Sara Giudice (Ansa)

Viale Mazzini

La Rai annulla l'accordo con Sara Giudice. Nella tv di stato il garantismo è solo un programma

Carmelo Caruso

Doveva essere l’inviata del programma “L’altra Italia”, di Antonino Monteleone, che conferma: "L’editore mi ha comunicato che non ci sono le condizioni”. I dirigenti Rai di destra hanno fatto saltare il contratto, eppure contro l'ex giornalista di Piazza Pulita non ci sono sentenze

 Hanno fatto saltare un altro contratto, la parola, un’idea di civiltà, hanno fatto saltare la credibilità di una nuova trasmissione “garantista”. I dirigenti Rai di destra hanno fatto saltare il contratto di Sara Giudice, l’inviata del programma di Rai 2 “L’altra Italia”, di Antonino Monteleone. Lo conferma Monteleone al Foglio: “E’ vero, mi è stato comunicato da Paolo Corsini, il direttore dell’Approfondimento Rai che il contratto di Sara Giudice non può essere finalizzato. L’editore mi ha comunicato che non ci sono le condizioni”.

Giudice è una giornalista, ex inviata di “Piazza Pulita”, accusata da un’altra collega, una collega che lavora a sua volta in Rai, a Rai 3, di aggressione. Sara Giudice non è condannata. L’episodio della presunta aggressione risale al 29 gennaio 2023, e la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione. Sara Giudice era stata informata da Monteleone di aver ricevuto il 7 agosto la matricola Rai. E’ la matricola che permette ai giornalisti di lavorare in Rai, che precede la formalizzazione di un contratto, e viene firmata dall’ad Roberto Sergio. Abbiamo chiesto a Sergio se abbia firmato o meno la matricola di Giudice e l’ad ha risposto di “non sapere nulla”. Monteleone conferma che la Rai, il 7 agosto, gli comunica il contrario. La matricola c’è, dice Monteleone, “così ci era stato comunicato”. Le due versioni non coincidono. Sara Giudice aveva già ricevuto dall’amministrazione Rai i documenti per finalizzare il contratto, ed è stata presentata da Monteleone, nelle sue interviste, come l’inviata  del programma. Monteleone è il volto televisivo che sul garantismo ha costruito la sua bella carriera, tanto che la Rai lo ha voluto strappare a Mediaset. E’ un ex inviato delle Iene che si è occupato del processo di Rosa e Olindo, del caso David Rossi. (Caruso segue a pagina quattro)

 

Monteleone può ora parlare liberamente di garantismo, concetto caro alla destra, lui che è costretto ad accettare l’allontanamento di una giornalista che potrebbe perfino essere la vittima, la calunniata? La notizia della presunta aggressione, così come la richiesta di archiviazione, è apparsa su un quotidiano, il 29 agosto, a firma di un altro collega giornalista che, a sua volta, doveva essere consulente dello stesso programma di Monteleone. In pratica, i protagonisti di una storia dolorosa, tutta da chiarire, e la chiariranno i giudici, lavorano o almeno avrebbero dovuto lavorare tutti in Rai, dato che l’unica che non lavorerà, certamente, è Sara Giudice. La denunciante lavora a Rai 3, il collega che ha scritto sul quotidiano dell’archiviazione, doveva essere consulente Rai, del suo programma, lo conferma ancora Monteleone, e Sara Giudice doveva fare l’inviata. Per quale ragione il contratto di Giudice non è stato finalizzato? Monteleone dichiara che la ragione ufficiale fornita, l’ultima, “è che la denunciata lavora nella stessa azienda della denunciante”. Nei documenti Rai che sono stati inoltrati a Sara Giudice, non si menzionano tuttavia clausole di questo tipo. Le reti, inoltre, sono diverse: la denunciante lavora su Rai 3, la denunciata (avrebbe dovuto lavorare) su Rai 2. Monteleone si è confrontato con Corsini, il direttore Approfondimento Rai, vicino alla destra, che era già stato coinvolto nel caso Scurati, la mancata ospitata dello scrittore, il caso che ha fatto il giro del mondo, al punto da costringere Giorgia Meloni a intervenire in prima persona, pubblicare sui suoi social il monologo fermato. Abbiamo chiamato Corsini, ma Corsini non ha risposto alle chiamate. Come nel caso Scurati, Corsini si è ritrovato a scegliere: o mandare in video una giornalista su cui la destra ha detto tanto (che ha cavalcato il caso Giudice) o chiedere l’esclusione di Giudice, mettendo in conto la polemica, dire “no”. A Monteleone, Corsini ha detto “no”, ha detto che Giudice non può essere l’inviata ma ha detto “no” a qualsiasi altra soluzione. Una soluzione era far lavorare Giudice all’estero, dato che da inviata ha meritato il Premio Lucchetta 2020, scritto un libro con la figlia di Anna Politkovskaja. Un’altra soluzione era lasciare lavorare Giudice come autrice, al desk. Nulla. Sara Giudice non è condannata e non è un’eroina. E’ una giornalista come lo è la denunciante. Monteleone conferma che “la trattativa economica tra Rai e Giudice si è svolta e conclusa positivamente” e che “non c’erano ulteriori clausole ostative”. Corsini ha fatto la sua valutazione a tutela della presunta vittima. E’ una valutazione di un direttore, ma ci sono sentenze? Al momento c’è una richiesta di archiviazione da parte della procura e la giustizia che lavora. In Rai, ai piani alti, dopo la notizia, la richiesta di archiviazione da parte della procura sul caso Giudice, la battaglia legale che prosegue da parte della collega denunciante, si è pensato: “Se Giudice va in video, su Rai 2, ci massacra la destra, se Giudice non va in video, alla fine, chi ci massacra? Chi avrà il coraggio di riprenderla a lavorare e mandarla in video? Neppure i suoi amici”.

E’ un calcolo disonorevole, una scommessa sull’ignavia, sulla paura, una scommessa su una categoria che non chiamerà più Giudice a lavorare. La sera del compleanno di Giudice, la sera della presunta aggressione, la sera dello scambio di effusioni, in auto, tra Giudice, il marito Nello Trocchia, giornalista di Domani, e la collega denunciante, c’era mezza televisione italiana. C’erano anche colleghi Rai che festeggiavano. Sara Giudice ha parlato di baci consensuali, baci a cui avrebbe assistito il tassista in auto, tassista che è stato intercettato e che ha smentito le presunte violenze. La denunciante si è opposta. Giudice parla di calunnie. E’ una storia, dolorosa, che solo la giustizia potrà sviscerare, e per bene, ma può essere anche una storia dove si può capovolgere tutto. Al momento, si ripete, non ci sono sentenze. La destra, da anni, si riempie la bocca di garantismo, di casi giudiziari dove la verità non era quella che appariva. La destra, e sulla sua carne, ha sperimentato la barbarie dei processi sommari, lo spritz giacobino. Se è vero che la denunciata non può lavorare con la denunciante è come aver già stabilito che Giudice sia colpevole. La Rai si è sostituita ai giudici? La Rai è un’azienda  e può sempre dire che vuole allontanarsi da questa storia, ma se la Rai pensa questo, dovrebbe allora allontanare tutti i protagonisti. La Rai vuole davvero parlare di garantismo, come ha chiesto di fare a Monteleone, può ancora parlarne, con quale patente? Abbiamo continuato a chiedere ai vertici Rai, abbiamo chiesto della matricola di Sara Giudice. L’ad “non sa nulla”, il dg Rai, Giampaolo Rossi, fa sapere “che non esiste nessuna matricola”. Dunque a Monteleone perché, il 7 agosto, dai vertici Rai, viene comunicato che la matricola era stata autorizzata? I vertici Rai dicono una cosa non vera a Monteleone? Perché Monteleone e Sara Giudice parlano di matricola autorizzata, di comunicazione, ricevuta il 7 agosto?

In questa storia dove finisce la presunzione di innocenza? Dove finiscono quelle parolone, la parola che proprio in queste ore, usa la destra per difendere il suo vicepremier? Si dice “il diritto”, “il diritto”, il “diritto”, ma non è bestemmia parlare di diritto e pronunciare la sentenza di strada, far saltare un accordo senza sentenza? Il programma di Monteleone sarà il programma di prima serata di Rai 2. La Rai ha fatto un investimento fortissimo su di lui. Monteleone era a conoscenza del caso Giudice, prima ancora che i quotidiani scrivessero dell’archiviazione: “Il caso era archiviato. Cosa dovrei fare? Chiedere a tutti i miei inviati della loro vita privata? Sono anch’io vittima di questa storia, la quarta”. Far cadere la colpa su Monteleone è peggio. Ora si dice, e lo dice la Rai, che non esiste nessun contratto e che nel caso di Giudice, “si è fatta una valutazione di opportunità, così come avvenuto con il caso di Filippo Facci, che per molto meno perse il programma. Qui siamo di fronte a una vicenda scabrosa, da chiarire. E poi Giudice ha rilasciato un’intervista dove parlava di complotti. Il clima non è sereno”. Siamo partiti da “denunciata e denunciante non possono lavorare insieme”, e siamo già a ragioni di “opportunità”, per arrivare a “il clima non è sereno”, e poi  “è la stessa vicenda di Morgan, pure lui ha perso il contratto, e ancora, “con Facci c’era stata una sollevazione, per molto meno perse il programma”. E’ vero che Facci, una delle più belle e immeritate penne della destra, ha pagato, ma siamo l’Italia del taglione? Un’azienda televisiva che fa un investimento, come quello di Monteleone, protegge l’investimento. Giudice non è condannata e Monteleone le ha fatto una proposta di lavoro, la voleva come inviata di punta. E’ vero che “il clima non è sereno”, ma come può sentirsi sereno il volto che è chiamato a guidare la serata del giovedì sera di Rai 2, un conduttore garantista, dopo questa decisione della Rai? Sara Giudice non è un’eroina, ma non è neppure condannata e ancora più miserabile è sentire, come già si sente dire, “torni dove stava prima, vediamo se la riprendono”. Sono passati due anni, due anni di paranoie e «la destra che governa non ha ancora compreso che è da grandi dire: “Chi non la pensa come noi, lavori con noi” e che la complessità si risolve con avvocati, legali, con pareri, soffrendo, e non con l’imperio. E invece scope, punizioni, rappresaglie, silenzi. La Rai non c’entra nulla, dice la Rai, ed è vero. E’ solo una televisione dove si regolano i conti, la televisione della lama affilata. Non è il contratto di Giudice che salta, salta l’idea che si possa lavorare anche senza il tatuaggio della fiamma, salta l’idea che un indagato non è un condannato. E’ vero, non c’è un clima sereno. Ma da domani lo sarà ancora meno. E’ l’epoca delle forbici, del distruggidocumenti, del “non so”. Non è saltato un contratto Rai, sta saltando la voglia di fare bene un mestiere, sta saltando il vivere civile, “ricordatevi che a Facci hanno fatto peggio”. Si dirà per quieto vivere, “lascia perdere, salta”, si dirà che è meglio stare zitti, “e qual è il problema? Salta”, si dirà “è sempre stato così, salta”. Salta. Poi che resta?

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio