(LaPresse)

“M'illumino di meno”, la pubblicità progresso che vuole spegnere l'esistenza

Michele Silenzi

Uno spot per le tenebre, in apparenza mite e amorevole, ma con una paranoica volontà di cancellazione dell'esistenza che ci sforziamo che sia energia, azione e luce. Veicola un'intera volontà di tramonto, scomparsa e scivolamento nella notte per non dar fastidio al mondo

Durante una delle serate sanremesi ho notato una iridescente pubblicità progresso dal raggelante e decrescente titolo: “M’illumino di meno”. Sorvolando sugli autori che devono aver avvertito brividi di cultura da scuola media inferiore trovando l’assonanza con la poesia ungarettiana su cui tanta ironia si fa, soprattutto quando si è gli asini della classe, potendola imparare a memoria a prima vista, sorvolando su questo dovremmo invece indugiare per un istante sull’invito decadente, ma ovviamente sempre comunitario, zuccheroso e sorridente, fatto da tale pubblicità progresso (la pubblicità progresso è qualcosa di cui pensavamo di esserci liberati, meglio la cancel culture!). 


M’illumino di meno, leggo con grande ritardo, non è un’iniziativa legata a Sanremo (se non che avrebbe fatto da perfetto pendant con le iniziative di buon cuore che di solito caratterizzano il Festival). Bensì si tratta di un’iniziativa che sta in piedi da circa vent’anni e che promuove la giornata nazionale del risparmio energetico. La questione non è tanto l’iniziativa in sé, simile a tante altre. La questione sta tutta nel titolo. Si fa fatica a immaginare una pubblicità progresso, una cara buona vecchia iniziativa di pessimo gusto, ovviamente ridente e virata green, che possa mediare un messaggio fatto di mille strati di infelicità.


M’illumino di meno sprigiona voglia di spegnere la luce, di scendere nelle tenebre, di oscurare il mondo. Di vederci meno chiaro, di produrre di meno, di spegnere gli elettrodomestici nelle case, i frigoriferi, i forni a microonde, le televisioni (ma poi dove vedremmo la pubblicità che ci suggerisce di farlo?); ma soprattutto di spegnere le luci nelle nostre città (i lampioni, le insegne pubblicitarie, le luminarie delle feste), gli altiforni delle nostre acciaierie (forse quelli sono tutti già spenti), le imprese più belle e quindi a più alto tasso di consumo elettrico. Di spegnere le centrali elettriche stesse, figuriamoci di avviarne alcune a fissione (o fusione) nucleare per avere anche più luce e a più buon prezzo. E’ una pubblicità che con una sola espressione, questa sì degna della capacità di sintesi dei grandi ermetici, veicola un’intera volontà di tramonto, di scomparsa, di scivolamento nella notte per non dare fastidio alla natura, al mondo, al cosmo. 


Quando Goethe si trovava sul suo letto di morte sembra che le ultime parole che abbia detto siano state, semplicemente, “più luce!”. Ecco, evitando voli pindarici o il paragone con uno dei massimi fabbricanti di parole e miti dell’epoca a cavallo tra illuminismo e romanticismo, si può dire che in questa banalissima e semplicissima pubblicità in cui si vedono bonari italiani di ogni età, ceto sociale e professione contribuire a spegnere la luce vi sia la ridente negazione di quello spirito che anima il progresso. Uno spirito che non è altro che la volontà di superare “il buio”, ciò che non si sa, per gettarvi luce. Ma tutto ciò, ossia qualsiasi progresso, non può esservi se non “sprecando”, se non disperdendo energia nel tentativo di migliorare la propria condizione. E come la maggior parte dei tentativi di progresso e scoperta finiscono in fallimenti e sono vani prima di avere successo, così la vita degli individui è fatta di gesti e frequentazioni con le cose a cui si potrebbe rinunciare, a patto di rinunciare a ciò che per ciascuno dà sapore alla vita stessa. Se lo facessimo, se spegnessimo ciò che fa pulsare la vita (e sono quasi sempre cose “futili e vane”), piomberemmo allora sì in una stupefatta pace notturna fatta di silenzio, di ascolto del nulla, di notte. Praticamente, al fondo di questa pubblicità progresso, in apparenza così mite e amorevole, vi è una paranoica volontà di cancellazione dell’esistenza che vogliamo invece che sia, che ci sforziamo che sia, energia, azione o, in sintesi, più luce. 

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