(foto dalla pagina Facebook ufficiale di Temptation Island)

Alternative all'AI

Perché gli autori tv dovrebbero scendere in piazza per celebrare il trionfo Temptation Island

Serena Magro

Con le isole tentatrici vince la tv che è pienamente e orgogliosamente tv: altro che sofisticati (e poco umani) sistemi di intelligenza artificiale

Gli autori tv, il loro sindacato, le loro associazioni, dovrebbero scendere in piazza per festeggiare, rovesciando il tono delle proteste e degli scioperi dei loro colleghi hollywoodiani, dopo la vittoria schiacciante di Temptation Island contro Noos. Dovrebbero scorrere in un allegro corteo per le strade, verso sera ovviamente per non schiattare, e, tenendosi per mano, rivendicare il loro trionfo e celebrare il legame diretto tra le loro invenzioni narrative e i gusti del pubblico. Perché con le isole tentatrici vince la tv che è pienamente e orgogliosamente tv. Un prodotto che ancora, malgrado i noti studi che datano agli anni Sessanta, molti stentano a capire, cercando invece altri modelli, cose canoniche, teatrali o cinematografiche, o, appunto, pedagogiche e formative. Gli americani hanno protestato in un lungo sciopero soprattutto contro la sostituzione in atto tra sistemi di intelligenza artificiale e sceneggiatura professionale di serie e film. Lo specifico televisivo delle isole in cui volontariamente ci si sottopone alla prova della fedeltà sembra in grado di sconfiggere la concorrenza degli algoritmi. Azzardiamo che nelle coppie da mettere sotto pressione, da testare sentimentalmente ed eroticamente, telecomandate o no, c’è troppa umanità, troppa confusione di ciò che si prova e ciò che si vorrebbe, troppe forze e troppe debolezze, per essere ingaggiabili con l’IA. Mentre il rivale divulgativo, quello sì, sarebbe riproducibile in un secondo con un po’ di scrittura televisiva automatica.

 

Basterebbe mettere come obiettivo la diffusione di elementi scientifici di medio livello, probabilmente inseriti nei programmi delle scuole superiori, chiedendo all’algoritmo di mixarli con un po’ di coscienza ambientalista e una spruzzata di denuncia universale, e di Noos ne verrebbero sfornati a decine. Roba di pronta fattura, perché prodotta da una posizione di vantaggio, con i conduttori che per definizione ne sanno di più di chi ascolta. Ottima condizione per una gran parte dei casi di comunicazione e anche di intrattenimento, con l’eccezione, però, dei programmi specificamente televisivi, nei quali si richiede invece una specie di parità (che poi sia fittizia non conta) nel grado di conoscenza degli sviluppi del racconto tra autori, protagonisti e pubblico. Il meccanismo dell’identificazione, notoriamente e banalmente necessario per il successo di questo genere di intrattenimento, può funzionare solo al verificarsi della parità nella graduale conoscenza e comprensione di ciò che succede sullo schermo. E’ propriamente un ambito libero da supponenze e da autorevolezze, è un postaccio se volete, ma tremendamente paritario nella libertà di giudizio. Poi, certo, l’Italia è anche il paese del compromesso geniale. E qui se ne potrebbe proporre uno, che vedrebbe il conduttore Alberto Angela, ingiustamente finito in tutto questo casino, recuperare tutto l’ascolto perso e riprendere il ruolo di pivot delle storie che gli è proprio. Detto inter Noos e senza voler fare illazioni ma su di lui, con molta insistenza tra gli addetti ai lavori televisivi, circolano leggende fisiche che ne farebbero un partecipante straordinario nelle isole della tentazione. Il compromesso geniale è presto spiegato: si invii Angela tra le coppie da tentare e qualche sconvolgimento narrativo è assicurato, con ascolti che da eccezionali diverrebbero irrefrenabili.

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