alla modella Nikita), dice ora che “sì, ci sono stati gesti spregevoli e brutture, ma abbiamo prodotto ottimi ascolti. A differenza del cast dell’attuale Gf che ha avuto un crollo negli ascolti già dalla seconda puntata”. E poi ancora: “Devono capire che il Gf nasce come reality trash. Inutile indottrinare i concorrenti. Sono tutti terrorizzati. La maleducazione, le parolacce e tutta questa roba ci deve stare. Cose che gli spettatori vogliono vedere. Se ne lamentano ma vogliono quello. Se volessero un programma culturale guarderebbero Quark. Il Gf è per un pubblico medio-basso. Anzi, no. Basso, neanche medio”. E qui, se non altro, il caro vecchio spettatore dei reality non si sente preso per il culo. 

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