Da "Derry girls" a "La donna del lago". Le quattro serie tv della settimana

Mariarosa Mancuso

DERRY GIRLS showrunner Lisa McGee, con Louisa Harland, Saoirse-Monica Jackson (3 stagioni  su Netflix)

 

Qualche cattiva ragazza, per variare il menu dell’eterna fantascienza e delle scopiazzature di “Black Mirror”. Spiace dire che bisogna tornare indietro di qualche anno. Ma questa serie irlandese pare sempre nuovissima, anche se la protagonista Saoirse-Monica Jackson – la più scatenata, nella serie si chiama Erin Quinn e ha sedici anni – intanto ha fatto una bella carriera, e recita con Zosia Mamet (una delle ragazze in “Girls” di Lena Dunham) nel “Decameron”. Avrebbe voluto fare l’attrice drammatica, e in “Derry Girls” è una gara di smorfie. Vestita con la divisa della scuola cattolica, gonna a pieghe e calzettoni: siamo nell’Irlanda del nord, prima metà degli anni 90. Sullo sfondo, i disordini. Ma le fanciulle hanno la loro agenda, quanto a troubles.

  

EMILY IN PARIS showrunner Darren Star, con Lily Collins, Ashley Park (quarta stagione dal 15 agosto su Netflix)

 

Strapazzata e ridicolizzata – per l’idea che gli americani hanno della Francia, della vita parigina e pure delle case di moda – torna l’americana sulla Senna Lily Collins. Una bella stampella per il cambio d’abiti, e una collezione di scarpe da far invidia a “Sex and the City”. Basta leggere la presentazione dei due nuovi personaggi italiani. Raoul Bova è “un regista pubblicitario romano affascinante, sicuro di sé e di successo, ex professore di cinema di Sylvie” (si spera che almeno lui sappia qualche parola di francese: godard, cotillard, renoir). Eugenio Franceschini è un romano “diretto, sicuro di sé, concreto ma mai appariscente, fedele alle radici dell’azienda di famiglia”. Per un attimo abbiamo temuto che fosse povero, orrore!

  

LA DONNA DEL LAGO di Alma Har’el, con Natalie Portman, Moses Ingram, Y’Lan Noel (Apple tv+, primi due episodi il 19 luglio, poi uno a settimana)

 

Natalie Portman non poteva scegliere regista migliore per debuttare in una miniserie. Alma Har’el, nata a Tel Aviv nel 1975, a 40 anni era nella lista stilata da Indiewire: “18 registe pronte a dirigere un film di cassetta”. Ha scelto una serie, tratta da un romanzo di Laura Lippman (ben conosciuta anche dai lettori italiani per i suoi thriller). Siamo nel 1966. Miss Portman, separata di recente dal coreografo parigino Benjamin Millepied, può sfoggiare tailleur avvitati e capelli cotonati. A Baltimora sparisce un gruppo di ragazzine. Lei è Maddie, una donna con un passato pieno di guai che cerca di reinventarsi come detective per un giornale. Ma nel lago è morta anche una donna afroamericana che frequentava i politici locali.

  

A TOWN CALLED MALICE di Nick Love, con Martha Plimpton, Jason Flemyng (dal 16 agosto su Sky Atlantic, in streaming su NOW)

 

Un misto di crimini efferati e risvolti grotteschi, come riesce solo agli inglesi: in prima fila sta Guy Ritchie, e certi suoi attori ritornano qui. Pallottole e guerre in famiglia, nel clima torrido della Costa del Sol (allora non si badava tanto al riscaldamento globale). La famiglia di gangster da South London si trasferisce in Spagna armi e bagagli, con il solito codazzo di rancori e rivalità che finiranno per esplodere. Vorrebbero tornare in pista, e spazzare via i rivali. Ma passano il tempo a litigare tra loro. Non si accorgono del pericolo che hanno proprio davanti agli occhi. Una fanciulla assetata di vendetta, che sta per entrare in famiglia. Dopo aver corteggiato il figlio più giovane, siamo quasi al momento delle nozze.