Boom di ascolti
Il vecchio talk-show non esiste più. Il caso "Che tempo che fa" spiegato alla Rai
Perché il programma di Fabio Fazio è diverso dagli altri talk show. I motivi dietro al successo del 10.5 per cento di share
Un programma come "Che tempo che fa" non c’è da nessuna parte perché nessun palinsesto televisivo dà spazio a qualcosa del genere (e chi lo aveva lo ha ceduto). Fanno tutti il talk, più o meno lo stesso talk con gli stessi ospiti, o cercano di strappare confessioni da personaggi non all’altezza delle attese o imbastiscono inchieste tanto sconvolgenti quanto campate in aria. Tutti, insomma, cercano l’eccesso, convinti che la televisione abbia bisogno di posizioni estreme, di divergenza, perfino, da ultimo, di complessità. Fazio gli estremi li schifa, con saggezza televisiva e la complessità la aborre. Mentre la scelta morale non ammette tentennamenti. Ci sono grandi temi, ai quali non si sottrae, ma sceglie il campo in cui stare senza ambiguità, senza complicazioni, senza “sì, ma”.
Nella sua prima puntata, per un 10,5 per cento che segna il record di ascolti sul Nove, ha messo giù il tris dei temi caldi affidandosi a interviste a Liliana Segre, Andriy Shevchenko, Roberto Burioni. Questa scelta consente di circoscrivere gli argomenti pur se tragici e di enorme rilievo dentro un tempo e uno spazio, come è successo anche per i giornalisti invitati alla prima puntata, gruppetto non originale nella composizione, ma tenuto nello schema faziano e reso più interessante. Sì, questo comporta anche la promessa, per chi ascolta, di mettere poi via quelle pagine e passare ad altro. Potrebbe sembrare cinismo, ma è invece una specie di furbo candore, perché il diavolo sta nei dettagli e, ancora di più, nelle analogie, allora meglio evitare gli uni e le altre. Invece delle divagazioni senza meta del talk, Fazio offre all’ascoltatore un discorso televisivo che arriva al punto. E poi quel gioco delle opinioni contrapposte da salotto televisivo, della commedia dell’arte goffamente interpretata e mascherata da confronto di competenze, lo irride nel suo tavolo finale.
Inscenando una vera commedia dell’arte, fatta, come da tradizione, di talento personale e di caratterizzazione. Aiutato da una banda di campioni. Perfettamente integrati i primi attori, Michele Foresta (Mago Forrest) in tonalità maggiore e il meraviglioso Nino Frassica in tonalità minore, con le loro proiezioni/spalle/bersagli Mara Maionchi, Simona Ventura, Gigi Marzullo (in effigie) e Maurizio Ferrini (signora Coriandoli) splendido solista che parte per direzioni sue e spezza la conversazione. Gli ospiti occasionali si trovano in uno schema rodato e non fanno fatica a entrare nello spirito del programma, senza mai sembrare catapultati lì tanto per promuoversi. Si divertono e noi con loro.
Politicamente corretto e panettone