La rassegna
Le serie tv per sopravvivere bene all'estate, aspettando la terza stagione di "The Bear"
La dodicesima stagione di "Futurama" su Disney+, cattiva come "I Griffin", che caldamente consigliamo. Il romanzo che ispirò "Il gladiatore" si fa serie. Uova di drago e cadaveri in spiaggia, suspense coreana e turbamenti adolescenziali
Serie e altre serie, aspettando il 16 agosto. Quando arriverà la terza stagione di “The Bear”. Il cuoco Carmy – Carmelo all’anagrafe – ha lasciato l’alta cucina per rimettere in sesto la panineria ereditata dal fratello indebitato e suicida. Cacciando chi gli diceva “perché non cuciniamo spaghetti?”. Ora sogna un ristorante suo. Di quelli con le stelle, ad alto tasso di stress per chi sta in cucina e in sala. Anche per i clienti, mal giudicati se osano chiedere un pizzico di sale. O un piatto rotondo senza sbaffi marroncini.
La ricetta ha funzionato per due splendide stagioni, grazie all’attore Jeremy Allen White. Negli incubi vede un orso che lo divora, davanti ai fornelli è concentrato, occhi azzurri e fossetta sul mento, muscoloso cherubino con i riccioli, perlopiù in T-shirt. Un valore sicuro. La terza stagione finora l’hanno vista solo in Usa, noi abbiamo letto tutto e il contrario di tutto. Pasticcio indigesto. Regia piena di pretese. E soprattutto “noia”, che fa ancora più male. Era una delle poche serie con un ritmo contemporaneo (altre si ostinano, su sei episodi, a sprecarne un paio prima di entrare in materia).
Chi ha parlato di occasione persa. Chi di inutile esibizionismo. Una pietanza pesante e poco armoniosa. A seguire, tutte le variazioni possibili su un piatto malriuscito. Ma ci sono anche i fan, liricheggianti su appetitosi profumi, accostamenti originali, trame che lievitano come un soufflé di perfetta fattura. In questa pagina, un po’ di serie per l’estate. Posto che abbiate visto l’imperdibile, e sublime, “Baby Reindeer”, spaventosa storia di stalking – migliaia di messaggi e mail. Vissuta e poi raccontata dalla vittima Richard Gadd, comico scozzese, prima al fringe di Edimburgo, e ora su Netflix. La minacciosa ragazza, nella serie, si chiama Jessica Gunning.
Per i dragoni di “House of the Dragon”, sta a voi decidere quanta fantasy siete in grado di reggere. Avevamo molto apprezzato “Game of Thrones” per i suoi intrighi shakesperiani che qui vanno perduti. Siamo quasi due secoli prima, quando i draghi scorrazzavano nel cielo. Non erano solo vecchie uova, amorosamente curate dalla bionda Daenerys Targaryen, l’unica che credeva alle vecchie leggende. La sua stirpe, in questo prequel, inizia la decadenza, la guerra civile sarà chiamata “Danza dei Draghi”.
La stagione estiva si chiuderà il 5 settembre con Nicole Kidman nella miniserie “The Perfect Couple”, su Sky e Now. La bionda australiana è sempre altera, immobile anche da quando ha giurato che avrebbe smesso con il botulismo, e nasconde un segreto. C’è sempre una famiglia perfetta, qui anche un perfetto matrimonio con una delle famiglie più ricche di Nantucket. Ma se in casa c’è una scrittrice di gialli, e sulla spiaggia viene scoperto un cadavere, tutti sono sospettati.
L'arte della gioia
Di Valeria Golino, con Tecla Insolia, Valeria Bruni Tedeschi, Guido Caprino, Jasmine Trinca (Sky e Now)
La riscoperta continua è un vizio italiano, certi scrittori vengono celebrati come “il capolavoro perduto”, poi si inabissano e vengono riscoperti un’altra volta. “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza fu a suo tempo rifiutato da molti editori: come un piccolo “Gattopardo” che va al contrario nella scala sociale, dalla miseria nera verso l’alto. Modesta – così l’hanno chiamata – nasce nella campagna siciliana all’inizio del 1900, in un tugurio che oggi facciamo fatica a immaginare, umani e bestie a dividersi cibo e spazi (abbondano sporcizia e stracci). Ribelle fin da ragazzina, respinge il padre violento, dà fuoco a quel che ha intorno e scappa. Sa che non ha nulla da perdere, farà ogni cosa per migliorare la sua condizione. Finisce in convento, ma a differenza delle altre ragazze lavora per pagarsi la retta. Presto impara a sfruttare la sua bellezza e capacità di seduzione. Prima con la madre superiora Jasmine Trinca, poi con il mezzadro Guido Caprino, mentre la principessa Valeria Bruni Tedeschi, svanita più che mai, sente dire “la terra, come l’arte, sono di chi le comprende”. Entra la Storia d’Italia, regia costumi e recitazione scivolano senza intoppi dagli interni privati al feuilleton. Valeria Golino ha imparato tutto quel che c’era da imparare e si mette al servizio del copione. Tecla Insolia ha la faccia giusta, e una leggera smorfia di disprezzo che suggerisce: “non pensavo fosse tanto facile ingannare e tradire”.
The 8 Show
Di Han Jae-rim, dal fumetto digitale di Bae Jim Son intitolato “Money Game” (Netflix)
Corea, ancora Corea. Un altro “Squid Game”? Sì e no, ma è garantita la suspense. Un giovanotto è distrutto dai debiti, con il misero stipendio non arrivare alla fine del mese, figuriamoci ripagarli. Sta sul ponte, una gamba già sul parapetto, quando il cellulare squilla. Irresistibile come il canto delle sirene. Vede comparire sullo schermo una bella cifra, e la scritta: “Compriamo il tempo a cui tu vuoi rinunciare”. Una limousine bianca si ferma proprio lì, la portiera si apre. Il giovanotto sale, si ritrova in una struttura bianca e linda, basta prendere la scheda con il numero di una stanza, affacciata sulla corte interna. Vede numeri dappertutto: il conto alla rovescia, il montepremi, il prezzo astronomico degli extra. Fischio d’inizio, si accendono le luci della diretta tv. Per quale pubblico oltre a noi non sappiamo. Il concorrente numero tre non è ancora riuscito a infilarsi l’abito regolamentare: una tuta bianca, le righe nere disegnano tasche e colletto che in realtà non esistono (scopriremo poi che c’è anche la tuta per le ragazze, e che i piani dell’edificio sono otto: non solo un dettaglio, è la gerarchia tra i concorrenti). Telecamere dappertutto, ovvio. E un misto di uomini e donne dai caratteri diversi: l’arrendevole, il prepotente, l’intelligente, la fanciulla generosa di sé. Chi più a lungo resiste più guadagna. Ma deve dare spettacolo di sé, da vittima oppure da carnefice, con tutte le sfumature intermedie.
Bodkin
Dii Jez Scharf, con Will Forte, Siobhàn Cullen, Robi Cara, Fionnula Flanagan (Netflix)
Miniserie in sette episodi, produttori Barack e Michelle Obama. Protagonisti: un gruppo raccogliticcio di podcaster. Gilbert si occupa di true crime per professione: sostiene che non sia necrofilia, bensì curiosità per i misteri inconfessabili dell’animo umano. La collega Dove faceva la giornalista investigativa del Guardian, allontanata da Londra dopo che un suo informatore si è impiccato. L’altra ragazza Emmy si occupa delle ricerche (non esita a rubare una cartella da una scrivania, mentre con il collega Gilbert è invitata per un tè). Irlandese di origine, Dove è furiosa fin dal primo giorno: telefona al giornale per lamentarsi, vorrebbe riprendere il vecchio lavoro sul campo, invece di girare l’Irlanda con due convinti di essere a Disneyland, tra erba verdissima e pub turistici. I pub per gli indigeni sono più tosti da affrontare, e tutti alla parola “podcast” chiedono: “ma qualcuno li ascolta?”. C’è la “vera Bodkin”, disegnata nei gustosi titoli di testa, dalla ridente cittadina fino ai lupi, ai miti, alle favole che la gente si racconta quando le storie sono troppo atroci da sopportare. Per esempio – è il cold case su cui il terzetto indaga – la sparizione di tre ragazzi, venticinque anni prima, durante la festa dei morti irlandese. “Bisogna mascherarsi da orribili mostri” – spiegano i vecchi del paese. “E fare molto rumore: sennò i morti della tua famiglia, o chi hai conosciuto in vita, potrebbero aver voglia di acchiapparti e portarti con loro nell’aldilà”.
Futurama
Stagione 12 dal 29 luglio su Disney+
Animazione. Di quelle cattive come “I Griffin” di Seth MacFarlane, che caldamente raccomandiamo (anche questa su Disney +, dopo la fusione con la Fox non è più la ditta del vecchio Walt). Agli spettatori adulti: i bambini rischiano di perdersi tra citazioni e riferimenti. I genitori troveranno la famiglia Griffin troppo sboccata. E “Futurama” troppo difficile: richiede un po’ di conoscenze sull’attualità, e pratica con i libri e film di fantascienza. “Futurama” è stata ideata da Matt Groening, lo stesso dei “Simpson”. Dopo un primo blocco di stagioni dal 1999 al 2003, è stata ripresa dal 2008 al 2013 su Comedy Central e ora su presenta come “Hulurama” – come la piattaforma americana Hulu (è difficile abbandonare tipi tanto strampalati e azzeccati, che consentono di satireggiare ogni aspetto del nostro mondo). Il fattorino Philip J Fry a Brooklyn faceva il fattorino per la Panucci’s Pizza. Durante una consegna in un laboratorio è entrato per sbaglio in una camera criogenica – dove ti congelano come un merluzzo. Si risveglia nel 2999, mille anni dopo, ora fa il fattorino per le spedizioni intergalattiche Planet Express. La stagione 12 riunisce tutta la banda. Oltre a Fry, ci sono Leela, la fanciulla con un solo occhio (figlia di due mutanti che vivono nella metropolitana di New York) e il robot Bender – vedremo finalmente il villaggio robotico dove è nato e cresciuto, laggiù nel Messico. C’è anche l’alieno rosso del pineta Decapod, una specie di polipo-aragosta che diventa violento nella stagione egli amori.
Un gentiluomo a Mosca
Di Sam Wanstone, con Ewan McGregor, Mary Elizabeth Winstead (Paramount+)
Ewan McGregor con baffoni e riccioli neri è un aristocratico russo abbastanza credibile, in tutte le sue avventure conserverà un’ironia poco congeniale al periodo post rivoluzionario. Il conte Alexander Rostov viene convocato nel 1922 al Cremlino, ne esce scortato dai guardiani della rivoluzione fino all’hotel Metropol. Giudicato colpevole di essersi arreso “alle convenzioni della sua classe sociale”, è condannato agli arresti domiciliari. Al Metropol, appunto: uno degli hotel più sfarzosi di Russia, inaugurato nel 1905 con lussuosi saloni Art Déco. Viveva in una bella suite, lo costringono a trasferirsi in soffitta, su un letto cigolante, denaro sequestrato e l’ordine di non lasciare mai l’albergo. Dove però gli saranno garantiti i pasti, in sala da pranzo e servito da camerieri. Fa ginnastica per tenersi in forma, al giorno 47 incontra un amico violinista che ha perso la madre e la sorella, e medita la fuga. Va dal barbiere – rasoio a mano libera, che altro? Incontra Nina Kulikova, una ragazzina come lui prigioniera ma piuttosto intraprendente, che ha girato l’albergo in lungo e in largo: magazzini, passaggi e uscite segrete, cantine. Sa come uscire e come rientrare strisciando nei vicoli che servono per i rifornimenti. Intanto abbiamo visto “la stanza degli oggetti sequestrati” e abbiamo ascoltato la regola che governa le spie: “Datemi un uomo e vi darò un reato”. Dal romanzo di Amor Towles, edito da Neri Pozza.
Me
Di Michael Dowse, con Lucian-River Chauhan, Ben Vasari, Max Davis (su Apple tv+)
Turbamenti adolescenziali e supereroi hanno qualcosa in comune da “Spider Man” versione di Sam Raimi. Peter Parker è stato punto dal ragno che lo trasformerà e si ritrova una sostanza appiccicosa sulle mani. “Capita, alla tua età”, dice lo zio Ben (che poi verrà ucciso e Peter dirà: “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”). Il Ben della serie “Me” è un ragazzino che vede il bullo della scuola picchiare il più debole (dopo di lui, che era stato la prima vittima, magrolino e con le orecchie a sventola). Ne nasce una rissa, il difensore dei deboli si chiude in un bagno. Il bullo apre le porte e dall’ultima viene fuori ragazzino diverso, per abiti e connotati – ma con le scarpe bagnate, Ben aveva messo un piede nella tazza. Torniamo in dietro, a quattro o cinque settimane prima. Il primo giorno di scuola, dopo che sua madre Elizabeth ha sposato un uomo già padre di una figlia. Viene affidato a Kenny, uno studente nero che dovrebbe fargli da guida – ma non riesce a evitare un incidente con la macchina fotografica vintage che il nuovo allievo si è portato dietro. La sera, Ben chiacchiera sul letto con la sorella Max, lei gli dice: “devi decidere chi vuoi essere”. Il giorno dopo, sceso in pigiama per fare colazione, i genitori lo guardano con un estraneo, In effetti, ha assunto le fattezze di Kenny. Fugge in pigiama, mentre i genitori lo cercano. Non osa tornare a casa. Al parco incontra una bella ragazza, che gli dice: “Non hai nulla di sbagliato, andrà sempre meglio”. Lei ha qualcosa di strano da scoprire.
Those about to Die
Di Roland Emmerich, con Anthony Hopkins, Tom Hughes, Jo Jo Macari (dal 19 luglio su Prime Video)
Per chi ricorda qualche brandello di latino, “those about to die” si traduce esattamente con “morituri”: i gladiatori che sfilano davanti all’imperatore romano prima del combattimento. Al pubblico vociante toccherà poi il gesto del “pollice verso”, per decidere la sorte di chi è riuscito a non farsi ammazzare dall’avversario. Daniel Mannix aveva intitolato “Those about to die” il romanzo che ispirò “Il gladiatore” di Ridley Scott, con Russell Crowe in modalità “al mio segnale scatenate l’inferno” (adesso è in tour con il suo gruppo, The Gentleman Barbers, da Cervinia a Noto, passando per Roma e Ascoli Piceno, Ladispoli e Castiglioncello). Ora quel libro è diventato una serie diretta da Ronald Emmerich, altro regista passato dal grande al piccolo schermo – ma lui direbbe, come Gloria Swanson in “Viale del tramonto”: “è il cinema che è diventato piccolo”. Ambientata nel 79 prima di Cristo, quando Roma era il centro del mondo, la serie è stata girata a Cinecittà. I cittadini che potevano permetterselo erano in cerca di svago, si temevano rivolte, non bastavano le gare di bighe al circo Massimo. Viene costruito il Colosseo, più grande e più bello per i combattimenti sempre più violenti dei gladiatori. Perlopiù, schiavi robusti e sacrificabili che venivano dalle colonie. Speriamo abbiano imperato la lezione, dopo “Il gladiatore” e i suoi svarioni. E non abbiano tatuato SPQR sui bicipiti dei combattenti.
Politicamente corretto e panettone