Fiorello a Sanremo 2024 - foto Ansa

dal nostro inviato

Fiorello, il Benigni della destra. Fenomenologia del “sopraconduttore” di Sanremo

Salvatore Merlo

Tanto quello fa il papa straniero della sinistra quanto Fiore fa l’antipapa intimo della destra. Un gran giullare cui tutto è concesso: sfotte i ministri e la Rai

Sanremo, dal nostro inviato. Fa un po’ il  Benigni della destra, e forse lo pensa anche Giorgia Meloni che probabilmente ride di gusto quando quello prende in giro il governo, la Rai, Fratelli d’Italia e la destra intera, quando sfotte il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (“c’è da dire che è preparatissimo: mia figlia va a lezione di greco da lui”)  o quando le telefona dopo i fuorionda di Giambruno: “Lo sai che oggi si divorzia in 24 ore?”. A Fiorello,  anzi a “Ciuri” come lo chiama Amadeus, è concesso tutto come  ai grandi giullari, quelli che un tempo godevano di diritti speciali di fronte al sovrano perché erano la coscienza ludica del potere, gli unici che potevano dirgli – sotto forma di scherzo – la verità.

Dunque a Sanremo Fiorello si accorge che il direttorissimo dell’Intrattenimento Rai, Marcello Ciannamea, che tutti sanno essere leghista, annaspa e quasi balbetta in conferenza stampa, e allora  lo guarda sornione e lo presenta così ai giornalisti: “Ecco Ciannameaculpa”. E giù risate, mentre il direttorissimo diventa color aragosta (bollita). E poi va pure da Fabio Fazio, l’insopportato dalla destra, e lì commenta: “Ieri a Viale Mazzini piangevano tutti”. Ed è vero. Piangevano tutti.  Sicché prende in giro la Rai e l’authority (dopo la multa  per pubblicità occulta a Instagram: “Alla Rai niente nomi dei social, solo televideo”), canzona i suoi dirigenti, l’apparato di sottopotere, diventa il “sopraconduttore” del Festival, lui che qualche settimana fa aveva raccontato al direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci di aver votato le ultime volte per tre partiti diversi. Un po’ come la maggioranza degli italiani, verrebbe da dire: Renzi, il Movimento cinque stelle e ora Meloni. Lei che lo conosce da quando, liceale, aveva fatto da baby-sitter a una delle figlie di Fiorello, e che sempre si scioglie per le battute di spirito (per questo è amica anche del satirico Osho) dimostrando che alla destra fanno bene dosi massicce di Fiorello,  almeno una volta dopo i pasti principali, come un contravveleno, un antidoto, perché non solo la satira non fa male alla testa, ma qualche volta la guarisce.

 

Ennio Flaiano diceva che “in Italia una volta c’erano otto milioni di baionette e oggi ci sono otto milioni di fotografi”, e ancora non aveva visto i cacciatori di selfie che per le strade intasate di questo cittadone ligure invaso da migliaia di curiosi inseguono le orme di Ciuri che è dovunque e da nessuna parte: su un balcone, dietro a un vetro, sul tappeto verde, in una stanza d’albergo, su una gru, al di sopra e al di sotto del palcoscenico del Teatro Ariston, quando le telecamere sono accese ma anche quando sono spente. Se gli chiedessimo se pensa di essere il Benigni della destra, siamo sicuri che Fiorello  risponderebbe così: “Suca”. Che non è un’offesa e non ha niente di osceno – come sa bene Francesco Bozzi, l’amico e autore di Fiorello che  sulla “filosofia del suca” ha scritto un libretto formidabile – ma è bensì l’espressione di questa idea: niente e nessuno ha potere su di me, né mai lo ha avuto. E difatti non è la destra ad avere potere su Fiorello, ma è Fiorello ad avere un potere taumaturgico sulla destra, perché nessun giullare della sinistra faziosa, nessun comico politicante da talk-show  potrebbe mai strappare  una sonora risata  a Meloni così come invece riesce sicuramente a fare Fiorello, anche quando corre il rischio di benignizzarsi sul serio, cioè di pettinare il senso comune per il verso giusto come ha fatto l’altra sera a Sanremo sul caso Salis. E tuttavia questo specialissimo gran giullare,  però, sfottendo sfottendo (“l’opposizione a Meloni la fa Giambruno”) finisce col disvelare l’irrimediabile trionfo d’una destra di governo che malgrado gli inciampi  si muove da sola, ovvero senza avversari, padrona sul campo da gioco della politica e della comunicazione, malgrado Matteo Salvini che chiede inchieste sui treni speciali della Rai verso Sanremo  e prova a fare il guasta-Festival: “Meloni lancia un  siluro a Schlein e Chiara Ferragni?”, diceva Fiorello qualche giorno fa. “Ecco, la presidente del Consiglio prima se la prende con il leader dell’opposizione e subito dopo attacca la Schlein”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.