sul piccolo schermo
Da Belén a Ilary, non drammatizziamo… è solo questione di corna (ah no, di audience)
La stucchevole tivù del dolore con sentimento della domenica: da una parte Mara Venier su Rai Uno, dall'altra Verissimo su Mediaset. Nessuno è più capace di trattare con leggerezza l’eterna, e accettata, danza dei tradimenti
Correva l’anno 1970, in Italia il divorzio era appena nato e mai invenzione italiana per un titolo di film forestiero nacque più strampalata e fuorviante, ma a tal punto d’iperbole da diventare proverbiale come il ritornello di una canzonetta. Il film del grande Truffaut, il quarto della biografia immaginaria di Antoine Doinel, si intitolava "Domicile conjugal", in Italia divenne "Non drammatizziamo… è solo questione di corna". Sembrava – anzi: lo era – lo specchio perfetto per il paese familista e maschilista, in cui le infedeltà coniugali (di lui) erano naturali come il ciclo delle stagioni. Quanto sia cambiata l’Italia nell’epoca del divorzio breve, anzi del non matrimonio, ché si fa prima, delle coppie non monogamiche e paritetiche nelle trasmigrazioni d’amore non è l’argomento di queste righe. Che è invece la strampalatezza della televisione un tempo detta d’intrattenimento (ora se la tirano esageratamente anche lì). Chi mai avrebbe potuto immaginare che il folle titolo appiccicato a Truffaut, "Non drammatizziamo… è solo questione di corna", sarebbe divenuto un’arma di difesa dello spettatore, un modo per prendere un minimo di distanza dall’assurdità dello schermo, di mandare insomma a quel paese la sospensione della incredulità (“non ci posso credere!”, gridava Aldo Baglio) rispetto al contenuto demenziale delle tv della domenica pomeriggio.
Da Mara Venier, su Rai Uno, Belén Rodríguez ha raccontato (conservando, va detto, il salvifico filo di ironia che le è proprio) i dodici tradimenti (poi ha perso il conto) dell’ex marito Stefano De Martino, causa primaria di una grave depressione (malattia seria) di cui ha sofferto. Un picco di ascolti mica male. Più o meno alla stessa ora, a “Verissimo” su Mediaset, Ilary Blasi raccontava il tradimento di Totti (uno solo, di altre “non ho prove”) et cetera (il De Martino, la sera a casa Fazio, ha replicato alla ex Rodríguez). Il fatto che Ilary Blasi abbia calamitato più ascolti di Belén Rodríguez che pure – alla fine il tema era quello – raccontava di malattia e sofferenza, ci dice che al pubblico italiano piacciono di più le eterne favole (Ilary-Francesco lo era) anche quando finiscono a Rolex in faccia che non il resto. In fondo, è e resta “una faccenda di corna”. Che c’è da drammatizzare? Ma a giudicare da come è stata commentata soprattutto la vicenda Rodríguez-De Martino (i Christine-Antoine che il presente ci passa), lui ovviamente colpevole, gli italiani ex familisti e amorali sono diventati tutti grami moralizzatori, nessuno più è capace di dire, di una coppia che si scopre infedele o che divorzia: "Non drammatizziamo… è solo questione di corna". O almeno: chissenefrega, perché lo raccontate a noi? La nuova tivù del dolore non è più capace di trattare con leggerezza l’eterna, e accettata, danza dei tradimenti. Così la riveste da insopportabile tivù del dolore, peggio di quella di moda anni fa. A tema da Venier c’era infatti la depressione, e c’era anche Fedez, a raccontare la sua. Sono finiti addirittura sulla prima pagina del Corriere (ah, le profezie di Arbasino). Ma per parlare di malattie, di salute, ci sono e dovrebbero esserci trasmissioni scientifiche adeguate. Perché trarne spettacolo da domenica pomeriggio? Ma almeno ci si limitasse alle corna. Non drammatizziamo.
Politicamente corretto e panettone