sanremo 2025

Sanremo tra nostalgia e polemiche: il Festival che (forse) si torna a odiare

Stefano Pistolini

Da Bennato ai Duran Duran, passando per Tony Effe e Iva Zanicchi. Tra rimandi a De Gregori, pubblicità nascosta sui gioielli e icone vintage-trash, il Festival continua a stupire (e a dividere)

L’ennesimo ragazzino, simpatico e bionico, che sa tutto della storia di Sanremo, incarna un messaggio che promettiamo di decrittare prima della fine del Festival (Lasciate che i bambini vengano a me?) e costituisce una delle poche cose a cui aggrapparci dopo tre serate di Festival, quando affiora prepotente la noia e sconfigge la ricerca di complotti anti-bolscevichi nella progettazione di Sanremo 2025. Però l’apertura di ieri è stata magnifica, con Edoardo Bennato, il suo giubbottino d’argento e sono solo canzonette. Edoardo fece capolini un pomeriggio a Torino, doveva essere niente meno che il 1971: nessuno lo conosceva e apriva il concerto di una band inglese di scombinati, chiamata Incredible String Band. Quella volta, come ieri sera, era da solo sul palco, con la chitarra acustica e il tamburello suonato col tallone. Beh, possiamo giurare che era identico, mezzo secolo dopo, abbondante. Stessa faccia da schiaffi, stessa voce di gola, un concentrato di anarchia napoletana. Dio ce lo preservi. Proseguiamo: Brunori, non ci avevamo mai riflettuto, fa rima con De Gregori, ma la canzone che ha portato a Sanremo ci ha costretto a pensarlo.

 

Ora: noi siamo contro i cacciatori di plagio, pensiamo che le note sono sette e intrecciandosi spesso ripassano dalle stesse parti. Per cui, somigliare non è peccare. Certo però che pensare di vedere su quel palco il Francesco originale sarebbe un effetto speciale che chiuderebbe perfino un cerchio. Perciò, chissà, e per adesso teniamoci Brunori e la sua bella chitarra. Vi risparmiamo il paragrafo su come invecchi male la carnagione britannica, in particolare quella delle popstar, perché il quarto d’ora di vintage trash dei Duran Duran è stato divertente, e se quando erano belli e famosi non li sopportavate, adesso si vedono con malcelato piacere, mentre guadagnano la pagnotta al seguito dell’ugola d’amianto di Simon e con la partecipazione di una veterana di 24 anni come Victoria De Angelis. Poi un appunto sui Modà, perché va almeno detto che i cinque milanesi, in circolazione da un quarto di secolo, una volta che hanno acceso i motori, esplodono sempre con quel loro rock melodico e nazionalpopolare pilotato dalla canna di Kekko, che merita grande rispetto.

 

Ma arriviamo a Tony Effe. Dice che adesso è incacchiato, medita il ritiro, si sente discriminato. Per cosa? Gli hanno proibito di scendere la scalinata dell’Ariston indossando la collana di Tiffany, che poi è il suo sponsor-gioielli - da Audrey Hepburn a Tony Effe (dicono gioiello troppo riconoscibile, pubblicità nascosta etc. Come se gli altri, i non-trapper…). Beh, sarebbe una disdetta, perché “Damme Na Mano” funziona, eccome, e ieri sera in Balenciaga di pelle nera, coi bei tatuaggi a vista, Tony stava una crema. Quanto alla canzone, il fatto che contenga Califano non solo nell’intenzione ma anche nel testo testimonia la consapevolezza del riccetto. E allora è tutto da vedere che ne sarà del suo futuro musicale, di qua in poi, perché ormai Tony è nella parte e il suo personaggio non è cancellabile, e se ci provi, lui prenota il Palasport e fa sold out. A tarda notte premiano alla carriera Iva Zanicchi, in un momento tv che, nell’era di Bianca Censori, ci convince che, per fortuna, la globalizzazione è un procedimento fallito. Infine tra le Nuove Proposte vince il caramelloso Settembre, infinitamente meno interessante di Alex Wyse: altra conferma che, con un po’ di impegno, il Festival si potrebbe tranquillamente ricominciare a odiarlo. Come si faceva una volta. Quando lo vedevamo sentendoci delle spie, in missione segreta nel nome degli Invincibili Guardiani della Libertà. 

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